Introduzione
La Resistenza italiana affonda le sue radici nell’antifascismo, sviluppatosi progressivamente nel periodo che va dalla metà degli anni venti, quando già esistevano deboli forme di opposizione al regime fascista. Mi piace ricordare la frase di Arrigo Boldrini nome di battaglia “Bulow” (Ravenna, 6 settembre 1915 – Ravenna, 22 gennaio 2008), « Abbiamo combattuto assieme per riconquistare la libertà per tutti: per chi c’era, per chi non c’era e anche per chi era contro… » “Il movimento di Resistenza è animato da forze eterogenee, diverse tra loro per orientamento politico e impostazione ideologica, unite tuttavia dal comune obiettivo di lotta contro il nazifascismo, per la liberazione del paese dal nemico straniero e da quello interno. Partecipano alla lotta militari e civili, persone di ogni età, censo, sesso, religione, provenienza geografica e politica, uniti da uno unico ideale: la spinta verso la libertà. La Resistenza è guidata da personalità di spicco dell’antifascismo, che hanno avversato e combattuto il regime durante tutto il ventennio, spesso pagando con il carcere, il confino, l’esilio (Fonte: http://www.anpi.it/storia/120/la-resistenza-italiana). Dall’armistizio dell’8 settembre 1943 fino alla liberazione, il 25 aprile 1945 c’è un periodo di venti mesi che cambiò l’Italia radicalmente. Questo è il periodo della “resistenza”, un contributo storico per la nascita della Repubblica Italiana che non si può dimenticare. Mi fermo solo a questa visione della lotta partigiana….non accetto l’ingiustizia commessa anche da un eroe e sono contrario all’odio ideologico. Riporto il testo più diffuso della canzone “ bella ciao” (alcune varianti sono riportate tra parentesi), una canzone bellissima, nata nella resistenza a livello regionale e che poi si è affermata nel mondo, per ricordare il significato profondo della lotta per la libertà.

Figline insegna tante cose. Insegna anche la libertà interiore, perché nessuno è libero se non è padrone di se stesso, se non è capace di impedire che le cose prendono il soprravento nella sua vita, se non controlla gli impulsi aggressivi verso l’altro, i raptus distruttivi, l’odio cieco della vendetta, il piacere sadico della tortura, se ha paura del giudizio altrui o se vive nella paura di una società che coltiva l’immagine, il narcisismo, il potere delle idee, il denaro e l’edonismo senza moderazione, se è dipendente da una idea. Considerando che la libertà non può essere insegnata, Figline ti offre una pssibilità che è quella di intuirla, di portala nel tuo cuore come seme creativo e di essere un modello d vita rispettoso di te stesso e dell’altro Il responsabile dell’eccidio di Figline ( 29 morti impoiccati) fu il comandante tedesco di una unità della Wehrmacht in ritirata, con precisione la 334ma Divisione di Fanteria dell’esercito tedesco comandata dal Maggiore di complemento Karl Laqua. Dispiace solo dirlo ma il procedimento contro i crimini nazifascisti in Italia anche quello di Figline fu gettato nel tristemente noto armadio della vergogna, dal quale riemerse solo nel 1994. A quel punto, nonostante tempestive ed efficaci ricerche, le informazioni recuperate risultarono inutili e il processo contro Karl Laqua fu definitivamente archiviato il 25 gennaio 2005. Nel settembre del 2005, il Procuratore Marco De Paolis venne di persona a Figline per parlare dei risultati dell’ulteriore inchiesta da lui condotta e della susseguente archiviazione del fascicolo, avvenuta nel gennaio dello stesso anno, per presunta morte dell’imputato accusato del reato di violenza con omicidio e strage. Voglio ricordare un particolare prima di chiudere questo momento riflessivo sulla lbertà. Una volta emessa la condanna a morte i prigionieri furono condotti sotto l’arco a coppie per l’impiccagione. Ogni volta che arrivavano alla forca dovevano prima togliere dal capestro i propri compagni per poi a loro volta seguirli nella morte. Ad uno dei partigiani si rompe la corda, in spregio alla consuetudine che farebbe salvo il condannato i tedeschi lo obbligano a riannodarsi la corda e a risalire sullo sgabello. Ma vediamo cosa è realmente successo nel racconto di Santino Grassi,partigiano scampato all’eccidio perchè era riuscito a togliersi la corda dal collo e scappare oltre la Bardena appena le cannonate degli alleati avevano disorientato i tedeschi: “È il turno di un giovane di diciotto anni Mario Tronci di Prato; è rassegnato e silenzioso, sale sul tavolo dal tavolo sulla sedia. Il tedesco gli mette il cappio al collo un altro tedesco tira via la sedia, ma la corda si spezza e il ragazzo cade per terra, vivo! Si rialza ancora incerto, poi ha uno scoppio di gioia: “Fortuna!” grida. Anche i tedeschi sono interdetti. Il comandante ha un attimo di esitazione poi getta la sigaretta: ha un gesto breve. Il Tronci capisce e con supremo disprezzo sale sul tavolo. Si accerta che la sedia non traballi, stringe in mano la fune rotta, rifà da sé il laccio mentre tutti tedeschi e condannati lo guardano sbalorditi. Vi infila la testa e gridando: “Viva l’Italia libera!” dà un calcio alla sedia. Altriallora lo imitano e muoiono gridando: “Viva l’Italia libera”.
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