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Divulgazione scientifica

Il bambino rigurgita

il bambino rigurgita

/www.meadjohnson.it

 

  • Fisiologicamente, 1 lattante su 2 rigurgita
  • 1 lattante su 5 rigurgita in modo eccessivo.
  • Nella maggioranza dei casi il rigurgito sparisce spontaneamente tra i 12 e i 18 mesi.

 

Perché i bambini rigurgitano?

Nella gran parte dei casi i bambini rigurgitano perché il loro apparato digestivo non ha ancora raggiunto la piena maturità.
 
L´esofago è infatti dotato di una fine muscolatura grazie alla quale gli alimenti possono arrivare fino allo stomaco.
Qui è presente un piccolo muscolo circolare chiamato “lo sfintere esofageo inferiore (S.E.I.)” che tende a contrarsi quando è necessario, impedendo così al contenuto alimentare dello stomaco di risalire “in controsenso” lungo l´esofago. In un bambino che ha dei rigurgiti, questo muscolo è immaturo: si distende in modo inadatto e talvolta lascia dunque refluire il contenuto dello stomaco verso l´esofago.
 
Entro i primi tre mesi di vita il 50% dei lattanti rigurgita almeno una volta al giorno ed al quarto mese la percentuale arriva al 70%; tuttavia all´età di un anno questo problema interessa solo il 5% dei lattanti il che vuol dire che si risolve spontaneamente nel giro di poco tempo. Da tenere presente tuttavia che i rigurgiti spesso sono tanto più accentuati quanto l´alimentazione dei lattanti è liquida o semiliquida.
.
A che età spariscono i rigurgiti?
 
Il disturbo inizia a regredire intorno all´ottavo mese per poi sparire completamente verso i 12-18 mesi, età in cui i bambini cominciano a camminare. In questo momento, lo sfintere inferiore dell´esofago giunge infatti gradatamente a maturità, la lunghezza dell´esofago aumenta e lo svuotamento gastrico avviene in modo più regolare.

ottobre 22, 2012autore Angelo Vigliotti
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Divulgazione scientifica

Prevenzione dell’obesità in età evolutiva

 

 

La prevenzione per l’obesità è fondamentale per una crescita sana ed equilibrata. L’obesità predispone a numerose malattie.

E’ un compito del pediatra, ma è un impegno primario anche per la famiglia ed è un valore anche per la società ( scuola- partiti sociali- istituzione)

 

 

10 Consigli per fare muovere il vostro bambino

 

1.    Incoraggiate il vostro bambino a rimanere seduto il meno possibile
2.    Date il buon esempio e diventate attivi insieme a lui
3.    Sistemate la cameretta del bambino e l’appartamento in un modo che lo inciti a far movimento
4.    Mostrate al vostro bambino le aree propizie per l’attività fisica davanti a casa o nelle vicinanze
5.    Limitate il tempo che il vostro bambino trascorre davanti alla TV, ai videogiochi e al computer. Scegliete inoltre dei giorni «senza media»
6.    Regalate al vostro bambino dei giochi che l’incitino a muoversi: un pallone al posto dei fumetti, uno skateboard invece del walkman, ecc.
7.    Evitate di «scarrozzarli» – camminare è indispensabile
8.    Uscite con il vostro bambino giornalmente, anche se piove
9.    Cercate di trovare uno sport di società adatto al vostro bambino
10.    Fate vacanze attive

10 Consigli  per un corretto stile di vita

 

1.    I nostri figli sono osservatori attenti: lo stimolo educativo più forte è rappresentato dal comportamento dei genitori
2.    Riacquistare l’abitudine a  pasti il più possibile regolari, possibilmente seduti a tavola assieme: prima colazione con latte, cereali e frutta, pranzo e cena con piatto unico, verdura e frutta
3.    Evitare il mangiucchiamento fuori pasto, evitare di “stivare” frigo e credenza con bevande dolci, snack dolci e salati, salse “pronte” etc.
4.    Non eccedere con le proteine animali: carne non tutti i giorni, possibilmente evitare di servire il formaggio se in tavola ci sono uova o carne..
5.    Non usare di regola il cibo come ricompensa, consolazione o passatempo
6.    Limitare l’uso di bevande dolci e di “merendine” ricche di zuccheri e grassi semplici alle “occasioni speciali” , di norma si beve acqua e si privilegiano merende “casalinghe”
7.    Limitare la tv e i videogiochi, favorendo in alternativa la vita di gruppo: amicizie, organizzazioni, attività sportiva
8.    Non temere che i ragazzi prendano freddo, abbassare il termostato del riscaldamento (18° vanno benissimo!) e incoraggiare il gioco libero all’aperto
9.    Cogliere ogni occasione per fare attività fisica: andare a piedi o in bici, fare le scale, andare a passeggiare..
10.    Controllare il peso con una certa regolarità e intervenire prima che sia troppo tardi
                                                        

 

FRUTTA E VERDURA IN TAVOLA
“Come l’acqua e i tovaglioli”

 

10 consigli pratici

 

1)    Verdura in tavola fin dall’apparecchiature, pronta da mangiare, già tagliata e lavata : finocchio, sedano, carota, cetriolo, ravanelli, cavolo cappuccio tagliato fine e condito con olio sale e aceto…in questo momento la fame si fa più sentire…e le verdure fanno più gola

 

2)    Inventare nomi di fantasie adatti ai bambini; “carote alla Bugs Bunny”, “spinaci alla braccio di ferro”

 

3)    Sempre in frigorifero un contenitore con verdura e uno con frutta lavate e “pronte all’uso”

 

4)    A molti bambini piacciono i piselli, i passati di verdura densi (magari col pane tostato a pezzetti), la panzanella…

 

5)    Usare la verdura per i primi piatti: verdura fresca o surgelata a pezzi nell’acqua di cottura della pasta, dopo aver scolato la pasta condire con olio e parmigiano, si può aggiungere la pasta d’acciughe, si può saltarla in padella con un po’ d’aglio…

 

6)    Sempre più di un contorno, ricordarsi che ai bambini piace anche il mais

 

7)    Proporre la frutta come snack di metà mattina, o a merenda, o comunque tutte le volte che viene chiesto un fuori pasto. Facilitare il consumo scegliendo frutta facile da sbucciare (clementine, banane), o che non si sbuccia affatto (fragole, ciliegie, albicocche, susine)…ricordarsi che di ogni tipo di frutta esistono molte varietà…variare la spesa!

 

8)    Fare ogni tanto la macedonia di frutta fresca, senza aggiungere zucchero

 

9)    Preparare in casa spremute e frullati, e magari anche il “gelato” usando lo yogurt alla frutta

 

10)    Ricordare che:
a)    i bambini sono osservatori attenti e il più forte stimolo educativo è dato dal comportamento dei genitori.
b)    La frutta e la verdura di stagione sono più economiche, più saporite e più ricche di sostanze nutritive
c)    Per una sana alimentazione sono indicate 4-5 porzioni di verdura al giorno

 

 

 

Guida ai consumi alimentari in età scolare

 

guida alla scelta degli alimenti
La Piramide Alimentare

 

Per guidare nella scelta giornaliera degli alimenti, può essere utile la piramide alimentare che raffigura tre elementi cardine: varietà-moderazione-proporzionalità.
E’ costituita da 6 sezioni contenti i gruppi alimentari. Ogni alimento di ciascun gruppo fornisce degli apporti nutritivi prevalenti e specifici.

 

È importante ricordare che:
·    Nessun alimento, preso singolarmente, è in grado di soddisfare tutte le esigenze nutrizionali
·    Nessun alimento è, di per sè, indispensabile e quindi può essere sostituito da altri cibi con caratteristiche analoghe.
·    è necessario variare gli alimenti ogni giorno attingendo ai diversi gruppi alimentari
·    Ciascun gruppo alimentare deve essere presente in modo proporzionale alla grandezza della sezione

 

Alla base della piramide si trovano gli alimenti che si possono utilizzare più liberamente, mentre al vertice quelli che bisogna limitare ( grassi, dolci, snack).
 
 
Limitare al minimo
indispensabile
condimenti e dolci

 

Verdura e frutta
non devono
mai mancare

 

Alternare e moderare
il consumo di secondi
piatti quali carni, pesci,
uova, salumi, formaggi.

 

Pasta e pane devono
essere assunti
ogni giorno    

 

guida all’attività fisica
La Piramide  dell’attività fisica

 

In tutte le età, ma in particolare nell’infanzia è indispensabile promuovere l’attività fisica e limitare le  attività sedentarie.
Se un bambino può scegliere tra molte attività di solito preferisce costruire qualcosa, giocare con gli amici  o andare fuori, ma…lo sappiamo tutti, la Tv è una gran baby sitter: è gratis, mantiene i bambini tranquilli e non butta all’aria la casa!
Alla lunga però troppa televisione è poco salutare.
Il bambino va stimolato a trovare le attività che può svolgere con piacere, senza costrizione.
Per impostare un corretto stile di vita è necessario non limitare l’attività alla sola frequenza di un corso sportivo, ma “distribuire nell’arco della giornata e della settimana varie attività secondo una distribuzione ed una frequenza  relativa al tipo attività;  un esempio è dato dalla Piramide del Movimento.

 

Alla base della piramide sono previste le attività che richiedono uno sforzo moderato, da praticare tutti i giorni. Senza dimenticare che l’attività “moderata” più facile e più gradita per i bambini resta il gioco all’aria aperta, ottima alternativa alla Tv. Questo tipo di attività va praticata almeno per 30 minuti al giorno (meglio se più).

 

Nel secondo livello della piramide sono indicate le attività aerobiche che prevedono un buon impegno del cuore e dell’apparato respiratorio (per esempio pattinare, andare in bicicletta) o attività ludico-ricreative da praticare almeno per 20 minuti (meglio per 60) da 3 a 5 volte la settimana. I giochi di squadra sono sempre meglio accolti da bambini e adolescenti rispetto a sport come l’atletica, che richiedono una lunga fase preparatoria.

 

Al terzo livello, si trovano gli sport che richiedono maggior forza e quelli di flessibilità, che andrebbero praticati 2 o 3 volte alla settimana.

 

All’apice, tutte le attività sedentarie cui non bisogna dedicare non più di 2 ore al giorno

 

Interventi che il Pediatra di Famiglia effettua, utilizzando i Bilanci di Salute, per promuovere un corretto stile di vita

nell’ottica della prevenzione dell’obesità essenziale e delle patologie ad essa correlate.
Personalmente sono orientato a una dieta vegetariana anche se moderata ( con latte , latticini e derivati e uova)

 

nel primo anno di vita:

 

·    Incoraggiare l’allattamento al seno protratto
·    Divezzamento: non troppo precoce, non troppo proteico

 

a)     Usare il momento del divezzamento per capire lo stile alimentare della famiglia ed eventualmente suggerire dei cambiamenti
b)     Spiegare in maniera semplice i reali fabbisogni nutritivi del bambino ed anticiparne i comportamenti, ad esempio il progressivo, fisiologico “disinteresse” per il pasto: “ha talmente tanto da fare di più interessante…mangiare non è più la prima delle sue soddisfazioni!”

 

a 3 e a 6 anni

 

·    nei casi in cui un ex-neonato SGA mostri un eccessivo o tardivo “recupero” di crescita controllare con attenzione
·    continuare a informarsi sulle abitudini alimentari  (fa colazione? mangia frutta e verdura? gli piace il pesce? ) e rinforzare i comportamenti “virtuosi” (pasti a orari regolari, no smangiucchiamento, no uso del cibo come ricompensa etc) dando suggerimenti pratici e di facile attuazione su come promuovere un regime alimentare corretto (V. allegato “la piramide alimentare e dell’attività fisica” e “frutta e verdura in tavola”)
·    acqua (no bevande dolci)
·    incoraggiare al gioco libero all’aperto
·    scoraggiare il “coprire troppo”
·    ribadire l’importanza di una corretta distribuzione calorica nella giornata e quindi:
a)    una prima colazione con latte, cereali e frutta
b)    pranzo e cena con piatto unico, frutta e verdura.

a 10 anni

 

·    continuare a informarsi sulle abitudini alimentari  (fa colazione? mangia frutta e verdura? gli piace il pesce? ) e rinforzare i comportamenti “virtuosi” (pasti a orari regolari, no smangiucchiamento, no uso del cibo come ricompensa etc) dando suggerimenti pratici e di facile attuazione su come promuovere un regime alimentare corretto (V. allegati “la piramide alimentare e dell’attività fisica” e “frutta e verdura in tavola”)
·    ribadire l’importanza di una corretta distribuzione calorica nella giornata:
a)    una prima colazione con latte, cereali e frutta
b)    pranzo e cena con piatto unico, frutta e verdura.
·    incoraggiare l’esercizio fisico: non solo piscina, non solo palestra, ma anche giocare fuori, camminare, fare le scale, meno televisione e videogiochi e più vita di gruppo (amicizie, organizzazioni, ecc…)

 

sempre

 

Il pediatra ha tra i suoi compiti il formulare, prescrivere e  promuovere ad  ogni suo paziente il potenziamento dell’attività fisica, l’educazione nutrizionale e una dieta normocalorica.
Il suo ruolo nella prevenzione e nella terapia dell’obesità essenziale è in primo piano.
La conoscenza delle abitudini nutrizionali del bambino obeso è utile per poter formulare delle raccomandazioni mirate e potenzialmente efficaci.
E’ fondamentale ribadire che l’educazione nutrizionale è di competenza del pediatra e deve essere rivolta a tutta la popolazione nella strategia di prevenzione delle malattie cronico-degenerative; deve essere personalizzata e rispettosa delle tradizioni e della cultura del bambino.
La scuola inoltre può attivamente contribuire fornendo sia corrette informazioni nutrizionali che una alimentazione equilibrata, varia con porzioni adeguate, senza bisogno di diete individualizzate.  
 

