Introduzione
Ci sono dei posti e dei luoghi in cui uno desidera andare per qualcosa di ancestrale o per un motivo quasi preistorico e io ho sempre sognato di andare in Tibet, alle sorgenti del Gange, a toccare con mano la catena dell’Himalaya. Mi sono chiesto sempre il perché di questo desiderio. Questa voluttà inarrestabile ma per ora non realizzata probabilmente risale al mondo infantile quando leggevo le imprese di Alessandro Magno e la sua entrata in India. Poi ci sono stati gli studi, la meditazione, il percorso spirituale e ci sono dei momenti in cui sento il richiamo della foresta e delle vette, la musica del vento e l’orchestra della steppa e della tundra e di notte ho dei grandi sogni. E’ qualcosa di straordinario solo guardare le vette altissime del pianeta Terra, osservare i monasteri buddisti a 5 mila metri di altezza, assistere al fascino del contatto tra terra e cielo e sapere che stai sul tetto del mondo, assaporare la bellezza di un cielo terso, lo scintillio delle stelle, e ascoltare nel silenzio la tua anima attraverso i colori dell’alba e del tramonto e del sibilo del vento e di tutto ciò che non puoi descrivere. Alessandro Magno perse qui la sua prima grande battaglia, quando di fronte ai generali macedoni che lo volevano riportare indietro, mentre lui voleva raggiungere le vette e passare al di là,verso un mondo ignoto e sconosciuto, acconsenti e disse di sì (costretto dagli eventi). In quel momento il cuore fu sconfitto e inizio l’agonia del grande condottiero che fu inghiottito dall’effimero, dall’illusione, dai fantasmi edonistici. Bastava poco e a pochi km………………… Alessandro Magno avrebbe trovato “Dio dallo sguardo misericordioso” l’incarnazione vivente del Bodhisattva protettore del Tibet.
La grande consapevolezza dei poteri della mente tipica del buddismo tibetano lo rende estremamente prezioso addirittura sul piano scientifico. Io mi trovo in una situazione particolare in cui il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce (come dice Pascal). In questa atmosfera di sofferenza esistenziale ho visitato la mostra “ la rivelazione del Tibet “ di Ippolito Desideri, a Pistoia.
Pistoia capitale italiana della cultura (2017) ha celebrato con un convegno internazionale di studi multidisciplinari (13-14 ottobre all’Auditorium T. Terzani) e con una mostra sulle imprese scientifiche italiane in Tibet in palazzo Sozzifanti, uno tra i suoi figli più illustri: Ippolito Desideri. Due straordinari eventi sul missionario gesuita il cui valore umano, scientifico e religioso sono rimasti a lungo offuscati a causa di due secoli di ritardi nella diffusione e divulgazione delle sue imprese e dei suoi scritti. Desideri nacque a Pistoia nel 1684. Formatosi alla “scuola gesuita” tra il 1716 e il 1721 fu missionario a Lhasa. Supportato da doti non comuni nell’apprenderne la lingua, è stato uno straordinario esploratore geografico, filosofico-culturale e religioso del Tibet e del Buddhismo, che comprese a fondo in soli quattro anni di permanenza in quella terra ancora misteriosa. Il convegno di Pistoia ha mostrato come il modo accademico è capace di riappropriarsi dell’opera del missionario gesuita, ancora oggi oggetto di tanti studi, padre Desideri è ancora poco conosciuto tra suoi concittadini. Eppure ci troviamo di fronte ad un pioniere del dialogo interreligioso, come ha evidenziato l’attuale XIV Dalai Lama. E il suo approccio con il Tibet e il buddhismo furono talmente rivoluzionari da far affermare all’etnologo e orientalista Fosco Maraini (padre della scrittrice Dacia) che se la sua opera fosse stata conosciuta prima: «oggi parleremmo dell’autore come d’un Marco Polo, d’un Cristoforo Colombo dello spirito». Grazie a te Pistoia per avermi fatto sognare l’avventura e per avermi fatto ancora una volta ricordare i versi di Dante Alighieri: