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Divulgazione scientifica, Senza categoria

Ipertensione nei bambini: prevenzione

Introduzione

L’ipertensione arteriosa (IA) rappresenta uno dei più rilevanti problemi di sanità  pubblica dei Paesi industrializzati e il più importante fattore di rischio per le malattie cardiovascolari (infarto, ictus, scompenso cardiaco), che a loro volta costituiscono la principale causa di mortalità  e morbidità  in età  adulta. Secondo i dati più recenti, l’ipertensione arteriosa colpisce il 30-40% della popolazione adulta e questa percentuale tende a crescere con l’aumentare dell’ età   .L’IA è asintomatica, soprattutto nelle fasi iniziali, e si manifesta quando ha ormai determinato danni all’organismo. Pertanto è fondamentale la prevenzione: per un adulto sano e senza fattori di rischio associati, un controllo annuale è sufficiente. L’IA può essere presente già  in età  pediatrica. Secondo i dati più recenti, la sua prevalenza si aggira intorno al 2-3%. Nel bambino la pressione arteriosa varia con l’età , aumenta progressivamente nei primi mesi di vita, rimane pressoché stabile fino a 6 anni, per aumentare di nuovo durante l’adolescenza. (Fonte: https://www.fondazioneserono.org- Giuseppe Saggese – Direttore Clinica Pediatrica Università di Pisa Responsabile Centro di Riferimento di Endocrinologia Pediatrica )

Definizione dell’ipertensione in età pediatrica

L’ipertensione arteriosa nel bambino è definita come media della pressione sistolica o diastolica superiore o uguale al 95° percentile per l’età, il sesso e l’altezza in almeno tre differenti controlli ( Fonti: “The fourth report on diagnosis, evaluation and treatment of high blood pressure in children and adolescent”; “The seventh report of the Joint National Committee on prevention, detection, evaluation and treatment of high blood pressure JNC7”;  Raccomandazioni congiunte della Società Italiana di Pediatria e della Società Italiana della Ipertensione Arteriosa “Ipertensione arteriosa in età pediatrica: prevenzione, diagnosi e trattamento” a cura del Gruppo di Studio Ipertensione Arteriosa della SIP ).  In età pediatrica la diagnosi di ipertensione arteriosa si completa sulla base di ripetute rilevazioni che risultino superiori ai valori di riferimento che si differenziano per età, sesso, altezza del bambino. Per porre una diagnosi di ipertensione primitiva è sempre necessario escludere la presenza di forme secondarie.
Le forme di ipertensione primitiva rappresentano un problema crescente in età pediatrica. I soggetti maggiormente a rischio sono:

  • quelli in sovrappeso o marcatamente obesi,
  • quelli nati con un basso peso
  • quelli con familiarità positiva per ipertensione arteriosa.

In età evolutiva non ci sono, come accade per l’adulto, valori di riferimento universali per la pressione arteriosa: esistono viceversa tabelle dei percentili della pressione sanguigna in base al centile dell’altezza, all’età e al sesso come avviene per le curve di crescita che comunemente utilizza il vostro Pediatra. I percentili sono valori percentuali che servono a tracciare l’andamento di alcuni parametri dei nostri bambini nel tempo e a collocarli nel valore percentuale di tutti i bambini che hanno le stesse misure.
Essendo l’intervallo di normalità della pressione in funzione non solo dell’età ma anche della posizione sulla curva di crescita, può succedere che valori identici di pressione in bambini della stessa età possano risultare normali od eccessivi a seconda dell’altezza del bambino. Ad esempio

  •  un bambino di 7 anni, altezza sul 75° centile, valori pressori di 105/70: normali
  • una bambina di 7 anni, altezza al 50° centile, valori pressori di 115/70: preipertensione
  • una bambina di 8 anni, altezza al 25° centile, valori pressori di 115/70: ipertensione

(Fonte: https://www.educazionenutrizionale.granapadano.it/it autori: Dott.ssa Cinzia Baldo, dietista, SS Dietetica e Nutrizione Clinica Istituti Clinici di Perfezionamento, Ospedale dei Bambini V. Buzzi, Milano Dott.ssa Maria Letizia Petroni, medico nutrizionista clinico  Dott.ssa Laura Iorio, medico specialista in Scienza dell’Alimentazione. Si rimanda in internet per la lettura dell’articolo completo).

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settembre 10, 2018autore Angelo Vigliotti
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Omeopatia pediatrica

Sali di Schüssler, FMC e TAO: psicopatologia della vita quotidiana

Introduzione

E’ possibile usare i Sali di  Schüssler (Primo rimedio)  per problemi di patologia psicologica nei bambini più FMC cioè la medicina funzionale di catena causale. I Sali di Schussler non influiscono solo sulla biochimica della persona fisica  (attraverso un rinforzo delle difese immunitarie, un equilibrio  acido – basico e un aiuto per superare lo stress)  ma anche sul temperamento e sull’equilibrio psicologico incrementando la resilienza,  la capacità  cioè di far fronte in maniera positiva ed energetica a traumi, a ferite che ha  subito l’IO, a conflitti relazionali, ad abusi, a violenze  in maniera  da  riorganizzare la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza alienare la propria identità. Sono ragazzi resilienti quelli che, immers in conflitti familiari, in disturbi relazionali, ma anche intrapsichici com il complesso di inferiorità, la disistima, la sfiducia in se stessi,  riescono, nonostante tutte le avversità e talvolta contro ogni previsione, a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e molto spesso a raggiungere obiettivi difficili. La terapia con FMC PNEI (secondo rimedio), cerca di arrivare alla causa del problema in un confronto continuo mente corpo. Ovviamente la terapia è integrata con il percorso psicologico che il bambino fa  con la supervisione di uno psicoterapeuta. Darò una piccola idea sulle 12 tipologie  psicosomatiche e psicopatologiche quando si ha  carenza per quello specifico sale, che va in qualche modo  equilibrato. Per ogni sale riporto tra parentesi la sintesi positiva per l’unità psico- neuro – endocrino immunologica e metabolica.

sale-1

Low dose: FMC e TAO

Ai Sali di Schussler va integrata una terapia complememntare  (Secondo rimedio) con la medicina funzionale in modo da prendere in considerazione tutto l’organsimo intero e non solo il singolo sintomo e, se possibile, andare a risolvere la causa del problema. Pensiamo per esempio a una cefalea….. curiamo la cefalea mentre l’origine può essere dovuto a un focolaio a dsitanza di tipo addominale, o di tipo tossico, o di tipo dentistico, o a una stressor di lavoro, di squilibro relazionale all’interno  della famiglia o di altre tipologie conflittuali (separazioni, traumi, violenze, abbandono). Quindi ci può essere una informazione tossica che  arriva al DNA attraverso un legame con l’RNA e l’informazione persiste anche se la sostanza tossica è stata eliminata. Ecco perchè è importante, necessario, direi coerente arrivare alla catena causale del sintomo  cercando di capire il percorso evolutivo della storia  patologica del paziente. Da qui si deduce che anche I Sali di Schussler in medicina integrata con la terapia delle catene causali non possono prescindere da una visita medica e almeno da una ipotesi patogenetica del problema  e capire quale è l’organo responsabile  della patologia. I rimedi   FMC sono formati da soluzioni idroalcooliche (SI) e e da macerato glicerico. I rimedi idroalcolici  agiscono sugli organi bersaglio e il macerato glicerico agisce sul cuore di catena. Il cuore di catena è l’organo originario, la causa primaria, da cui parte la malattia. Un altro aiuto può venirci dall’omeopatia di risonanza  Il  Dr. H. Schimmel negli anni 1992/1993 teorizzò che alcuni rimedi omeopatici hanno la capacità, a ben determinate diluizioni ed in specifiche associazioni, di far entrare in vibrazione strutture cellulari specifiche o microrganismi in modo tale che i tessuti malati attuino un meccanismo di detossificazione ed i tessuti sani emettano un’elevata quantità di fotoni (omeopatia di risonanza).  Il macerato glicerico agisce sul cuore di catena e le soluzioni idroalcoliche agiscono sull’organo bersaglio. Considerando poi la  biochimica dei Sali  conviene dare ( in alcuni casi), un  terzo rimedio (TAO) per il riequilibrio psichico ed organico coinvolgendo i sintomi dominanti in rapporto alla costituzione del soggetto e alla sua carenza di energia.

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settembre 7, 2018autore Angelo Vigliotti
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Il Cammino di luce

6 settembre – Prato – Festa della Liberazione 2018

Premessa

Memoria minuitur nisi eam exerceas (Cicerone: Cato Major, de senectute). La memoria diminuisce se non si esercita. Una festa, una data, serve a questo. Consideriamo che la maggioranza dei pratesi non sa nemmeno che cosa è successo il 6 settembre di 74 anni fa. La memoria è tenuta in piedi e rafforzata da un gruppo di Associazioni (tra cui fondamentale è la Fondazione Museo e Centro di Documentazione della Deportazione e Resistenza e delle sezioni Aned e Anpi di Prato). Raccomando vivamente di partecipare alla marcia della pace a Figline alle ore 21, con partenza in via 7 marzo e arrivo a piazza dei Partigiani. È un gesto  non solo simbolico ma anche affettivo e  la partecipazione rappresenta una riflessione importante, una crescita interiore

.

Sono passati 74 anni.