 

con gli amici

 

·    ballare
·    giocare ad acchiappino o a campana
·    saltare con la corda
·    fare giochi di squadra ai giardini o a scuola

 

 

 

     con la famiglia:

 

·    andare tutti insieme a fare una passeggiata
·    andare a giocare ai giardini
·    spengere la tv per un giorno intero

 

 

 

da solo:

 

·    far volare un aquilone
·    fare la ruota, far le capriole, saltare con la corda
·    allenarsi in qualche sport

 

Inoltre: cucinare, passare l’aspirapolvere, fare i letti, fare “il bucato”, recitare, leggere, disegnare, dipingere, dedicarsi al giardinaggio: annaffiare il prato, tosare l’erba……..

 

REGOLE PER UNA CORRETTA ALIMENTAZIONE DEL BAMBINO
 prepararsi
a fare un salto di qualità con una dieta vegetariana moderata

 

SEGUIRE UNA DIETA VARIATA ED EQUILIBRATA

 

·    Il bambino ha bisogno di diversi nutrienti per stare in buona salute, con un apporto del 10-15% di proteine, del 30% di grassi e del 55-60% di carboidrati.
·    Per evitare il rischio di squilibri nutrizionali, ma anche la monotonia dei sapori è importante variare il più possibile le scelte alimentari, combinando in modo opportuno gli alimenti dei diversi gruppi alimentari.
·    Scegliere quantità adeguate di cibi appartenenti ai diversi gruppi alimentari, alternandoli nei vari pasti della giornata.

 

RIPARTIRE CON EQUILIBRIO LE CALORIE DURANTE LA GIORNATA

 

·    Saltare i pasti, in particolare la prima colazione porta a squilibri nutrizionali e metabolici.
·    Il consumo regolare della prima colazione favorisce il rendimento scolastico e migliora il comportamento alimentare (minore senso di fame e modulazione della assunzione di alimenti al pasto successivo).
·    La giornata alimentare va quindi ripartita in 3 pasti principali intervallati da una merenda e uno spuntino secondo il seguente schema:
–    Colazione 15%
–    Spuntino di metà mattino 5%
–    Pranzo 40%
–    Merenda 10%
–    Cena 30 %

 

ALTERNARE LE FONTI PROTEICHE
 
·    Alternare le fonti proteiche.
·    Se il menù scolastico prevede a pranzo la carne, la sera bisognerà alternare con pesce, cereali e legumi, uova, formaggio.
·    Frequenza di consumo settimanale degli alimenti consigliata da distribuire tra pranzo e cena:
–    Legumi con cereali: 2-3 volte alla settimana
–    Carne rossa: 1 volta alla settimana
–    Carne bianca: 2-3 volte alla settimana
–    Pesce: 2-3 volte alla settimana
–    Uovo : 2 volte alla settimana
–    Formaggi: 2-3 volte alla settimana
–    Salumi: non più di 1 volta alla settimana

 

PREFERIRE CARBOIDRATI COMPLESSI A QUELLI SEMPLICI
 
·    I carboidrati nella dieta comprendono sia i carboidrati complessi quali l’amido (pasta, riso, patate, polenta) e le fibre e quelli semplici (saccarosio, fruttosio ecc).
·    Pasta, riso, pane devono essere presenti ogni giorno nell’alimentazione del bambino.
·    Variare la tipologia di cereali (grano, orzo, avena, farro, orzo ecc) consumando anche quelli integrali
·    Limitare il consumo di zucchero, e utilizzare in quantità controllata i prodotti dolci da spalmare (marmellata, miele, creme ecc.).

 

CONSUMARE REGOLARMENTE FRUTTA E VERDURA
 
·    Frutta e verdura sono alimenti preziosi per la salute del bambino perché sono ricchi di minerali, oligoelementi, vitamine e Fibra, utili anche a promuovere una buona masticazione.
·    Se il bambino non gradisce la verdura, provare diverse ricette, coinvolgendolo nell’acquisto e preparazione.
·    Ogni giorno assumere 5 porzioni del gruppo (3 di verdura e 2 di frutta).

 

LIMITARE IL CONSUMO DI SNACK, DOLCIUMI E BEVANDE ZUCCHERATE AD ALTA DENSITA’ CALORICA E BASSO VALORE NUTRIZIONALE
 
·    Limitare il consumo di snack ricchi di grassi, zuccheri o sodio.
·    Limitare il consumo di prodotti che contengono molto saccarosio, specialmente le caramelle che possono favorire la carie dentaria.
·    Preferire i dolci a ridotto contenuto di grassi come i prodotti da forno che contengono meno grassi e zuccheri e più amido.
·    Limitare le occasioni di consumo di bevande zuccherate (aranciata, cola,etc…) perché ricche di zuccheri, contengono anche caffeina.

 

GRASSI: QUALITA’ E QUANTITA’

 

·    Preferire i grassi da condimento di origine vegetale, soprattutto olio extra vergine di oliva e limitare i condimenti di origine animale (burro, strutto, panna etc).
·    Utilizzare i grassi preferibilmente a crudo ed evitare di utilizzare i grassi già cotti.
·    Il consumo di pesce va incentivato, includendo quello azzurro con una frequenza almeno di 2-3 volte alla settimana.
·    Tra le carni preferire quelle magre, eliminare il grasso visibile.
·    Adottare tecniche di cottura con pochi grassi: al forno, al vapore, al cartoccio. Evitare soffritti e fritture.

 

LIMITARE IL SALE
 
·    Ridurre l’uso del sale sia in cucina che a tavola.
·    Limitare il consumo di alimenti trasformati ricchi di sale come snacks salati, patatine in sacchetto, salumi ecc.
·    Insaporire i cibi con erbe aromatiche evitando di utilizzare dadi per brodi, ketchup, salsa di soia ecc.
·    Educare il bambino fin da piccolo al consumo di alimenti poco salati, contribuisce allo sviluppo di uno stile alimentare salutare.

 

ASSUMERE UN’ADEGUATA QUANTITA’ DI ACQUA

 

·    I bambini devono bere un’adeguata quantità di acqua durante il giorno, almeno 1 litro e ½ , di più se fa caldo o svolgono attività fisica intensa
·    L’equilibrio idrico deve essere mantenuto bevendo essenzialmente acqua naturale
·    L’acqua viene fornita anche dagli alimenti vegetali (frutta, ortaggi, latte contengono l’85% di acqua); Per questo il consumo regolare di frutta, verdura, passati e zuppe di verdure contribuisce a mantenere il bilancio idrico

 

 

 

10 consigli per mamme e papà sull’alimentazione
e l’attività fisica dei bambini da 0  a  6  anni

( progetto CMM ministero della sanità)

 

 

 

 

 

1. nei primi sei mesi il latte materno da solo ( senza aggiunta di altri alimenti o bevande – incluso l’acqua ) è l’alimento naturale del tuo bambinoIl latte materno è l’alimento principale durante il porimo anno di vita. Se non puoi allattare, usa un latte  cosidedetto adattato ( o latte di formula). Non vi sono vantaggi ad introdurre altri alimenti o bevande prima dei sei mesi ( anche se il tuo bambino è alimentato con il latte di formula.2. a partire dai sei mesi puoi iniziare ad inserire gradualmente alimenti diversi dal latte,  ma non avere fretta.Non  vi sono alimenti specifici ” controindicati ”  dopo i sei mesi, ma è importante inserirli gradualmente per dare tempo al bambino di inparare a mangiare, conoscere nuovi sapori ed abituarsi al nuovo alimento! il latte rimane ancora una importante fonte di nutrienti, in particolare di grassi. Se allatti al seno, puoi se lo desideri, continuare fino a due anni e oltre. I bambini vanno educati ai diversi sapori proponendo molte volte un alimento con tranquillità, senza mai forzare. A partire dai   7 – 8 mesi  incoraggia il bambino a masticare, anche se non ha denti, offrendogli alimenti a pezzettini anche se non ha denti. Gli alimenti ricchi di ferro e zinco, quali carne e pesce, sono importanti a questa età in quanto il latte non è più in grado da solo di sopperire ai  fabbisogni di questi minerali. Tuttavia, per non esagerare con le proteine di origine animale, offri a tuo figlio uno solo di questi alimenti ad ogni pasto ( per esempio evita di mettere il formaggio nella pappa se c’è già la carne). Ricorda che i legumi  (  lenticchie, fagioli, ceci) e i cereali sono una ottima fonte di proteine. I cibi di produzione industriale non offrono vantaggi nutrizionali sui cibi familiari ben preparati. E’ comunque importante leggere le etichette e prediligere alimenti senza zucchero e sale aggiunti. Inoltre ricorda che spesso gli omogeneizzati hanno più calorie dei cibi casalinghi.3. Nel primo anno di vita evita di aggiungere sale e zucchero ai cibi ed abitua il bambino a bere acqua.
Alimenti dolci o salati vanno evitati nel primo anno di vita e limitati negli anni successivi. Lo zucchero può rovinare i denti quando iniziano a spuntare, ridurre l’appetito e limitare il consumo dei cibi più nutrienti. Si sconsigliano omogeneizzati di pesce o di carne con  sale aggiunto, salumi, dadi, zuppe in polvere pappe latte dolci, omogeneizzati di frutta con zucchero aggiunto, bevande zuccherate, succhi di frutta inclusi. Il tè nero  e verde, e la camomilla sono sconsigliati nel primo anno di vita perchè contengono sostanze che diminuiscono l’assorbimento del ferro e di altri   minerali. Il miele, anche se raramente, può causare nel bambino piccolo una malattia molto pericolsa ( il botulismo infantile) per cui va evitato nel primo anno di vita.4. Non offrire latte di mucca nel primo anno, dai sei mesi puoi invece dare formaggio e yogurt, meglio se interi.
Il latte di mucca prima dei dodici mesi può portare ad anemia perchè è povero di ferro; tuttavia lo si può usare in piccole quantità per la cottura di altri alimenti ( ad es. il purè). I bambini hanno bisogno dell’energia fornita dai grassi e delle vitamine contenuti nel latte, per questo fino a due anni è meglio non usare prodotti scremati.
E’ buona norma usare grassi a crudo di  origine vegetale, soprattutto olio estra vergine di oliva e limitare  i condimenti di origine animale (burro,strutto, panna ecc.)  5. Offri frutta a merenda ogni giorno ed evita merendine, dolciumi e bevande zuccherate.
Merendine di produzione industriale, docliumi e bevande zuccherate hanno molte calorie e un basso valore nutrizionale, oltre a contenere spesso oli di cattiva qualità ( ad esempio olio di cocco ed olio di palma).
I succhi di frutta hanno spesso un alto contenuto in zuccheri semplici e poche vitamine e non sono comparabili dal punto di vista nutrizionale alla spremuta di frutta fresca. Frutta e merende fatte in casa sono più sane!6. Limita il tempo che il bambino trascorre ” imprigionato” in sdraiette e seggiolini
Fin dai primi mesi metti il piccolo a pancia in giù e sul fianco, mentre è sveglio e sotto sorvegliamza, per almeno 15 minuti al giorrno; questo gli permetterà di muoversi e rinforzare i muscoli. Organizza il pavimento distribuendo   dei giocattoli appena fuori dalla  sua  portata per stimolarlo a sollevare il capo ed a allungarsi per raggiungerli.
Siste la cameretta e l’appartamento in modo da stimolarlo a muoversi, ad esempio predisponendo un luogo adatto con materiali morbidi e bloccando l’accesso a scale e a stanze che non si desiderano che siano esplorate. Insericsci il gioco attivo nella routine familiare, ad esempio  dopo i pasti.
Evita l’uso del girello che ritarda la naturale acxquisiszione dei movimenti preparatori  alla marcia, qiuali lo strisciamento ed il gattonamento, favorisce l’acquisizione di atteggiamenti viziati del piede ed impedisce al bambino  di sviluppare un corretto senso di equilibrio.Non dimenticare dimenticare che il girello è una delle prime cause di incidenti nella prima infanzia.7. quando il bambino inizia a camminare usa il passeggino il meno possibile ed aboliscilo del tutto a partire dai tre anni.
Camminare contribuisce al bilancio energetico, è importante per il mantenimento del peso corporeo, e abitua mentalmente il bambino ad usare i piedi come mezzo di trasporto.  8. Porta il bambino fuori a giocare almeno un’ora al giorno e se possibile accompagnalo a scuola a piedi.
E’ importante portare il bambino in un luogo dove possa correre, calciare una palla, salire sui giochi. Non temere che prenda freddo. Non dimenticare che la motivazione che spinge il bambino a muoversi è il gioco. Il bambino più grandicello va stimolato a trovare le attività che può svolgere con piacere, senza costrizione. E’ consigliabile non limitare l’attività fisica alla sola frequenza di un corso sportivo e prromuovere l’attività motoria non strutturata come ad esempio le passaggiate a piedi e in bicicletta.9.  E’ meglio giocare insieme che mettere  il bambino davanti alla TV.
La  televisione, oltre a favorire comportamenti sedentari e passivi, espone il bambino a messaggi pubblicitari che influenzano negativamente i suoi desideri e le sue abitudini alimentari. Regala al bambino giochi che lo incitano a muoversi: un pallone, una bicicletta ecc.
Se puoi, scegli una scuola di infanzia con  un’area attrezzata all’aria aperta.

 

10. Cerca di essere attivo anche tu come genitore e di adottare una buona cucina casalingaSe la famiglia  è attiva anche il bambino è attivo ( il bambino impara ciò che vive). Cogli ogni occasione per fare attività fisica: vai a piedi o in bici, fai le scale, passeggia, cerca di fare delle vacanze attive. Un adulto dovrebbe camminare almeno un’ora al giorno! E’ buona regola cucinare a casa usando alimenti semplici ed abituarsi a  pasti  il più possibile regolari, eviatndo di smangiucchiare ” fuoripasto” ( in particolare davantiu alla televisione o al computer).
E’ importante fare bene la spesa, non stivare la dispensa e ” programmare” la dieta giornalmente anche in base al menù della mensa dell’asilo nido o della scuola materna. In particolare si consiglia di alternare le fonti di proteine ( carne  rossa, carne bianca, pesce, uova,formaggio, latte, legumi) distribuendo tra pranzo e cena e nella settimana, consumare più pesce e legumi, presentare ogni giorno al bambino alimenti quali pasta, riso e pane, offrire ad ogni pasto sia verdura che frutta.

 

ottobre 22, 2012autore Angelo Vigliotti
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Piramide alimentare toscana

La Piramide Alimentare Toscana ( PAT)


Siamo in Toscana ed  è bello  mangiare i prodotti locali, assaggiarli al meglio, sapendo che sono eticamente trattati.( si spera che vengano  tutti da una visione ecologica  e da  una produzione biologica).  A questo proposito è stata elaborata la piramide alimentare toscana,  la cui genesi è spiegata in un comunicato della regione toscana e nell’articolo scritto da Cressati e Orland. ( che riporto più avanti). La piramide  ci invita a mangiare in modo variato ed equilibrato scegliendo i cibi che sono alla base di uno stile alimentare sano e salutare.



da. www. regione.toscana.it

 

  • La Piramide Alimentare Toscana è stata pensata per imparare a vivere meglio e in salute, attraverso un concetto semplice: consumare tutti gli alimenti, senza esclusioni, regolandone la frequenza. E’ stato un qualificato comitato scientifico, composto da un gruppo di ricercatori delle Università e di vari istituti toscani che si occupano di alimentazione, ad identificare i cibi che possiamo consumare più o meno frequentemente per stare bene. Alla base della Piramide, sono rappresentati i cibi da consumare più spesso, mentre man mano che si salgono i gradini vengono indicati quelli da consumare con minor frequenza. La Piramide propone 70 prodotti, di cui 65 appartengono alla tradizione toscana; e un appropriato consumo di acqua, di vino, insieme ad una costante attività fisica. I sei scalini della Piramide Alimentare Toscana, dal basso verso l’alto, sono: frutta e verdura; cereali e derivati e olio extravegine di oliva; legumi, frutta secca, latte e yogurt; pesce e pollame; formaggi, uova e patata; infine carne, salumi e dolci. Tra questi prodotti, la Piramide toscana suggerisce pochi ma sicuri orientamenti: consumare tutti gli alimenti – tutti, senza nessuna esclusione – con una frequenza diversificata: più spesso i gruppi alimentari posti in basso nella piramide e più raramente quelli in alto. Vino con moderazione solo ai pasti, e alla base di tutto molta attività fisica. Questa vuol essere un’iniziativa rivolta a tutti (giovani, adulti, anziani e bambini) per aiutarli a scegliere i cibi per una buona e sana alimentazione, basata sui prodotti stagionali e legati alla nostra terra. Seguendo le indicazioni della nostra piramide con pochi, facili accorgimenti e molto gusto, vivremo meglio. E da semplici consumatori diventeremo dei veri e propri buongustai. Per raggiungere questa meta, già da oggi sarà possibile collegarsi al sitowww.piramidealimentare.toscana.it. In seguito partiranno campagne di comunicazione sui mass-media e di presentazione e diffusione nei settori della ristorazione e della distribuzione, tra gli operatori socio-sanitari e tra i consumatori, ma soprattutto nel sistema scolastico, sottolineando in questo caso gli aspetti di educazione alimentare del progetto.

 



  • Per mangiar sano guarda la piramide. Non è uno slogan di gastronomia araba né un messaggio di creativi della pubblicità turistica. E’ quanto emerge dalla lista, appunto piramidale, messa a punto dalla Regione Toscana che, con la benedizione del presidente Claudio Martini, certifica le buone pratiche del mangiar sano in vista di una corretta alimentazione in grado di prevenire guasti fisici, obesità, malattie vascolari, consolidando il ruolo della buona cucina toscana, un menù di 70 voci di cui ben 65 di estrazione locale.

E allora vediamola meglio e più da vicino questa “dieta” a forma di piramide che fa il suo trionfale debutto nell’ambito di Festambiente. Alla base ci sono frutta e verdura, il piatto forte, l’antidoto garantito, da consumare in grande quantità. Al vertice, se non da evitare certo da mangiare con moderazione e cautela, i grassi, carni rosse e salumi, e i dolci, maglia nera per l’alto contenuto calorico la finocchiona e la bistecca alla fiorentina ma anche ai “cenci” e alla schiacciata con l’uva. Nel mezzo pane e pasta, legumi, frutta secca, latte, pesce, pollame, formaggi, uova, patate. Il perfetto consumatore naturalmente si affida ai prodotti tipici con marchio d’origine controllata, a volte veri presidi slow food.
La piramide accetta anche un bicchiere di vino durante i pasti ma raccomanda di bere molta acqua e fare con costanza una leggera attività fisica. Tempi duri per kebab e hamburger.


Susanna Cressati/Massimo Orland,  così commentano: 

  • Finora nella piramide della corretta alimentazione sono stati inseriti nel tempo, a seconda del livello raggiunto dagli studi internazionali, i vari tipi di alimenti, in spazi ben definiti per frequenza e quantità ai fini di contribuire a un buono stato di salute e prevenire le patologie più comuni legate allo stile di vita. Alla base del triangolo compaiono l’attività fisica giornaliera e il controllo del peso. Quindi si sale ai settori importanti e raccomandati della frutta e della verdura. E infine, passando per legumi, pesce, carne bianca, uova e latticini, ci si inerpica in vetta, là dove è consentito ‘osare” (ma di rado) il consumo di burro e carni rosse.

D’ora in poi la celeberrima “piramide” parlerà toscano. Perché se mangiare correttamente fa bene alla salute, fa ancor meglio mangiare alimenti toscani. Lo sostengono le due agenzie regionali Arsia e Ars che, insieme all’Istituto nazionale della ricerca per gli alimenti e la nutrizione e in collaborazione con il Centro studi agronomici internazionali dell’Accademia dei Georgofili, hanno presentato oggi il progetto per costruire un “modello toscano” per una alimentazione salutare, in breve una “piramide” targata Toscana. Nalla sala verde del Palazzo dei Congressi hanno dato il là all’evento il presidente della Regione Toscana Claudio Martini, il presidente della Crui Piero Tosi, il presidente dell’Accademia dei Georgofili Franco Scaramuzzi e l’assessore regionale all’agricoltura Susanna Cenni. Tra i numerosi relatori al convegno il presidente della commissione regionale sanità Fabio Roggiolani e i due presidenti delle agenzie regionali interessate, Maria Grazia Mammuccini (Arsia) e Mario Romeri (Ars).
La “piramide” è da tempo il più diffuso, chiaro ed efficace messaggio che la scienza dell’alimentazione abbia lanciato a livello internazionale. Inserirci, in virtù di una ricerca scientifica mirata, alimenti toscani significa promuovere concretamente politiche integrate per la salute e per la promozione delle produzioni tipiche. “Mai come oggi è stata così forte l’attenzione e la sensibilità della popolazione al tema dell’alimentazione – ha detto il presidente Claudio Martini intervenendo in apertura dei lavori – Nei momenti critici, come la vicenda della bistecca dimostra, la Toscana ha sempre saputo reagire positivamente alla sfida, giocando le sue carte sul terreno della qualità. Ed anche adesso, che viviamo in un momento difficile per la produzione agricola, non dobbiamo cedere alla tentazione delle scorciatoie ma sostenere la qualità, l’unicità e la salubrità della nostra produzione tipica”.
“Il convegno di oggi evidenzia la relazione strettissima che si può realizzare tra una corretta alimentazione basata sui prodotti agroalimentari del nostro territorio e la tutela della propria salute” ha sottolineato l’assessore regionale all’agricoltura Susanna Cenni. “Se si costruisce la propria personale dieta giornaliera con alimenti sani, genuini, di sicura provenienza come quelli toscani – ha aggiunto – si realizza infatti la miglior forma di prevenzione. E questo sostiene e rafforza l’impegno che ci siamo assunti da anni, cioè quello di favorire uno sviluppo sostenibile del nostro sistema rurale, basato sulla valorizzazione dei prodotti locali, sull’integrazione tra agricoltura e ambiente, sulla salvaguardia delle biodiversità, sulla tutela del consumatore in materia di tracciabilità e salubrità delle produzioni. L’elevatissimo numero di prodotti certificatidall’Unione europea, gli impegni assunti a favore del biologico, il lancio di un marchio ‘la farfalla’ di Agriqualità, che certifica qualità, salubrità e provenienza dei prodotti, la battaglia contro gli Ogm, sono solo alcuni esempi del nostro sforzo quotidiano volto a consolidare la fiducia che i consumatori di tutto il mondo hanno nei nostri prodotti, considerati sinonimo di qualità, tipicità e sicurezza”.
“I caratteri distintivi dell’agricoltura toscana – ha spiegato Maria Grazia Mammuccini amministratore Arsia – hanno sempre fatto riferimento all’indubbia qualità dei propri prodotti ed al corretto rapporto dei sistemi produttivi agricoli con l’ambiente. L’Arsia ha cercato di consolidare nel tempo gli stretti legami fra i prodotti toscani ed i consumatori, per proponendosi di raggiungere il duplice risultato di garantire i cittadini e di ampliare gli spazi per lo sviluppo e l’affermazione delle produzioni agricole toscane. Il progetto che presentiamo oggi conferisce valore aggiunto alle ricerche svolte, ne incrementa la qualità e soprattutto dà concretezza alle politiche integrate messe in atto dalla Regione Toscana a favore della salute dei cittadini”.
“Una buona conoscenza della situazione e una buona informazione – ha aggiunto Mario Romeri, presidente dell’Ars – è fondamentale. Infatti una analisi della dieta attuale dei toscani dimostra che c’è una forte distanza tra le abitudini prevalenti e quello che sarebbe ottimale dal punto di vista della salute. Sono molti gli adulti toscani sovrappeso, oltre il 31%, o addirittura obesi, oltre il 9%, mentre tra i quindicenni le percentuali raggiungono il 29% e oltre l’8%. L’obiettivo di un corretta alimentazione per un buona salute è da tempo al centro delle nostre iniziative e costituirà parte importante dei Piani integrati di salute che le Società della salute stanno elaborando in tutta la Toscana”. Con quali motivazioni e criteri i prodotti toscani verranno inseriti nella “piramide”? Si terrà conto soprattutto dell’importanza di accedere alla produzione locale, con bassi o assenti contenuti di sostanze chimiche, vicina al consumatore e quindi non conservata per lunghi periodi, studiata dal punto di vista dei nutrienti più importanti per la salute in relazione con “cultivar”, razze e tecniche di produzione. E siccome la regola dice che “la piramide va mangiata tutta”, ecco che troveranno il loro posto l’olio extravergine d’oliva toscano, e anche (perché no, se in modica quantità) il vino toscano, i cereali e i legumi biologici, la carne proveniente da allevamenti “eticamente” condotti e tutti quei prodotti toscani le cui qualità tradizionali vengono esaltate da una realtà produttiva d’eccellenza.

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 1. Frutta e verdure

al punto di vista della salute, frutta e verdura hanno un ruolo protettivo conosciuto e confermato da decenni di studi condotti su popolazioni di tutti i continenti.
Consumare frutta e verdura in quantità, più volte nel corso della giornata, e contemporaneamente ridurre il consumo di carne, aiuta a prevenire l’obesità, il diabete, alcuni tipi di tumori, e contribuisce ad aumentare la durata media della vita. Inoltre, tra i consumatori più assidui di frutta e verdura sono meno frequenti i danni alle arterie, si riduce il rischio di infarto e di ictus cerebrale.

Fra la frutta è da privilegiare quella fresca, di stagione, di produzione locale, e molto colorata – giallo, arancio, rosso, verde intenso – perché contiene una maggiore quantità di sostanze protettive. Unico accorgimento: fare attenzione alla frutta più zuccherina, come fichi, uva e banane, per il rischio di assumere troppe calorie. Un rischio quasi nullo se affrontato con una sufficiente attività motoria.

Per quanto riguarda la verdura, la cottura in acqua può danneggiare alcune sostanze antiossidanti, più di quella al vapore, perché alcune passano nell’acqua di cottura. Da questo punto di vista i minestroni e le verdure stufate sono meglio delle verdure lesse perché l’acqua di cottura non viene eliminata. Quindi alternare verdure crude e cotte. Per la verdura lessa preferire la cottura al vapore o comunque una cottura veloce. Anche per la verdura vale la stessa raccomandazione della frutta: di stagione, di produzione locale e dai bei colori accesi.

I prodotti presenti a questo livello della piramide alimentare sono: Mele (in Toscana: mela rugginosa della valdichiana, mela stayman aretina, mela rotella della lunigiana); Uva nera (in Toscana: Sangiovese, morellino, colorino); Arance e limoni, lamponi, mirtilli, more, fragole, ciliegie (in Toscana: mirtillo nero della Montagna pistoiese, ciliegie di Lari); Pesche, albicocche (in Toscana: pesca cotogna toscana, pesca regina di Londa); Kiwi, popone (in Toscana: melone della Val di Cornia); Cavolo nero (in Toscana: cavolo nero riccio di Toscana); Cavolfiore, broccolo (in Toscana: cavolfiore, fiorentino); Pomodoro (in Toscana: pomodoro costoluto fiorentino, pomodoro canestrino, pomodoro pisanello, pomodoro tondino liscio da serbo toscano); Carote, peperoni rossi gialli e verdi, lattuga o scarola, bietola, spinaci (in Toscana: lattuga quattro stagioni vinata, spinaci della Val di Cornia); Carciofi (in Toscana: carciofo violetto toscano); Zucchine, zucca (in Toscana: zucchina tonda fiorentina, zucchina lunga fiorentina, zucchina mora pisana, zucca invernale toscana); Cipolle, aglio, porro (in Toscana: cipolla rossa toscana, cipolla di Certaldo, cipolla di treschietto); Ramerino, salvia.

 



 2. cereali

cereali, pur essendo parte del mondo dei vegetali, meritano un discorso a parte perché vengono consumati quasi esclusivamente come materia prima per prodotti trasformati tipo pane, pasta e prodotti da forno.
Gli studi effettuati dimostrano che il consumo di cereali integrali, e meno di cereali raffinati come le farine “bianche”, è protettivo per le malattie vascolari, per alcuni tipi di tumore, per il diabete e per l’ipertensione, e può favorire un migliore equilibrio fra colesterolo buono e cattivo.
Per questo motivo i prodotti contenenti cereali integrali sono indicati come base nutrizionale quotidiana nelle raccomandazioni dietetiche dei paesi più industrializzati.
I cereali integrali possono dunque essere consumati in occasione di quasi tutti i pasti, ma occorre fare un po’ più di attenzione per i prodotti da forno (es. crackers, grissini, fette biscottate) che insieme al “buono” dell’integrale, portano con sé anche molti grassi non sempre raccomandabili. A parte il farro, recentemente riscoperto, l’uso dei cereali integrali è molto limitato nella nostra regione e proprio per questo è importante sensibilizzare il consumatore sull’importanza di un ritorno ai cereali poco raffinati e poco trasformati dall’industria.
A questo livello della PAT si trova anche l’olio extravergine di oliva che, oltre ad essere uno dei maggiori ambasciatori della toscanità nel mondo, possiede virtù benefiche nella prevenzione delle malattie cardiovascolari, dei tumori, dell’ipertensione, del diabete e di alcune malattie della pelle. La raccomandazione è di usare olio extravergine di oliva sia per condire che per cucinare. Naturalmente con moderazione, anche per l’alto contenuto in calorie tipico degli oli e dei grassi.


3. Legumi, frutta secca e latte

Salendo ancora di un livello, si incontra il gruppo dei legumi, della frutta secca e del latte.
Dal punto di vista nutrizionale, i legumi sono particolarmente utili per la loro ricchezza in fibre, efficaci nella protezione da malattie come il diabete, alcuni tipi di tumore e per i problemi vascolari.
La frutta secca, ed in particolare noci, nocciole e mandorle – che fino a ad alcuni anni fa non era ben apprezzata a causa dell’elevato tenore calorico e la ricchezza di grassi – è ricca di un particolare tipo di grassi, gli omega-3, che favoriscono un bilancio ideale tra colesterolo buono e cattivo ed avrebbero anche altre utili azioni per il nostro organismo. Attenzione però: da questo gruppo è esclusa la frutta secca senza guscio, come fichi, ananas e albicocche secche.
In questo gruppo sono state incluse anche le castagne: pur avendo caratteristiche molto diverse dalla frutta secca in guscio, sono spesso consumate insieme a pinoli o noci e possono considerarsi una buona fonte di alcuni micronutrienti importanti e non vanno trascurate
La questione latte e yogurt è oggi un po’ controversa; sembra che possano aiutare a proteggere da alcuni tipi di tumore, ad aumentare le difese immunitarie, a ridurre i problemi intestinali e a migliorare la salute delle ossa.
Il consiglio del nutrizionista è quello di consumare latte e latticini tutti i giorni, e i legumi più volte alla settimana. La frutta secca in guscio può entrare a far parte delle abitudini quotidiane, arricchendo la prima colazione o gli spuntini o come ingrediente aggiuntivo delle insalate.

I prodotti presenti a questo livello della piramide alimentare sono: Fagioli non borlotti e ceci, piselli, fave e lenticchie (In Toscana: fagiolo cannellino, fagiolo zolfino, fagiolo di Sorana, cece piccino del Valdarno, cece rugoso della Maremma, cecina; fava lunga delle Cascine); Castagne, noci, mandorle, pinoli, nocciole (in Toscana: castagna del Monte Amiata, marrone del Mugello, farina dolce di castagne del Pratomagno, farina di neccio della Garfagnana, pinoli del parco di Migliarino San Rossore, noce aretina) Latte e yogurt. 

 


 prodotti tradizionali della Toscana

    * Fagiolo cannellino
    * Castagna del Monte Amiata IGP
    * Farina di castagne del Pratomagno
    * Marrone del Mugello IGP
    * Farina di Neccio della Garfagnana DOP
    * Pinolo del Parco di Migliarino-San Rossore
    * Noce aretina
    * Fagiolo zolfino
    * Fagiolo di Sorana
    * Cece Piccolo del Valdarno
    * Cecina
    * Fava lunga delle Cascine




DESCRIZIONE DEI VARI PRODOTTI ELENCATI

Fagiolo cannellino
Categoria:
Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati;

Denominazione del Prodotto:
Fagiolo cannellino

Sinonimi:
Fagiolo cannellino del San Ginese-Compitese e Sant’Alessio

Descrizione sintetica del prodotto:
Il fagiolo cannellino del San Ginese-Compitese ha un seme reniforme di colore bianco ed è più piccolo del cannellino classico; ha un epicarpo molto sottile e pertanto è morbido e delicato al palato. Viene confezionato in sacchetti di juta da 1 kg oppure in sacchettini alimentari da 500 g. Sono utilizzate anche confezioni di cartone sottovuoto e, per grossisti e ristoranti, grossi sacchi da 10-15-20 kg.Per il prodotto fresco i mesi di produzione sono da maggio ad agosto; da settembre in poi si ha la produzione del fagiolo secco.

Territorio interessato alla produzione:
San Ginese, Compitese, provincia di Lucca.

Produzione in atto:
(scomparso/a rischio/attivo) attivo 

Descrizione dei processi di lavorazione:

    * Seme autoprodotto in azienda: selezione manuale del seme destinato alla produzione su rullo meccanico.
    * Aratura leggera (c.a. 30 cm)
    * Concimazione: 8-24-24, urea
    * Difesa: trattamenti con geodisinfestanti e diserbo
    * Irrigazione esclusivamente di soccorso
    * Raccolta meccanica
    * Selezione molto accurata, su rullo meccanico, del prodotto destinato alla vendita

Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione:

    * Seme autoprodotto in azienda.
    * Rullo meccanico per la cernita del prodotto
    * Prodotti per la concimazione, collettivi e prodotti per la difesa
    * Raccoglitrice meccanica

Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive:
La tradizionalità del prodotto è data dalla particolarità della cultivar; il fagiolo cannellino si adatta perfettamente alle caratteristiche pedoclimatiche del luogo. L’autoproduzione delle sementi garantisce il mantenimento delle caratteristiche dell’ecotipo autoctono. Si consuma prevalentemente per fare minestre e zuppe, con baccalà e gamberetti o semplicemente lessato con sale e pepe; si accompagna con vini rossi locali.

Produzione:
Un’azienda in località San Ginese (LU) produce gran parte di questo fagiolo cannellino tipico della Lucchesia, altre piccole aziende a livello prevalentemente hobbistico ne producono modeste quantità; 120 q di fagiolo secco e 50 di prodotto fresco sono le disponibilità annue aziendali. La crescita ulteriore della produzione trova ostacolo nella forte richiesta di manodopera di questa coltura.Gran parte della produzione annuale viene assorbita da una ditta locale che inserisce questo fagiolo cannellino in miscele di legumi destinate alla grande distribuzione.Solo il 40% è destinato ad un consumo locale in negozi ortofrutticoli. 


Castagna del Monte Amiata IGP

Descrizione del prodotto e cenni storici
La coltura del castagno da frutto ha da sempre avuto diffusione nell’area amiatina grazie alle condizioni pedologiche e climatiche particolarmente favorevoli. Fin dal XIV secolo gli Statuti della comunità dell’Amiata prevedevano rigide norme per la salvaguardia e lo sfruttamento della risorsa castagno, sia per la raccolta dei frutti che per la produzione di legname. Gli statuti proibivano il danneggiamento ed il taglio delle piante verdi e delle piante secche in piedi imponendo ai trasgressori sanzioni pecuniarie molto onerose; la raccolta delle castagne doveva rispettare un preciso calendario che prevedeva un periodo di stretta competenza del proprietario del castagneto ed uno successivo, dove la raccolta era libera, quest’ultimo si protraeva anche fino a carnevale per permettere a tutti, anche i più poveri, di poter trovare un minimo di sostentamento.
La coltivazione del castagno nella zona del Monte Amiata avviene a quote comprese fra i 350 e 1000 m s.l.m., su terreni derivati dal disfacimento di rocce vulcaniche acide: queste condizioni ambientali ottimali conferiscono al prodotto particolari caratteristiche organolettiche. Durante la fase produttiva non possono essere utilizzati fertilizzanti di sintesi e fitofarmaci e la raccolta, che avviene da metà settembre a metà novembre deve essere fatta a mano o comunque con mezzi meccanici idonei tali da salvaguardare il prodotto. Le produzioni massime consentite dal disciplinare sono di 12 Kg a pianta e 1800 Kg per ettaro. La conservazione delle castagne può essere eseguita con vari metodi: cura in acqua fredda per massimo sette giorni, sterilizzazione con bagno in acqua calda e successivo bagno in acqua fredda o per surgelazione ma mai tramite aggiunta di additivi o altre sostanze.
Le varietà utilizzate per la produzione della castagna dell’Amiata IGP sono: marrone, bastarda rossa e cecio; per l’immissione al consumo, però, i frutti devono appartenere ad una sola delle tre varietà con divieto assoluto di mescolare fra loro le partite di varietà diverse. La pezzatura minima ammessa è pari ad ottanta castagne per chilogrammo netto allo stato fresco e la commercializzazione avviene in contenitori per alimenti a retina.
La castagna è protagonista di molte ricette tipiche locali come il castagnaccio, i necci e la polenta”…è il cibo favorito, ed economico del Popolo, ed è essa tanto nutriente, che le persone additte ai lavori più duri di sega, di accetta, e di marra non di altro campano, che di polenta, e di acqua, o come scherzosamente quassù dicono, di pan di legno e di vin di nùvoli…” Viaggio al Monte Amiata (G.Santi, 1795).

Area di produzione
La zona di produzione della castagna del Monte Amiata comprende l’intera circoscrizione comunale dei comuni di Arcidosso, Casteldelpiano, Santa Fiora e Seggiano in provincia di Grosseto e parte del territorio dei comuni di Cinigiano e Roccalbegna in provincia di Grosseto e dei comuni di Castiglione d’Orcia, Abbadia S. Salvatore e Piancastagnaio in provincia di Siena.

 


Farina di castagne del Pratomagno


Categoria:
Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati;

Denominazione del Prodotto:
Farina di castagne del Pratomagno

Sinonimi:
Farina dolce

 

Descrizione sintetica del prodotto:
È una farina dolce di colore nocciola chiaro e viene macinata tanto finemente da avere una consistenza quasi impalpabile. Ha sapore intenso ed un forte aroma di tostato.

Territorio interessato alla produzione:
Comuni di Loro Ciuffenna, Castelfranco di Sopra, Castiglion Fibocchi, Reggello, Pian di Scò, Talla, Castel Focognano, Ortignano Raggiolo, Castel San Niccolò, Poppi, Montemignaio, provincia di Arezzo.

Produzione in atto:
(scomparso/a rischio/attivo) attivo

Descrizione dei processi di lavorazione:
Dopo la raccolta e la cernita, le castagne vengono portate per l’essiccazione in locali tradizionali (seccatoi o metati), a due piani (in genere in pietra arenaria, ma talvolta in laterizi vari), nei quali il pavimento del primo piano è costituito da un “graticciato” di legno sul quale vengono poste le castagne da essiccare. Al piano più basso viene acceso un fuoco che viene alimentato con legna di castagno per almeno 40 giorni. Una volta essiccate (umidità residua 12-14% circa), le castagne vengono sgusciate e sottoposte ad una cernita manuale per allontanare corpi estranei o frutti avariati, e quindi tostate per 12 ore circa in forni riscaldati a legna (250-300°C).Quando il tasso di umidità residua è del 9-10% circa, le ca­stagne vengono tolte dal forno, poste su vagli di rete metallica a maglie strette e agitate per eliminare eventuali residui di episperma rimasti dopo la sgusciatura. Dopo quest’ultima fase, i frutti sono pronti per essere macinati in mulini muniti di macine in pietra opportunamente scanalata. La farina così ottenuta viene infine sottoposta a vagliatura.

Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione:

    * Locali in muratura (metati)
    * Assi in legno
    * Pale o rastrelli in legno o metallo per muovere le castagne nell’essiccatoio
    * Macchina per la sgusciatura
    * Forno in muratura per la tostatura
    * Vagli in legno e rete metallica
    * Mulino con macine in pietra
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive:
Le caratteristiche organolettiche della farina di castagne del Pratomagno dipendono dalle cultivar utilizzate e dal processo di essiccazione. L’essiccazione tradizionale dei frutti costituisce un elemento essenziale nella produzione di questa farina per due motivi: in primo luogo l’esistenza di numerosi locali adibiti allo scopo posti in posizione ottimale per l’economia dell’azienda produttrice (in genere adiacenti all’abitazione) che consentono una vigilanza e un’alimentazione continua del fuoco; in secondo luogo l’essiccazione con fuoco di legna, che dà a questo prodotto caratteristiche organolettiche e un sapore completamente diversi da quelli ottenuti con essiccatoi di tipo industriale. Per quanto riguarda la macinatura delle castagne, è peculiare la presenza di un’ulteriore fase di tostatura (che non viene praticata in nessun’altra zona).La farina di castagne del Pratomagno ha rappresentato per centinaia di anni l’alimento base degli abitanti della zona come dimostra l’esistenza di cultivar autoctone ed esclusive la cui origine risale ad oltre cinquecento anni fa. Su tutto il territorio del Pratomagno si possono rinvenire locali adibiti all’essiccazione delle castagne, sia nei pressi dei paesi che nelle selve di castagno (in pratica, ogni famiglia aveva un forno che utilizzava per la tostatura dei frutti) e nel bacino del Ciuffenna esistevano una ventina di mulini adibiti alla macinatura delle castagne (del mulino di Loro abbiamo notizie certe fin dal XIII secolo e comunque il Catasto leopoldino riporta ancora sedici mulini in funzione sul territorio). Nel 1809 il Maire di Loro scriveva, nell’inchiesta commissionata da Napoleone, che nel comune oltre all’olio si producevano in abbondanza le castagne e il Pontecorvo, nel 1932, annoverava le castagne tra i principali prodotti del Pratomagno, sia valdarnese che casentinese.

Produzione:
Alcuni produttori della farina di castagne del Pratomagno sono riuniti in un’associazione che ha sede a Loro Ciuffenna. La produzione annua è di circa 1000 quintali; i molini con macina a pietra ancora attivi nella zona sono 4, nei comuni di Castel San Niccolò, Soci e Loro Ciuffenna. La vendita è prevalentemente locale, ma buona parte della produzione viene destinata ai mercati del resto della Toscana. Questo proverbio aretino (Pratomagno) descrive bene come la castagna una volta era la base dell’alimentazione in molte zone dell’Appenino, dove nei due o tre secoli passati ha fatto la differenza tra la vita e la morte: “che tu muguli o che un tu mugoli, pan di legno e vin di nuvoli!”, cioè “ti puoi lamentare o non lamentare, ma per sfamarti hai polenta di castagne e acqua”.

 



Marrone del Mugello IGP

Descrizione del prodotto e cenni storici
La coltivazione dei castagneti da frutto nella zona del Mugello può farsi risalire all’epoca romana ma è dal Medioevo in poi che si hanno numerosi documenti e notizie certe sulla diffusione e importanza della coltura, con particolare riferimento ai marroni. I secolari castagneti da frutto della zona hanno continuato, fino alla fine degli anni ’50, a costituire un’importante e insostituibile fonte alimentare e di reddito per le popolazioni locali, tanto da far meritare al castagno l’appellativo di “albero del pane”. Dopo un periodo di forte regresso di circa 30 anni, durante il quale si è assistito ad un marcato spopolamento della montagna, al cambiamento delle abitudini alimentari ed alla comparsa e diffusione del cancro corticale che ha ridotto drasticamente le superfici investite a castagneto, dagli anni ’80 si sta assistendo ad una diffusa ripresa di questo settore.
Il marrone del Mugello viene prodotto da castagni appartenenti ad una serie di ecotipi locali tutti riconducibili alla varietà Marrone Fiorentino. I castagneti, quantificabili in 3.322 Ha, sono ubicati nella fascia altimetrica che va dai 300 ai 900 m s.l.m. con densità massime di 120-160 piante ad ettaro. Durante la fase produttiva non si utilizzano fitofarmaci e fertilizzanti, così come per la conservazione del prodotto non si utilizzano trattamenti chimici e additivi ma, al fine di migliorare la conservabilità, si possono curare i frutti con un bagno in acqua fredda che può essere preceduto da uno in acqua calda. Il marrone del Mugello fresco in guscio è caratterizzato da una pezzatura medio-grossa (non più di 80 frutti/Kg), forma prevalentemente ellissoidale, apice poco pronunciato con presenza di tomento, di norma una faccia laterale tendenzialmente piatta e l’altra marcatamente convessa, la cicatrice alla base è di forma rettangolare generalmente piatta e di colore più chiaro rispetto al pericarpo. Il pericarpo, che è facilmente distaccabile dall’episperma, è sottile, di colore bruno rossiccio con striature scure in senso meridiano in numero variabile da 25 a 30. Il seme, di norma uno per frutto, si presenta di polpa bianca, croccante e di gradevole sapore dolce con superficie quasi priva di solcature. La qualità e la notorietà raggiunge il massimo con il “Marron Buono di Marradi”, molto apprezzate anche le varietà italiane: Carpinese, Fragonese, Cecio, Montanina e Reggiolana.

Area di produzione
La zona di produzione ricopre parte del territorio della provincia di Firenze, corrispondente a parte della zona del Mugello, comprendente per intero il territorio dei comuni di Dicomano, Marradi, Palazzuolo sul Senio e parte del territorio dei Comuni di Borgo Lorenzo, Firenzuola, Londa, Rufina, Godenzo, Scarperia e Vicchio di Mugello.

 


Farina di Neccio della Garfagnana DOP

Descrizione del prodotto e cenni storici
Il vocabolo “neccio” nella zona della Garfagnana assume il significato di “castagno” ed ha origini molto antiche. La coltivazione del castagno da frutto in Garfagnana ha inizio intorno all’anno mille quando, per far fronte al crescente incremento demografico, si misero a coltura vaste aree incolte e si ebbe così l’affermarsi del castagno, l’albero del pane. La coltura del castagno in lucchesia andò sempre più diffondendosi, grazie anche all’innesto delle cultivar più idonee alla produzione di farina, tanto che in Garfagnana ben presto il suo frutto divenne fonte principale di sostentamento per la popolazione.
L’essiccazione delle castagne è storicamente fatta nei metati cioè in strutture atte a contenere le castagne per l’essiccazione. A noi oggi i metati sono pervenuti come costruzioni in muratura, generalmente sparsi nei castagneti, di ampiezza variabile, a metà altezza divisi da un solaio a stecche di legno poste una vicino all’altra, il “canniccio”, sopra il quale vengono stese le castagne. Sotto si fa un fuoco leggero, senza fiamma, con ciocchi di castagno; il fumo salendo attraverso le castagne le asciuga lentamente, per circa 40 giorni, rendendole pronte per la sgusciatura e la macinatura. Nella sola Garfagnana sino agli anni ’50 i metati erano più di 7000, mentre i mulini, per la macinatura delle castagne secche, circa 250.
La coltivazione del castagno in Garfagnana interessa circa 5000 Ha, nella fasce altimetriche che vanno dal fondovalle fino a 900 m s.l.m., su terreni acidi o subacidi, utilizzando le seguenti varietà: Carpinese, Pontecosi, Mazzangaia, Pelosora, Rossola, Verdora, Nerona e Capannaccia; tutte varietà adatte ad essere trasformate in farina, conferendogli, ognuna di esse, particolari caratteristiche di sapore e gusto. La produzione massima ammessa è di 3500 Kg ad ettaro.
La Farina di Neccio della Garfagnana si presenta finissima al tatto e al palato, di colore variabile dal bianco all’avorio scuro e con odore tipico delle castagne. Tra le ricette tipiche troviamo infatti la polenta di farina di neccio, i manafregoli (farina di neccio cotta con il latte), il castagnaccio (pizza al forno ottenuta con farina di neccio, olio, noci e pinoli) e, per concludere, quello che potremmo definire il pane della Garfagnana che prende, appunto, il nome di “neccio” ed è prodotto con farina, acqua e sale.

Area di produzione

La zona di produzione comprende le aree dei Comuni della provincia di Lucca di seguito elencati: Castelnuovo di Garfagnana, Castiglione Garfagnana, Pieve Fosciana, San Romano di Garfagnana, Sillano, Piazza al Serchio, Minucciano, Camporgiano, Careggine, Fosciandora, Giuncugnano, Molazzana, Vergemoli, Vagli, Villa Collemandina, Gallicano, Borgo a Mozzano, Barga, Coreglia Antelminelli, Fabbriche di Vallico, Bagni di Lucca.

