Analisi dei segni n° 15
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Adolescenti ribelli: bulli e/o vittime
Autori degli artiicoli:
Angelo Vigliotti: Il problema della mente in grafologia medica
Marisa Aloia: Dire, Fare, Prevenire
Eva Bogani: le forme del cyber bullismo
Dalla cronaca
Premessa
Il bullo è colui che compie in modo volontario e consapevole e in maniera frequente violenza verso chi sente più debole. Ovviamente il bullo non è l’unico attore del fenomeno “ bullismo” ma solo uno dei personaggi, l’altro attore è la vittima e poi ci sono gli spettatori, e il contesto sociale e infine la storia individuale di ognuno dei personaggi. Il bullismo non è un semplice fatto aggressivo ma un processo dinamico in cui esiste l’intenzionalità da parte del “ bullo” di dominare l’altro più debole arrecandogli disagio e danno, sistematicamente ( le prepotenze sono presenti con continuità e frequenza) e in modo asimmetrico ( il forte contro il debole). Questo tipologia di comportamento spesso ha alle radici una difficile funzione del sé in cui la mente del bullo è problematica e questo non sempre è dovuto esclusivamente a fattori sociali o genetici ma anche a fattori di ritardo e di asimmetria psico neuro endocrinologico. .Il bullismo diretto aggressione fisica, e verbale è soprattutto maschile, quello indiretto ( ignorare, escludere, spettegolare) è più femminile .
a)- il gioco delle parti
In genere tre sono i protagonisti principali del fenomeno: chi commette il sopruso, chi lo subisce, chi assiste. In ognuno di questi attori ci sono prevalentemente due sfaccettature che emergono in modo evidente e costante due quadri impressionistici che focalizzano il processo violento in modo lineare:
- Il bullo primario è il personaggio dominante, aggressivo, deciso a sottomettere l’altro al proprio potere,, ha stima di sé ed è sicuro del fatto suo ma ha difficoltà sul versante relazionale;il bullo secondarioè un gregario, aiuta spesso il bullo primario sia nell’esecuzione degli ordini che nell’appoggio della prepotenza. E’ insicuro, ansioso, ha scarsa stima di sé e ha sensi di colpa.
- La vittima può essere “attiva”: provoca, sfida, prepara l’azione di disturbo nonostante che sia in svantaggio sul piano fisico e in genere è un iperattivo, irrequieto con bassa stima di sé. La vittima “ passiva” è un sottomesso, timido, con scarsa fiducia in se stesso, incapace di difendersi con complessi di inferiorità multipli fino alla negazione del problema. Vive nella paura e sceglie in genere di non parlare.
- Spettatore è colui che assiste all’episodio e può rispondere con un comportamento “ silenzioso” ( è indifferente e con questo tipo di comportamento non fa che perpetuare il gioco) o con atteggiamento di “ sostegno” a secondo delle sue simpatie. Può sostenere il bullo incitandolo e apprezzandolo o la vittima confortandolo o alleandosi con lui.
b)- la multifattorialità
Il comportamento umano è sempre complesso come è complessa la mente che si muove in una società multietnica con una serie di stimoli e risposte a cui si è sottoposti in modo impressionante in questo periodo lungo tutto il percorso esistenziale, spesso senza un filtro educativo responsabile. Molti fattori interagiscono tra di loro e la sintesi di questi fattori attraverso una comunicazione interna tra di loro (( e non la loro sommatoria) dà una spiegazione affidabile al problema..
Le cause fenomelogiche principali vengono incluse nei seguenti fattori: predisponenti, condizionanti, traumatici e situazionali. A parte i fattori situazionali che nella maggioranza dei casi sono determinati e precisi ( come la classica goccia che fa traboccare il vaso), i fattori predisponenti, condizionanti e traumatici sono aspecifici e riguardano il senso della violenza in generale, l’aggressività comportamentale e l’impulsività non controllata. Ciò che conta è la situazione cioè il contesto dove l’evento trova la sua scenografia.. La crescita dell’uomo ha uno sviluppo a tre tempi.. Tutto evolve su un piano tridimensionale come in realtà è strutturato l’esistenza dell’individuo: nascita, vita e morte ( il percorso della vita) ; passato, presente, futuro (il fluire del tempo) ; infanzia, età adulta e vecchiaia ( le tre età); mente corpo, spirito (le tre parti del sé); intelligenza, affetti e volontà ( le parti della mente); cervello razionale, emotivo e istintivo ( i tre cervelli); l’evoluzione della personalità ( immatura, matura e saggia). Qualsiasi tipo di violenza analizzato sotto questo percorso ritrova nell’analisi una impronta motivazionale coerente. In genere noi siamo collegati a una visione binaria del sistema dei significati (ying e yang, buono, cattivo, bene e male, giusto e sbagliato, vero e falso e così via all’infinito).In realtà non è così. Noi incorporiamo appena nati un triangolo generazionale (padre, madre e figlio) che ci segue e che impregna la nostra personalità in maniera profonda per tutta la vita.
Rappresenta questo imprinting triangolare ciò che noi possiamo chiamare il complesso dei fattori predisponenti. Questo nucleo è potenziale in tutti gli essere umani dalla nascita fino all’ultimo istante di vita. E’ un nucleo in parte genetico e in parte ambientale. Si pensi alla biochimica dei nove mesi di gravidanza, in rapporto al desiderio di avere un bambino, allo stato della coppia in quel momento e alla situazione della madre e al coinvolgimento del padre. Il futuro della violenza è scritto nell’embriologia, dalla mitosi alla meiosi e, via via sempre più, nel feto e poi nella strutturazione finale degli organi e degli apparati del neonato. In quel buio luminoso che è l’utero materno c’è una preistoria, cè uno “ script” tendenzialmente letale per sé e per gli altri. E’ in quel periodo che nasce e si sviluppa il primo abbozzo dell’area trasgressiva.
Non voglio in questa sede ripercorrere la diatriba letteraria e il dilemma sociologico tra natura e cultura e i vari influssi reciproci. Non voglio dire che l’uomo è un lupo per l’altro uomo se non addirittura per se stesso, oppure è la società con la sua cultura e la sua pedagogia a preparare la violenza. Desidero solo sottolineare che dentro i circuiti cerebrali c’è un’area critica potenzialmente pericolosa e distruttiva partorita e formata a priori. In seguito sia la genetica che l’ambiente possono dare il loro contributo in positivo o in negativo.
A questo punto nasce il bambino nel senso che entrato nella vita il piccolo uomo inizia ad assaporare il piacere o il dispiacere di vivere. C’è il nido familiare, il gruppo di appartenenza, la comunità parentale, la scuola, il territorio, lo stato, i mass media, l’economia domestica. E in contemporanea c’è la mente del bambino con il corpo fisico in formazione, in contemporanea c’è il rapporto tra l’io e l’altro, tra il mondo interno e il mondo esterno, e in contemporanea c’è la visione della vita attraverso il pensiero, l’emozioni e gli istinti e poi ci sono le tappe evolutive di crescita con tre grossi cambiamenti. Il primo cambiamento verso i 6 – 7 anni in questo periodo avviene, un rimescolamento cognitivo, l’acquisizione dell’identità integrata con l’accettazione del sè e l’incontro – scontro tra l’io reale e l’io ideale; il secondo avviene nella pubertà, quando con la fiducia in se stesso, l’autonomia acquisita e l’autostima già precedentemente interiorizzate, il ragazzo si avvia verso la scoperta della sessualità e delle sue storie, verso la relazione gruppale con i coetanei e i modelli offerti quotidianamente dagli adulti globali, e verso una visione della vita personale attraverso il ragionamento ipotetico deduttivo. Il terzo cambiamento avviene a fine adolescenza in cui finalmente “ questo piccolo uomo” dovrebbe sapere ( avendo fatto delle scelte) come guadagnarsi da vivere e come proseguire dignitosamente il cammino di vita che ha intrapreso. Riassumendo anche in questo periodo infantile evolutivo fino all’adolescenza c’è una trilogia integrata in cui la scelta di vivere il futuro è collegata a uno stile di vita che riguarda il benessere corporeo e al desiderio e alla passione di costruire una personalità legata al piacere delle cose semplici e condivisibili e orientata all’amore. Nella seconda fase di sviluppo ( età scolare) i ragazzi sono parzialmente incapaci di capire che alcuni comportamenti non devono essere adottati. Il bullo non capisce che è sbagliato il modo in cui agisce e la vittima pensa di non potere gestire lo squilibrio di potere. Nell’ultima fase dell’infanzia ( il periodo adolescenziale) il fenomeno del bullismo può diminuire ma il fenomeno della violenza evolve e entra a far parte della deviazione giovanile. L’empatia, la capacità cioè di comprendere e condividere gli stati emotivi degli altri , capacità che si forma tra i 5 e gli 8 anni nel bullo non è presente. Il bullo non è capace di sintonizzarsi affettivamente con i suoi compagni.
c)- il cyberbullismo
E’ usare la violenza o la molestia attraverso mezzi elettronici ( e-mail, siti web, chat, forum, blog, telefoni cellulari) facendo circolare materiale offensivo, foto spiacevoli, messaggi volgari,insulti mirati a ferire qualcuno,danneggiamento della reputazione, passare informazioni che rompono la privacy, farsi passare per un’altra persona, rivelare qualcosa per creare imbarazzo, mettere alla gogna attraverso foto. A differenza dell “bullo” tradizionale in questo caso il “cyberbullo” tende all’anonimato ed è difficilmente reperibile, e utilizza altri spazi per la violenza ( non c’è più la scuola o il contesto scolastico ma il mezzo elettronico).Si stanno diffondendo forme di “happy slapping; schiaffo allegro” ( si schiaffeggia un coetaneo , viene ripreso e poi pubblicato in internet), forme di “ cyber bashing” ( in questo caso si picchia selvaggiamente un coetaneo, viene ripreso e poi pubblicato in internet) e forme di “ cyber – minacce” in cui si minaccia di far del male a se stessi ( suicidio) o agli altri ( omicidio). L’uso e l’abuso della rete favoriscono un bullismo hi-tech impressionante. Il teppista informatico si nasconde dietro una maschera e non ha il coraggio di guardare negli occhi e agisce attraverso l’ossessività, il tormento, la maldicenza,la volgarità,l’imbroglio e la scorrettezza.
Condizioni causali
. Le cause del bullismo, comunque, sono molteplici: personalità, età ( in Italia sempre più precoce dai sei anni in poi, il massimo dell’incidenza è tra i 12 e i 18 anni)),classe sociale (non c’è correlazione né il grado socioeconomico né con il grado di istruzione, il fenomeno è presente in tutte le classi sociali); la famiglia ( spesso è inadeguato il modello genitoriale: iperprotettivo o autoritario o molto conflittuale e dove spesso manca il calore, l’amore, il rispetto e le regole; dinamica della classe, cultura.
Fattori | causa ed effetto |
Predisponenti
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a)- Ritardo nella funzionalità e nella maturazione del lobo frontaleb)-Intolleranza alle frustrazioni ( il “no” è un ostacolo al desiderio e questo produce tensione). Il bambino apprende facilmente il meccanismo dell’inibizione e dello spostamento)c) . pulsioni di vita e di morte. La violenza non come difesa, ma esplorativa dell’ambiente ( acquisire sicurezza mediante la distruzione dell’oggetto) |
Condizionanti
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a)-Genitori iperprotettivi ( permissivo) o autoritari ( coercitivo), con scarsa cura e scarso amoreb)- contagio sociale ( i ragazzi insicuri e dipendenti sono più influenzati). Abitare in un luogo dove c’è violenza rende una persona più circospetta, più pronta a scatti reattivi imprevedibilic)-distorsione cognitiva: la vittima è considerata una persona incapace che merita di essere molestatad)- scarso senso di colpae)- incapacità di separare la violenza dall’amoref)- identificazione con modelli ( vedere la violenza continuamente proiettata sugli schermi fa pensare in una mente infantile che sia accettabile) |
Traumatici | a)- Il bambino maltrattato ( picchiato, violentato, deprivato)( il bambino abusato risponde con aggressività alle sofferenze dei pari, al contrario un bambino non abusato risponde con tristezza e interesse)b) – sindrome di abbandono: attaccamento e perdita ( risposta aggressiva) |
Situazionali
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a)- La scuola: processo di adattamento/disadattamento; protezione e rischio. Fuori della scuola chi è vittima di un gruppo può uscirne, nella scuola , no!b)- Avere una maggioranza silenziosa alimenta la convinzione che sia legittimo comportarsi in modo prepotente.c)- In presenza di un gruppo aggressore anche un ragazzo non “ aggressivo” tende a optare per ricercare una “vittima”d)- avere potere in genere porta all’abuso del potere, non averlo porta a considerarsi vittima |
Scatenanti | Tutti quegli stati che favoriscono un abbassamento della soglia di tolleranza ( caldo, rumore, una discussione particolare, traffico, sovraffollamento, visone di un film particolarmente violente, ascolto di un avvenimento, ecc.). Problemi familiari improvvisi. |
Tab. 1 – sintesi dei fattori che preparano al bullismo ( disarmonia neuro – psico – endocrina come problema della mente)
La disarmonia neuro – psico – endocrinologica: è una situazione critica che in genere inizia nell’età puberale per una sequenza di avvenimenti biologici che interagiscono in modo non appropriato con l’ambiente. E con la storia individuale. Negli ultimi tempi questa situazione critica è sempre più precoce per cui si possono avere comportamenti da bullo già nella scuola materna. La disarmonia è determinata dall’incontro neurologico di una struttura immatura ( lobo frontale e le sue vicissitudini) con alcuni particolari ormoni tra cui il testosterone la cui increzione ha dei picchi di aumenti alla fine del primo sviluppo ( quinto sesto anno) e nell’età puberale e con lo l’ambiente di vita cioè con la storia vissuta di quel particolare ragazzo o ragazza. Da questa disarmonia nasce il bisogno della violenza sentita come piacere compensatorio alla visione relativa della vita che il “bullo” concepisce. Come si vede è un problema della mente che poi si traduce in atto comportamentale.
La violenza e l’aggressività
Mentre l’aggressività è una espressione della forza vitale che è dentro di noi, e quindi è presente nel nostro DNA come area critica che può non mai essere espressa o esprimersi per motivi opportunistici in situazioni estreme, la violenza è un comportamento acquisito che fa male all’altro, che provoca una ferita, un danno, una sofferenza. L’aggressività può essere anche costruttiva, etica, come quella di fronte alle ingiustizie, di fronte alle intemperanze altrui, in genere una risposta funzionale alla sopravvivenza. Serve per difendersi e per attaccare. Serve anche per dare un contegno e per non essere vittima o un bersaglio di facile attacco. E’ sentimento che raccoglie le emozioni della rabbia, dell’ostilità, della collera, dell’ira e dell’odio. Conoscendo le emozioni che ne fanno parte si può controllarla con facilità. Quante volte sentiamo dire da un bambino : “ mamma ti odio”. In questo caso la sua rabbia esprime il timore di non essere amato o di essere messo da parte, di essere abbandonato. Il bambino deve esprime le sue emozioni in modo che possono essere riconosciute e elaborate perché se per timore li nasconde dentro di sé, costruisce una specie di maschera che può portare a un falso sé e in futuro queste emozioni possono esprimersi in forme non accettabili sia all’interno del proprio corpo sia nelle relazioni con gli altri e manifestarsi con esplosioni improvvise. La violenza è già presente nei bambini piccoli come impulso aggressivo. Nella prima infanzia a causa della fantasia che si mescola con la realtà i piccoli bambini non sono consapevoli dei loro atti. Nella scuola elementare chi è aggressivo ha una specie di carisma, i compagni ne sono attratti e si sentono soggiogati a partire da un misto di paura e ammirazione,da questi leader che osano sfidare la legge degli adulti. In genere l’aggressività fisica è prevalentemente maschile, mentre quella femminile è più verbale e psicologica. Oggi poi si è arrivati al cyberbullismo quando in rete i bulli informatici mettono la vittima alla berlina. La violenza può essere visibile e invisibile. Basta uno stimolo esterno inadeguato che può far scattare una risposta imprevedibile. Nei bambini la collera, la paura , il dolore difficilmente sono controllati in giusta misura dai circuiti cerebrali. Dai 10 ai 25 anni è tutto un susseguirsi di eventi interni ed esterni che devono essere continuamente gestiti. La metamorfosi fisica e il cambiamento psichico non sono sempre lineari. L’adolescente non è né carne né pesce e in questa trasformazione c’è una debolezza , una vulnerabilità che va ad aggiungersi al suo impianto caratteriale e costituzionale. Nuovi problemi, nuovi desideri, nuovi ideali. Angoscia, narcisismo e depressione fanno scattare l’impulsività che è dietro le quinte e poi emozioni e affetti e l’incapacità di poter esprimere i propri sentimenti può dare una spinta ad andare subito all’atto. La violenza si usa anche per ottenere qualcosa che non si ha, ad esempio un bambino vuole per forza un giocattolo che lui non ha. Altri imparano in un gruppo di coetanei di quartiere dove la delinquenza è normale. In questi tipi di gruppo il ragazzo adolescente trova il suo pane quotidiano cioè una identità e riconoscimento, amicizia e appartenenza, compagnia e accettazione, eccitazione e protezione. In quartieri malavitosi chi ha tre anni è già un bambino perduto.
C’è poi la violenza ricreativa:la noia, il gusto della sfida, il piacere dell’avventura, il gioco trasgressivo, il gusto vandalico, la distruzione delle per il puro piacere. La violenza invisibile è quella nascosta dentro ognuno di questi adolescenti: alcuni, distruggendo, vogliono distruggere il bambino che è dentro di loro ancora inadeguato e immaturo, altri si appropriano dei beni altrui utilizzando i beni della società dei consumi che lo osteggiano, sfidare gli altri e in particolare le forze dell’ordine a volte per alcuni appare un atto virile, c’è il bisogno di protagonismo in rapporto alla marginalità che si vive. Ora si può capire e comprendere meglio cosa è veramente il “bullo” un ragazzo o una ragazza oppure un gruppo che usa la violenza come modalità di vita a livello fisico ( pugni e calci),relazionale ( esclusione dal gruppo), verbale (affermazioni razziste, prendere in giro, deridere, insultare, dileggiare), come appropriazione indebita ( prende o danneggia oggetti o altro che appartiene alla vittima),con forme indirette attraverso la diffusione di pettegolezzi, calunnie, anche attraverso mezzi elettronici( on line: messaggeria, blog,telefoni cellulari, e-mail).
Questa modalità di vita è un comportamento non istintivo ma intenzionale che si protrae nel tempo per mesi e o anni con obiettivi ben precisi: fare del male e dominare un coetaneo che si presenta debole e incapace di difendersi.
La personalità del bullo e della vittima
Dall’analisi dei fattori che possono portare a far scattare il meccanismo della violenza e quindi dello sviluppo di un ragazzo che può diventare bullo o vittima, emergono alcuni tratti caratteristici che possono essere presenti nel quadro della personalità considerata. Sia nei bulli che nelle vittime c’è un disturbo di disadattamento, nei bulli si evidenzia prevalentemente come problema dell condotta e nelle vittime prevalentemente come problema affettivo.
- Il bullo
In genere ( ma non sempre) è un tipo di ragazzo o adolescente un po’ insicuro, con scarsa stima di sé, probabilmente tollera male le piccole frustrazioni quotidiane, alquanto instabile ed eccitabile e può reagire con impulsività.(disposizione individuale primaria: tratti di personalità a rischio).
La condotta istintiva portata a fare del male è costante nel tempo: nella storia del ragazzo ci possono essere: violenze subite, conflittualità all’interno della famiglia, stili educativi non appropriati, consumo di alcool o altre droghe,disturbi di personalità e alcune patologie mentali. ( disposizione individuale secondaria: rinforzo dei tratti a rischio).Il bullo cerca visibilità attraverso l’esibizione di forza fisica, potere, controllo della vittima e falsa maturità. Il bullo si presenta sempre con un complesso di superiorità aggravato da un bisogno insaziabile di dominare l’altro. La loro impulsività non sempre è rivolta soltanto a un coetaneo ma anche verso l’insegnante e spesso contro i genitori. Usa la forza fisica per accrescere la popolarità e la violenza in modo da raggiungere i propri obiettivi e rinforzare così la considerazione che ha di sé. In genere il rendimento scolastico è scarso e con il tempo il “ bullo” non ama la scuola. La “ bulla” è sempre più in aumento negli ultimi anni e sebbene l’aggressività sia più verbale che fisica il suo effetto è drammatico e devastante.. L’ ape regina instaura verso la vittima designata un azione persecutoria senza confini con pettegolezzi, falsità e calunnie fino all’annientamento del sé della vittima.
- La vittima
Ci sono ragazzi o ragazze che ri- chiamano il bullo, che invitano con il loro comportamento all’aggressività. Il modo di parlare ( piagnucoloso), il modo di atteggiarsi ( timido e vergognoso), il modo di gesticolare ( impacciato) , il modo di comunicare per attirare l’attenzione (toccare, prendere qualcosa che appartiene agli altri, intromissione nei discorsi degli altri) fa sì che la vittima possa influenzare l’aggressore con un modo di fare irritante, passivo, acquiescente.
Altre volte la vittima, a sua volta traumatizzata, ha il desiderio inconscio di ripercorre in un altro luogo la scena del crimine e fa di tutto per essere complice dell’aggressore attraverso, equivoci, malintesi, messaggi di sottomissione). Si entra in un gioco pericoloso e spesso incontrollabile.
Non è possibile fare una previsione certa ma le statistiche confermano che l’atto violento è più probabile e frequente nei maschi, fino a 30 anni, in minoranze svantaggiate, in coloro che vivono in famiglie in cui il padre è scarsamente presente, in cui esistono problemi di depressione e l’educazione corretta dei figli è stata una utopia, in famiglie svantaggiate economicamente, in quartieri con degrado. La storia personale di questi ragazzi mette in evidenza maltrattamenti subiti, bocciature a scuola,possibili handicap, culto delle armi, mancanza di rispetto per la natura e per gli animali. Non si può comunque dimenticare che uno dei fattori nascosti e potenzialmente estremamente pericoloso è il cervello nella sua forma e nella sua funzionalità, punto costante, nodale e nevralgico della triade nello sviluppo di una personalità equilibrata ( che contiene in sé la parte infantile, la parte adulta e la parte matura della saggezza) che si muove tra ragione, sentimento e istinto, tra mente corpo e anima, e all’interno dello stesso cervello tra cervello superiore ( evolutivo dell’homo sapiens), medio ( affettivo ed emotivo), e inferiore ( istintuale, di sopravvivenza). In sintesi la “ vittima” è un tipo calmo e sensibile, e spesso ansioso e insicuro. Queste caratteristiche sono associate sovente a debolezza fisica e al fatto che spesso la vittima a scuola vive una condizione di abbandono, isolamento e solitudine. A livello psicologico sono ragazzi non aggressivi e in genere hanno difficoltà ad affermare se stessi nel gruppo dei coetanei
Il cervello nell’infanzia e nell’adolescenza ( viaggio nel cervello del bullo)
Il cervello umano pesa mediamente poco meno di 1.500 grammi e si stima sia costituito da circa 100 miliardi di cellule nervose primarie dette neuroni e probabilmente altrettante cellule di supporto chiamate cellule gliali Un neurone è costituito da un corpo cellulare e da numerosi prolungamenti, i più brevi dei quali ricevono le connessioni ed i segnali da altri neuroni ed il più lungo dei quali ( chiamato assone) forma a sua volta connessioni con altri neuroni. Si formano così circuiti nervosi di integrazione in cui i messaggi viaggiano sia per via elettrica che chimica. Sulle ramificazioni finali di un neurone( dendriti) possono convergere migliaia di terminazioni sinaptiche che servono per il contatto funzionale con altri neuroni. Questa integrazione avviene in senso evolutivo determinando la maturazione e la crescita dell’individuo. In età evolutiva si può avere un ritardo di maturazione in generale e in particolare in alcuni lobi del cervello e dei suoi circuiti, nello sviluppo del cervelletto, del corpo calloso,nel metabolismo delle amine, e nel sistema endocrino. Strutture che prenderò in considerazione in questa riflessione sul problema della mente nel comportamento del “bullo”.