Riporto una parte del testo di approfondimento storico di Camilla Brunelli, Direttrice della Fondazione Museo della Deportazione e una parte Dizionario della resistenza. Luoghi, formazioni, protagonisti – Vol II, pp.123-125, Torino, Einaudi Testo di Andrea Mazzoni e infine la cronostoria degli eventi storici che hanno coinvolto Prato. Sono tre riflessioni

Da Camilla Brunelli (prima riflessione)

“Un’unità della Wehrmacht in ritirata, con precisione la 334ma Divisione di Fanteria dell’esercito tedesco comandata dal Maggiore di complemento Karl Laqua, che aveva combattuto in Lazio, in Abruzzo, in Umbria e in Toscana, ritirandosi lungo la Val di Chiana e il Pratomagno a fine agosto del 1944, fu trasferita nell’area di Prato e da qui riprese la marcia all’indietro verso l’Emilia.
Nell’ambito della cosiddetta “lotta alle bande”, forte anche delle direttive vincolanti emanate per tutte le forze tedesche di stanza in Italia dal feldmaresciallo Kesselring che comprendevano la cosiddetta “clausola dell’impunità”, in base alla quale fu fornita esplicitamente piena copertura giuridica a qualsiasi eccesso compiuto da ufficiali subalterni durante le azioni contro i partigiani, il comandante di questa “normalissima” unità dell’esercito germanico (non delle famigerate divisioni SS!) ordinò, forse dopo un processo sommario fatto al comando tedesco che si trovava a Villa Nocchi a Figline di Prato, l’impiccagione di 30 partigiani catturati dopo un conflitto a fuoco avvenuto nella zona di Pacciana.
I partigiani facevano parte della Brigata Bogardo Buricchi costituita da ca. 250 uomini, tra cui moltissimi giovani, che si trovavano in montagna ai Faggi di Javello e che erano scesi a valle nella notte tra il 5 ed il 6 settembre per partecipare alla liberazione di Prato. Firenze era già libera da quasi un mese, gli alleati erano alle porte, la guerra in questa area volgeva finalmente al termine… Non del tutto chiare a tutt’oggi sono le circostanze che portarono la formazione partigiana alla decisione di scendere in città con l’esito molto probabile di scontrarsi con i tedeschi ancora presenti in zona, numericamente superiori e molto bene armati.
Si parlò di una guida che non si era presentata, di un agguato in piena regola e del fatto che i soldati tedeschi conoscessero i movimenti dei partigiani…. Ecco ciò che risulta da un rapporto dei militari tedeschi trovato nell’Archivio Militare di Friburgo:
6.9.44
Nelle prime ore del mattino è stata scoperta una banda bene armata, forte di 150 uomini presso Figline di Prato. Nel corso dello scontro a fuoco sono stati abbattuti 40 banditi e catturati 35 prigionieri (tra i quali 7 russi) oltre ad 1 mitragliatrice pesante, 1 leggera, 1 mortaio e numerose armi leggere. Non possiamo prendere per buone queste indicazioni poiché spesso i numeri del “bottino” venivano esagerati. Sul numero esatto e sui nomi degli uccisi, e anche sulle modalità  delle uccisioni (alcuni perirono durante lo scontro a fuoco, altri furono fucilati a Figline, altri ancora, la maggioranza, impiccati sotto l’arco in Via Maggio tra cui anche chi era ferito o già morto, uno o forse due riuscirono a fuggire), le ricostruzioni da parte italiana presentano leggere divergenze. Resta il fatto, incontrovertibile, che decine di giovani vite dedicate alla Resistenza contro il terrore nazifascista furono spezzate il giorno stesso della Liberazione della città.
Vediamo quindi come l’eccidio dei 29 giovani impiccati e le singole uccisioni di civili di quei primi giorni di settembre avvennero in gran parte nell’ambito di operazioni militari antipartigiane e furono precedute da scontri armati, con perdite anche da parte tedesca che non vengono però menzionate nei rapporti.
Si trattò, per l’eccidio di Figline, di un evento esemplare nell’ambito della “lotta alle bande” volto alla deterrenza anche se ormai tardiva ma soprattutto espressione di una conduzione bellica spietata e sintomo di rabbia per la guerra ormai perduta, che caratterizzò, da parte dei nazifascisti, anche altrove ma soprattutto in Toscana il passaggio del fronte, con un numero altissimo di vittime anche civili, di uomini, donne, bambini, anziani, orrendamente trucidati.
Per Prato, Figline resta luogo caro alla memoria: ai ragazzi italiani, toscani ma anche russi (prigionieri dei tedeschi poi unitisi ai partigiani) che a Figline dettero la vita per la libertà, la Città dedica ogni anno da allora una fiaccolata nel giorno che tragicamente ha visto l’eccidio ma anche la tanto agognata liberazione: il 6 settembre del 1944.

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settembre 6, 2018autore Angelo Vigliotti
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Modus Operandi

Il Dott. Vigliotti non dà terapie a distanza. Risponde solo per consigli e ogni suggerimento deve essere filtrato e supervisionato dal medico curante o dal pediatra di famiglia e non accettato passivamente.

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