 




Pinolo del Parco di Migliarino-San Rossore

Categoria:
Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati;

Denominazione del Prodotto:
Pinolo del Parco di Migliarino-San Rossore

 

 

Descrizione sintetica del prodotto:
Il pinolo del Parco ha forma ovoidale non molto allungata; il guscio è di colore marrone scuro, il seme di colore bianco sporco. Si ottiene da pini della macchia mediterranea, di qui il sapore resinoso e il profumo molto intenso.

Territorio interessato alla produzione:
Parco di Migliarino San Rossore, provincia di Pisa.

Produzione in atto:
(scomparso/a rischio/attivo) attivo

Descrizione dei processi di lavorazione:
Dopo la raccolta le pine vengono distese su teli su cui vengono lasciate per circa sette mesi per permetterne l’apertura. Dopo la separazione dei pinoli dalle pine, quelli migliori vengono immersi in acqua per eliminare la polvere marrone del guscio e poi sottoposti a un trattamento termico. I pinoli vengono schiacciati e separati dai gusci per decantazione, all’interno di una vasca di acqua. Successivamente vengono posti in un essiccatoio in cui si raggiungono le temperature di 90°C. Terminata questa operazione, viene tolta la nocella.

Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione:

    * Teli su cui poggiano le pine
    * Macchina per la separazione dei pinoli dalle pine
    * Macchina per la schiacciatura dei pinoli
    * Vasca per la separazione dei pinoli dal guscio
    * Essiccatoio
    * Macchina per la separazione della nocella dal seme
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive:
La tradizionalità e qualità del pinolo del Parco è data dalla materia prima che si ottiene da pini della macchia mediterranea cui si deve il sapore resinoso e l’odore intenso, nonché dalle modalità di lavorazione che prevedono l’utilizzo di macchine molto antiche e di locali tradizionali. Altri elementi di tipicità sono dovuti sia alla modalità di essiccazione delle pine, che vengono distese all’aria aperta per circa sette mesi, sia alla particolare manualità delle persone che eseguono la setacciatura finale. I pinoli vengono utilizzati per fare la “torta co’ bischeri”, il pesto alla genovese, la torta della nonna, i tortelloni rustici, il castagnaccio. Si producono da oltre cento anni.

Produzione:
Nel Parco di Migliarino San Rossore, a cavallo tra le province di Pisa e Lucca, un’azienda di trasformazione commercializza annualmente 1500 quintali di pinoli.Questa produzione tipica partecipa a tutte le manifestazioni e agli eventi legati alla promozione del Parco di San Rossore.È disponibile anche un libro dal titolo “Le pinete e la produzione dei pinoli dal passato ai giorni nostri nel territorio del Parco di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli”, di Peruzzi, Cherubini, Gorreri e Cavalli, edito dall’Ente Parco. La produzione viene venduta interamente in Toscana.


Noce aretina

Categoria:
Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati;

Denominazione del Prodotto:
Noce aretina

Descrizione sintetica del prodotto:
La noce aretina è molto gustosa, ricca di lipidi, ferro e altri sali minerali.

Territorio interessato alla produzione:
Provincia di Arezzo.

Produzione in atto:
(scomparso/a rischio/attivo) attivo

Descrizione dei processi di lavorazione:
La raccolta è effettuata in parte a mano e in parte per mezzo di apposite macchine. Le noci vengono portate nei locali di lavorazione per liberarle dei malli e disidratarle negli essiccatoi. Successivamente vengono depositate in appositi locali per la conservazione.

Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione:

    * Macchine raccoglitrici
    * Essiccatoi
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive:
La coltura del noce da frutto è attiva da alcuni secoli. La tecnica colturale è pressoché immutata rispetto a quella originaria. Le particolari condizioni pedoclimatiche conferiscono al prodotto una particolare sapidità.

Produzione:
Sono soltanto due i produttori di noce aretina a Montevarchi (località Borro al Quercio) e Pian di Scò. La quantità che ne producono si aggira intorno ai 150 quintali annui, destinati tutti alla vendita diretta.

 


Fagiolo zolfino

Categoria:
Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati;

Denominazione del Prodotto:
Fagiolo zolfino

Descrizione sintetica del prodotto:
Fagiolo piccolo, tondo, di colore giallo pallido con ilo bianco, buccia molto fine e di facile cottura.

Territorio interessato alla produzione:
Valdarno aretino e fiorentino, Pratomagno; province di Arezzo e Firenze.

Produzione in atto:
(scomparso/a rischio/attivo) attivo

Descrizione dei processi di lavorazione:
Si semina generalmente a fine aprile. La pianta è ad accrescimento determinato, oppure semideterminato, ma in questi casi l’abbozzo di tralcio di solito viene sfalciato. È stato rinvenuto anche un ecotipo ad accrescimento indeterminato. È un fagiolo che si adatta bene anche a terreni poco fertili, pur con produttività più bassa se confrontata con altri fagioli come il cannellino o altre varietà tipiche della zona, come il coco bianco. Nella fase di allegagione risente del clima con alte temperature, è piuttosto resistente alle comuni patologie della specie, ma è facilmente attaccato dal ragnetto giallo. Generalmente questa varietà produce due palchi di fagioli, di cui il primo è quello più produttivo. I fagioli presentano un ilo bianco e a maturazione assumono una colorazione giallo pallido che, a seconda dell’ecotipo, è più o meno intensa.

Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive:
È un fagiolo di facile cottura per la presenza di epidermide molto sottile ed è molto ricercato sul mercato per il sapore particolarmente delicato che lo caratterizza. Per la produzione di seme vengono scelte le piante più belle. I semi vengono lasciati seccare sulla pianta e ulteriormente asciugati prima di essere conservati.

Produzione:
In tutto il Pratomagno ed il Valdarno le aziende che producono fagiolo zolfino sono circa 80, 6 delle quali sono aziende certificate biologiche. La produzione annua è di circa 500 quintali, la maggior parte destinati alla vendita diretta nelle diverse aziende, in minore quantità nei mercati locali e nel resto della Toscana.

 

Fagiolo di Sorana

Zona Tipica di Produzione
Comune Pescia (PT)

Areale di produzione del FAGIOLO DI SORANA IGP.
Consorzio di tutela: Associazione dei piccoli produttori Fagioli Onlus “Il Ghiareto”.
L’area di produzione si estende per circa 660 Ha e comprende parte del territorio del Comune di Pescia (Pistoia), ricadente nei versanti orientale e occidentale del torrente Pescia di Pontito.

Area di Diffusione
Viene coltivato in località Sorana nel comune di Pescia.

Luogo di conservazione / riproduzione
1. Associazione Piccoli Produttori Il Ghiareto
Via del Pozzo, 2
Sorana
51010 – Pescia (PT)
Tel.: 0572, Fax: 407055
Attività: Tutela del Fagiolo di Sorana IGP

Caratteristiche agronomiche
La popolazione si semina nel periodo maggio-giugno e necessità di sostegni.
· EPOCA DI SEMINA: Maggio-Giugno .
· TIPO DI SEMINA (postarella, buchetta, fila):postarella
· DISTANZA DI IMPIANTO:1,0×0,20 m
· EPOCA DI FIORITURA :Giugno
· DURATA DELLA PRODUZIONE:1 mese
· CONSERVAZIONE DEL SEME: 3-4 anni
· GERMINABILITA’ DEL SEME: 88%
· SUSCETTIBILITA’ O RESISTENZA A FITOPATIE: non presenta particolari suscettibilità

 

Cece Piccolo del Valdarno

Cenni Storici
Il cece è un’antichissima coltura, nota ai greci forse già in epoca omerica ed ai popoli italici da tempo immemorabile; alla fine dell’era repubblicana era il comune nutrimento dei poveri per l’alto contenuto in amido e proteine del seme. In Italia (come nella maggior parte del Mediterraneo centrale ed occidentale) non vive allo stato spontaneo. L’origine viene supposta per selezione da una specie della regione egeo-anatolica, oppure per ibridazione di due specie dalla stessa area (Pignatti, 1982).

Tesi (1987) indica più precisamente come centro di origine per le cv a seme piccolo, l’Asia sud occidentale, mentre il bacino del Mediterraneo per quelle a maggiori dimensioni.
Data la facilità con cui il cece nelle zone vocate può essere riprodotto e la sua alta conservabilità come semente, questa coltura è piuttosto diffusa con cv tradizionali locali anche in varie zone della Toscana, sebbene con superfici di coltivazione esigue a livello di singola azienda.

Il Cece Piccolo del Valdarno o Cece Piccolo Aretino, si distingue dal Cece rosa di Reggello e dal Cece del Pratomagno, anche se hanno caratteristiche comuni: il Cece rosa di Reggello è di taglia leggermente maggiore del Cece Piccolo Aretino e sembre tenere peggio la cottura ed essere meno saporito e con buccia più spessa. La varietà che si coltiva sul versante fiorentino del Pratomagno (Cece del Pratomagno) ha invece dei riflessi rossastri. L’esistenza di cv a seme rosso è confermata anche in un antico catalogo di sementi (Valerio Agostino, 1884 : 10), dove si distingue fra semente di “Cece nostrale” e “Cece nostrale rosso”.

Zona Tipica di Produzione
Provincia AR
Provincia FI
Provincia SI

Area di Diffusione
Viene coltivato nei pianetti collinari del Valdarno aretino.
Altro territorio interessato alla produzione, oltre alla provincia di Arezzo, sembra essere anche quella di Firenze e Siena (Chianti e Mugello).

Caratteristiche agronomiche
Tradizionalmente coltivato nelle terre poco fertili delle regioni meridionali, oggi la scarsa concimazione di questo cece è fondamentale per ottenere semi di piccole dimensioni e a buccia sottile.
Il seme impiegato ad ettaro è circa 70-80 kg per 1000 mq.
Bebeficia di zappature in post-emergenza (a circa 20 giorni dalla nascita)
La coltura nel suo ambiente non necessita né di interventi irrigui, né fitosanitari di nessun genere.
La produttività è intorno a 8-10 qli/ha.
Cece Piccolo del Valdarno

Utilizzazione del prodotto

Uso: prevalentemente alimentare
Si adatta a tutte le preparazioni: intero lessato, da solo o in zuppe, condito con olio crudo o fritto con rosmarino o aglio e peperoncino, nella tipica ricetta “pasta e ceci”, sfarinato come ingrediente base per polpettine o la pastella della famosa e gustosa cecina.

I ceci torrefatti e macinati costituivano anche un surrogato del caffè (Traverso e Pirotta, 1926), mentre in campo zootecnico per l’abbondante apparato fogliare (20-30 qli/ha) veniva utilizzato come erbaio, in purezza o consociato con orzo, da falciare a primavera inoltrata (Tassinari, 1968), e la paglia come mediocre mangime o come lettiera.

In particolare il Cece Piccolo Aretino ha buccia abbastanza sottile, sebbene leggermente consistente, polpa tenera piuttosto saporita, ha una colorazione più accentuata di altre cv commerciali e tiene bene la cottura, che tuttavia avviene piuttosto velocemente, adattandosi particolarmente per questo ad un consumo del seme intero.

Descrizione Morfologica

· FORMA DI CRESCITA DELLA PIANTA: determinata
· PORTAMENTO: piccolo cespuglio, culmi eretti e sottili.
· ALTEZZA DELLA PIANTA: 55-60 cm circa.
· FOGLIE: composte da 11-13 segmenti, alterne, imparipennate, pelose, vellutate e vischiose per la presenza di peli ghiandolari, di colore verde smeraldo chiaro ( quando la coltura è in pieno rigoglio vegetativo stacca caratteristicamente dagli altri toni di verde della campagna aretina), lunga 4,5 – 4,7 cm.
· EPOCA DI SEMINA: fine aprile-inizio di maggio.
· TIPO DI SEMINA: in pieno campo a fila continua con zappatura di rincalzo in post-emergenza.
· DISTANZA DI SEMINA: 5-6 cm sulla fila, 50-60 cm di interfila.
· INFIORESCENZA: fiori isolati o a due a due.
· FIORI: papiglionacei, tra 0.8 e 0.9 cm di lunghezza. Brattee fiorali piccole. Colore bianco.
· IMPOLLINAZIONE: specie autogama soggetta ad un certo grado di incrocio ad opera degli insetti.
· EPOCA DI FIORITURA: metà di giugno.
· FRUTTO: 58-75 legumi per pianta. Il baccello, dritto, corto, gonfio e senza strozzature, contiene 1, al massimo 2 semi e raggiunge i 2-2,5 cm di lunghezza. I primi legumi sono portati a circa 20 cm da terra. La sezione trasversale è ellittica con un piccolo sperone curvo dalla parte distale, lo spessore è di 1 cm circa. La superficie è ricoperta di peluria, a tessitura rugosa, a maturità giallo oro senza striature.
· EPOCA DI MATURAZIONE DEL SEME CEROSO: metà di luglio.
· EPOCA DI MATURAZIONE DEL SEME SECCO: metà di agosto.
· PRODUZIONE SEME SECCO: contemporanea. Il prodotto viene lasciato seccare sulla pianta, che poi viene estirpata e lasciata ancora al sole su una superficie asciutta (aia). Al momento della completa essiccazione la sgranatura avviene coprendo il mucchio con un telone e passandoci sopra con il trattore.
La cv, ben adattata al suo ambiente di selezione, è risultata più produttiva di altre di provenienza esterna in prove di confronto effettuate qualche anno fa proprio nel Valdarno.
· SEME: rotondeggiante, leggermente corrugato, ocra chiaro senza colori secondari e con ilo quasi indistinto appena di colore più scuro. Il peso di 100 semi è di gr 30,6 (media di tre pesate), inferiore a quello delle cv di importazione (messicane). Le dimensioni sono di 7 X 8 mm.
· CONSERVAZIONE DEL SEME: buonissima (i semi sono difficilmente attaccati dai tonchi),anche se spesso è conservato a contatto con grani di pepe. Durata germinativa 5-6 anni.
· GERMINABILITA’ DEL SEME: molto alta (95%), sebbene un po’ lenta.
· SUSCETTIBILITA’ O RESISTENZA A FITOPATIE: soggetto con facilità ad infestazioni di cuscuta, pertanto si deve porre attenzione alla rotazione e non ripetere la coltura sullo stesso appezzamento non prima di 4 anni.

 


 
Cecina


Categoria:
Paste fresche e prodotti della panetteria, della biscotteria, della pasticceria e della confetteria;

Denominazione del Prodotto:
Cecina, calda calda

Sinonimi:
Farinata, cinque e cinque

Descrizione sintetica del prodotto:
La cecina è una torta salata molto bassa (0,5 cm) e larga che si ottiene impastando farina di ceci con acqua, sale ed olio di oliva. Ha forma rotonda e il colore giallo tipico dei ceci.È morbida all’interno e croccante all’esterno.

Territorio interessato alla produzione:
Province di Lucca, Pisa, Massa-Carrara e Livorno.

Produzione in atto:
(scomparso/a rischio/attivo) attivo

Descrizione dei processi di lavorazione:
Per la preparazione della cecina vengono impiegati farina di ceci, olio, acqua e sale. Gli ingredienti vengono amalgamati fino a ottenere un impasto abbastanza liquido che si lascia riposare dalle 4 alle 8 ore. In questa fase si forma una sostanza spumosa che va eliminata di tanto in tanto. L’impasto, a questo punto costituito da uno strato sottilissimo, viene poi versato in una particolare teglia di rame stagnato dal fondo molto spesso e fatto cuocere in forno a legna dai 30 ai 60 minuti. La produzione avviene nell’arco di tutto l’anno.

Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione:

    * Teglie di rame stagnato
    * Forno a legna
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive:
L’utilizzo della farina di ceci, del forno a legna e di teglie specifiche, conferisce a questa schiacciata un gusto e una consistenza unici. Si parla di “pan di ceci” e di cecina sin dal XIII secolo. La Cecina si può ritrovare lungo il litorale toscano, da Livorno a Massa Carrara; viene chiamata anche cinque e cinque perchè la tradizione vuole che quando si andava al forno si compravano cinque soldi di pane e cinque soldi di cecina che veniva così consumata nel panino. Sembra che l’origine della cecina in tempi lontani sia ligure, arrivata in Toscana con i commerci via terra attraverso la Lunigiana, e via mare attraverso le soste delle navi da Pisa fino a risalire l’Arno fino a Firenze dove si ritrova la “farinata fiorentina”.
Si chiama “Calda calda” a Carrara e questo nome deriva dal fatto che una volta vi erano i venditori ambulanti che andavano per la strada con una grossa teglia sotto il braccio a vendere la cecina calda al grido di “calda calda”. A Carrara la si mangia spesso dentro la focaccia, condita con del pepe. Oggi viene gustata soprattutto da sola con sale e pepe, tagliata a fette ed accompagnata da vino rosso.

Produzione:
La cecina è un prodotto diffusissimo nelle province di Massa-Carrara, Lucca, Pisa e Livorno; buona parte delle pizzerie e dei forni sono interessati a questa produzione. Il quantitativo medio annuo è stimabile in 25.000 quintali che vengono tutti commercializzati tramite vendita diretta nei forni locali. Si registra una diminuzione del consumo e della produzione durante il periodo estivo, per motivi legati al clima.

 


Fava lunga delle Cascine

Categoria:
Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati;

Denominazione del Prodotto:
Fava lunga delle Cascine

Sinonimi:
Fava delle Cascine

Descrizione sintetica del prodotto:
Baccelli lunghi fino a 30 cm con 6-8 semi teneri e dolci.

Territorio interessato alla produzione:
Area fiorentina e Valdarno aretino, province di Arezzo e Firenze.

Produzione in atto:
(scomparso/a rischio/attivo) attivo

Descrizione dei processi di lavorazione:
Prevalentemente si semina in autunno ed è una varietà molto resistente ai geli invernali. In tal caso la produzione inizia ad aprile e non subisce alcun attacco parassitario.Se seminata tardivamente (gennaio) la produzione inizia a maggio e sono necessari trattamenti contro gli afidi.Richiede un terreno buono, ma ricco di scheletro.È una varietà molto produttiva, con una produzione anche di 15 baccelli a pianta.

Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive:
È una cultivar mantenuta per la sua elevata produttività e per le caratteristiche di sapore dolce che caratterizzano il legume, che viene consumato fresco. Per la produzione del seme vengono individuate le piante con i baccelli migliori e lasciati seccare sulla pianta quelli dei primi palchi, perché presentano maggiore purezza ed energia germinativa superiore. L’abbinamento classico è con il pecorino toscano.

Produzione:
Non è stato possibile stimare la quantità effettivamente prodotta di fava lunga delle Cascine. Soltanto tre aziende in località Sant’Agata a Scarperia, località I Crocioni a Scarperia e in Via di San Vito a Firenze utilizzano sicuramente sementi autoriprodotte e in totale dedicano 2-3 ha alla coltura in questione.La produzione della fava delle Cascine nella provincia di Firenze non si esaurisce con questi produttori in quanto è una coltura molto diffusa nel territorio fiorentino, tanto che il seme (ibrido) lo si trova anche presso i consorzi e le cooperative. Il prodotto viene venduto soprattutto al Mercafir, ma non si hanno dati sull’introdotto.In provincia di Arezzo ci sono circa quattro produttori, più altri hobbisti, che producono in totale 5 quintali di fava lunga.

 

4.   pesce e pollame

Il primo prodotto animale che si incontra salendo i gradini della Piramide è il pesce, che insieme alla carne bianca si trova al quarto livello.
Il consumo di pesce, ricco di grassi omega-3, oltre ad essere un’ottima fonte di proteine animali, si è dimostrato protettivo verso le principali malattie cardiovascolari, utile per migliorare la fluidità del sangue e prevenire rischi di aritmie cardiache, ed adatto in gravidanza.
Soprattutto il pesce azzurro è ricco di omega-3, ed è quindi consigliabile consumarlo almeno 2 volte a settimana, preferibilmente fresco o surgelato. I prodotti sott’olio o affumicati sono meno consigliabili, anche perché molto salati. Anche molluschi e crostacei sono buone scelte, ma non devono sostituire il consumo dei pesci.
La carne degli animali da cortile, soprattutto polli e tacchini, meglio se ruspanti, è da preferire rispetto a quella rossa, perché contiene quantità minori di un particolare grasso che secondo gli studi tende a far aumentare il tipo peggiore di colesterolo (colesterolo LDL) .
Insomma: se si consumano prodotti animali, questi sono quelli da preferire, soprattutto il pesce.

I prodotti presenti a questo livello della piramide alimentare sono: Sarde, acciughe, pesce spada, spigola, orata e trota (in Toscana: palamita, trota fario appenninica); Pollo (in Toscana: pollo del Valdarno).

 

 
I prodotti tradizionali della Toscana

    * Palamita
    * Trota Fario Appenninica del Casentino
    * Pollo del Valdarno


Descrizone dei vari prodotti



Palamita

Categoria:
Preparazioni di pesci, molluschi e crostacei e tecniche particolari di allevamento degli stessi;

Denominazione del Prodotto:  Palamita

Descrizione sintetica del prodotto:
Il prodotto deriva dalla conservazione sott’olio dei filetti di palamita, tipo di pesce presente nel Parco dell’Arcipelago Toscano. La carne è di colore bianco rosato, consistente, si sfalda lungo le sue venature naturali.

Territorio interessato alla produzione:
La zona di produzione comprende le isole del Parco dell’Arcipelago Toscano e la costa che va da Livorno all’Argentario, la zona maggiormente vocata.

Produzione in atto:
(scomparso/a rischio/attivo) attivo

Descrizione dei processi di lavorazione:
Il pesce, che andrebbe decapitato appena pescato per mantenere chiara la carne, viene pulito e tagliato in pezzi nel formato desiderato per la conservazione, generalmente della dimensione di un carciofo o di mezzo limone (trance alte 4-5 cm). Successivamente viene lessato in acqua salata con aceto e limone, per almeno un’ora. Viene poi deliscato, lasciato scolare e asciugare bene per molte ore su un canovaccio in luogo areato, cambiando la stoffa se si inumidisce troppo.Una volta asciugato viene messo sott’olio in un recipiente di vetro ricoperto con olio extravergine di oliva, grani di pepe, alloro e peperoncino. Dopo circa una settimana assume il suo aroma ed è pronto per la degustazione. Un’altra antica preparazione era quella di disporre il pesce in scatole rettangolari che erano collocate sul braciere fino a ebollizione dell’olio (max 130°C); dopo il tappo veniva stagnato e le scatolette messe a maturare per un certo periodo.

Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive:
Il prodotto vanta origini antiche. La lavorazione e l’uso della palamita sono praticati da secoli da parte di pescatori che la consumano prevalentemente nel periodo invernale. Oggi la palamita è un prodotto ricercato, non facilmente reperibile se non presso pochi pescatori.

Produzione:
Attualmente c’è un solo produttore che ha iniziato, per passione e curiosità, a trasformare la palamita; c’è la volontà di ricostruire la filiera produttiva, dal pescatore all’azienda artigiana di trasformazione, alla commercializzazione e di valorizzare questo tipo di pesce, nonché il suo utilizzo gastronomico. È un prodotto “fatto in casa”; nella zona dell’Argentario se ne producono circa 100 kg all’anno, tutti destinati all’autoconsumo o come regalo ad una ristretta cerchia di amici e parenti.

 

Trota Fario Appenninica del Casentino

Categoria:
Preparazioni di pesci, molluschi e crostacei e tecniche particolari di allevamento degli stessi;

Denominazione del Prodotto:
Trota Fario Appenninica del Casentino

Sinonimi:
Trota reale

Descrizione sintetica del prodotto:
La trota fario ha corpo affusolato, moderatamente compresso ai lati. La pelle ha colorazione di fondo bruno-grigiastro sul dorso, con riflessi metallici dorati sui fianchi e talvolta anche sul ventre, che in genere è bianco-crema. La livrea è caratterizzata da un alternarsi sul dorso e sui fianchi di macchie rosse e rosse con bordo nero. Sono presenti nella livrea anche le macchie par, strisce di colore scuro, trasversali al corpo con funzione mimetizzante, e la macchia opercolare (localizzata nella parte posteriore della testa) di colore nero.La carne ha consistenza compatta ed è particolarmentre saporita. La pezzatura media oscilla tra i 200 e i 300 gr.

Territorio interessato alla produzione:
Casentino, provincia di Arezzo.

Produzione in atto:
(scomparso/a rischio/attivo) attivo

Descrizione dei processi di lavorazione:
Nel periodo di novembre-dicembre viene effettuata la spremitura degli esemplari riproduttori. Dopo essere state fecondate, le uova vengono incubate per i primi due mesi in vasi verticali e quindi, dopo l’embrionatura e fino alla nascita degli avanotti, in telaini o truogoli. Nella fase dell’accrescimento, che dura circa due anni, gli avanotti vengono nutriti con farine di pesce. La trota adulta viene allevata in vasche di cemento di ampie dimensioni. Non viene seguita alcuna particolare prassi igienica, tranne la pulizia delle vasche.
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione:

    * Avanotteria
    * Vasche e laghetti per l’accrescimento
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive:
La tradizionalità della trota fario è legata alla particolarità della razza e delle condizioni microclimatiche (clima e temperatura dell’acqua) nelle quali vive, nonché all’abilità manuale e alle tecniche di produzione affinate nel tempo dagli allevatori. Peculiare anche il suo sapore, insieme delicato e deciso.

Produzione:
In Casentino esiste un unico grande allevamento, la cui produzione si può quantificare in circa 25-30 quintali l’anno.

 

Pollo del Valdarno

Categoria:
Carni (e frattaglie) fresche e loro preparazione;

Denominazione del Prodotto:
Pollo del Valdarno

Sinonimi:
Valdarnese bianca o Valdarno bianca

Descrizione sintetica del prodotto:
Il pollo del Valdarno ha livrea bianca con cresta semplice, eretta nel gallo e ripiegata nella gallina, bargigli molto sviluppati di colore rosso sangue, orecchioni bianco crema, becco, tarsi e pelle gialli. I maschi impennano molto tardi (a 40-50 giorni risultano ancora nudi omerali, collo, pettorali, ventrali e coda), elemento questo che può servire a identificarne la razza. Nel gallo, la coda è a ciuffo con falciformi brevi. In 4-5 mesi, il maschio raggiunge un peso di 2-2,5 kg, la femmina di 1,5-2 kg. I muscoli delle cosce sono ben sviluppati, mentre i pettorali hanno dimensioni contenute (inferiori, ad asempio, al pollo livornese). La gallina presenta forte attitudine alla cova, ed è pertanto una mediocre produttrice di uova (dal guscio bianco). Le carni sono di qualità eccellente.

Territorio interessato alla produzione:
Valdarno aretino e fiorentino, sia a valle che nelle colline e nelle montagne circostanti; l’animale è molto rustico e resistente al clima umido tipico della zona.

Produzione in atto:
(scomparso/a rischio/attivo) attivo

Descrizione dei processi di lavorazione:
A causa dell’impiumamento tardivo, questa razza non può essere allevata in batteria, poiché le aggressioni per beccare i cannoli delle penne che spuntano possono causare la morte dei pollastri. Gli animali, perciò, vengono allevati in terreni recintati dotati di pollaietti per i più giovani, oppure completamente liberi, ma controllati per difenderli dai predatori. Necessitano mediamente di 10 mq di terreno a testa e di solito vengono allevati in zone boscose e nella macchia. Ricevono un’alimentazione mista, in buona parte fornita dal pascolo naturale (questi animali difatti sono dei forti erbivori ed insettivori): il sole e l’aria aperta favoriscono la pigmentazione della pelle.

Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione:
Il pollo del Valdarno viene prodotto prevalentemente per il consumo familiare: la maggior parte degli allevamenti conta dai 20 ai 25 animali, mentre gli allevamenti più grandi (di circa 200-300 capi) sono assai rari. La macellazione viene fatta in azienda se vi sono le strutture adeguate, oppure nei macelli comunali.

Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive:
La selezione di questa razza ha avuto inizio nel 1957, con la costituzione di un apposito gruppo avicolo con centri di selezione a Montevarchi e a Loro Ciuffenna.Si cucina tipicamente alla griglia e in umido con i “rocchi” (polpettine di sedano), ma viene utilizzato anche per tutte le altre ricette a base di pollo (lesso, arrosto etc.).

Produzione:
Nelle province di Firenze ed Arezzo ci sono una quindicina di allevatori di pollo del Valdarno, in particolare a San Giovanni Valdarno. Si può stimare una produzione di circa 6000 polli l’anno, destinati prevalentemente alla vendita diretta in zona.

 


5.  Formaggi, uova e patate

Al penultimo gradino si trovano prodotti da consumare più saltuariamente: formaggi – in particolare quelli stagionati – uova e patate.
I formaggi sono una buona fonte di calcio, utile per l’accrescimento e la formazione delle ossa. D’altro canto sono anche ricchi dei grassi saturi che fanno pendere la bilancia del rapporto tra colesterolo buono (HDL) e cattivo (LDL) verso quest’ultimo. Stesso inconveniente che si riscontra per le uova, se consumate in eccesso.
La patata è l’unica espressione del mondo vegetale a trovarsi così in alto nella piramide. Si è volutamente distinguere dagli altri vegetali perché molto ricca in amido e povera in fibre. Per questo motivo va consumata saltuariamente e non va intesa come sostituto della verdura.

I prodotti presenti a questo livello della piramide alimentare sono: Formaggi (in Toscana: pecorino toscano, pecorini a latte crudo, ricotta toscana, raveggioli) Uova. Patate (in Toscana: patata rossa di Cetica).

 

 
I prodotti tradizionali della Toscana

    * Pecorino toscano
    * Pecorini a latte crudo
    * Ricotta toscana
    * Raviggiolo
    * Patata rossa di Cetica

Descrizione dei vari prodotti

Pecorino toscano
Esistono 14 tipologie di pecorino toscano tutte di egual pregio e valore: Pecorino a crosta fiorita FI (Pecorino buccia di rospo), Pecorino a latte crudo abbucciato AR, Pecorino a latte crudo della Montagna Pistoiese PT (Pecorino di Pistoia), Pecorino a latte crudo della Provincia di Siena SI, Pecorino alle erbe aromatiche PI (Pecorino fresco verde), Pecorino del Casentino AR, Pecorino del Parco di Migliarino-San Rossore PI, Pecorino della Costa Apuana MS (Pecorino massese), Pecorino della Garfagnana e delle Colline Lucchesi LU, PI (Pecorino baccellone), Pecorino della Lunigiana MS, Pecorino delle Balze Volterrane PI (Pecorino pisano), Pecorino delle Colline senesi SI, Pecorino di Pienza stagionato in barriques SI, Pecorino stagionato in foglie di noce SI.

Riportiamo a titolo di esempio il Pecorino della Garfagnana e delle Colline Lucchesi, per le altre tipologie e per approfondimenti si rimanda alla banca dati dell’ARSIA  dei prodotti tradizionali della Toscana.
Pecorino della Garfagnana e delle Colline Lucchesi
Categoria:Formaggi;
Denominazione del Prodotto:Pecorino della Garfagnana e delle Colline Lucchesi
Sinonimi:Pecorino baccellone
Descrizione sintetica del prodotto:
Si presenta in pezzature che vanno dai 700 gr a 2 kg; le forme sono tonde, con uno spessore di circa 10 cm, di colore giallo paglierino se fresche, giallo scuro se stagionate. La pasta è salata e leggermente piccante, bianco panna se il prodotto è fresco, gialla e dura se è stagionato.
Territorio interessato alla produzione:
Si produce nelle province di Lucca e Pisa.
Produzione in atto:
(scomparso/a rischio/attivo) attivo

Descrizione dei processi di lavorazione:
Subito dopo la mungitura, il latte viene versato in una caldaia per la formazione della cagliata, riscaldato a 38°C circa e poi addizionato di caglio naturale di agnello. La cagliata viene rotta dopo circa 30 minuti, previa verifica manuale della consistenza, con uno spino di legno e la rottura viene completata con le mani. I granuli più grossi vengono impiegati per la produzione di formaggio fresco, quelli più fini per il formaggio stagionato. La cagliata viene disposta manualmente negli stampi forati, che vengono lasciati sgocciolare e capovolti di frequente sino al completo spurgo del siero. Infine, le forme vengono disposte su tavole di legno di pioppo o di castagno, in un ambiente ben areato per un ulteriore spurgo e dopo 3 ore circa sottoposte a salatura.

Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione:

    * Caldaia
    * Spino di legno per la rottura della cagliata
    * Stampi
    * Banco di lavoro
    * Assi di legno di pioppo o di castagno
    * Locale tradizionale di lavorazione
    * Cella frigorifera

Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive:
Il pecorino della Garfagnana e delle Colline Lucchesi viene prodotto seguendo ancora la tecnica tradizionale, anche se rispetto al passato è stato variato in alcuni casi il materiale degli utensili: un tempo si usavano assi di abete, attualmente sostituite da quelle di pioppo e castagno. Il nome “pecorino baccellone” è legato al fatto che, nel periodo primaverile, questo formaggio viene consumato insieme ai baccelli.

Produzione:
Il pecorino della Garfagnana e delle Colline Lucchesi viene prodotto da una cooperativa che raggruppa 40 pastori, a San Ginese, e da altri due caseifici di Pieve Fosciana e di San Romano in Garfagnana. Il quantitativo prodotto in totale si aggira intorno ai 600 quintali all’anno.In pochi realizzano il pecorino di pura pecora, i caseifici preferiscono “tagliarlo” con latte vaccino. La cooperativa raggruppa più del 90% dei pastori in Lucchesia, quasi tutti con pecore di razza massese allevate in purezza (iscritte al Libro Genealogico). Le pecore in produzione sono circa 3000 (in totale in tutta la provincia di Lucca sono circa 6000) con una produzione annua media di 100 litri di latte ciascuna.In provincia di Pisa sono rimasti soltanto 4 caseifici; in totale producono 70 quintali di pecorino.Il prodotto viene venduto a privati, a negozi locali e ad agriturismi; una parte viene destinata anche a grossisti per la commercializzazione nel resto della Toscana.
Pecorini a latte crudo

 

Pecorino a latte crudo della Montagna Pistoiese

Esistono 3 tipologie di pecorino toscano a latte crudo tutte di egual pregio e valore: Pecorino a latte crudo abbucciato AR, Pecorino a latte crudo della Montagna Pistoiese PT (Pecorino di Pistoia), Pecorino a latte crudo della Provincia di Siena SI.
Riportiamo a titolo di esempio il Pecorino a latte crudo della Montagna Pistoiese, per le altre tipologie e per approfondimenti si rimanda alla banca dati dell’ARSIA  dei prodotti tradizionali della Toscana.
Pecorino a latte crudo della Montagna Pistoiese (Pecorino di Pistoia)
Categoria:
Formaggi;
Denominazione del Prodotto:
Pecorino a latte crudo della Montagna Pistoiese
Sinonimi:Pecorino di Pistoia
Descrizione sintetica del prodotto: Si presenta in pezzature che vanno dagli 800 gr a 1,5 kg; le forme sono tonde, con diametro tra i 18 e i 20 cm e colore giallo paglierino. La pasta è salata, di colore beige e consistenza morbida.
Territorio interessato alla produzione: Provincia di Pistoia.
Produzione in atto: (scomparso/a rischio/attivo) attivo
Descrizione dei processi di lavorazione:
Il latte viene filtrato, versato in una caldaia in rame stagnato per la formazione della cagliata e riscaldato fino alla temperatura di 35-38°C; si aggiunge quindi un cucchiaio di caglio liquido che può essere sia di origine animale (stomacini di agnello), sia di origine vegetale (cardo selvatico). La cagliata viene rotta, dopo circa 20-40 minuti, con una “chiova”, e si procede alla pezzatura, con forme del diametro di 18-20 cm, e alla stufatura. La successiva salatura facilita la maturazione del formaggio e gli conferisce il suo tipico sapore. Per la stagionatura le forme vengono disposte su tavole di legno e lasciate riposare, per un periodo superiore ai 60 giorni, dopo il quale si procede al lavaggio e alla spazzolatura dei formaggi per togliere il grasso eventualmente formatosi durante la stagionatura.
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione:

    * Locale di lavorazione
    * Caldaia in rame stagnato
    * “Chiova” per la rottura della cagliata
    * Stampi del diametro di 18-20 cm
    * Assi di legno per la stagionatura
    * Locale per la stagionatura
    * Spazzole per la pulizia delle forme
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive:
La tradizionalità di questo formaggio è legata alla particolare tecnica di trasformazione, rimasta invariata nel tempo e che prevede l’utilizzo di latte crudo, di cagli di origine animale o vegetale e particolari condizioni di stagionatura. Per la qualità del latte è fondamentale la tecnica di allevamento degli ovini, basata sulla stabulazione libera con pascolo degli animali; si dice infatti che questo pecorino ha “il sapore delle essenze foraggere della Montagna Pistoiese”. Si consuma con il miele, con le pere e con il prosciutto.
Produzione:
La quantità annuale di pecorino a latte crudo è di circa 30 quintali, prodotta da alcune aziende dell’Appennino pistoiese riunite in un’associazione di allevatori. Non ci sono tendenze ad un aumento della produzione sia per la mancanza di locali adeguati (sarebbe necessario un aumento delle metrature delle stalle per l’aumento dei capi di bestiame), sia per il rischio di non riuscire a piazzare il prodotto che viene venduto per lo più in zona e solo in piccola parte nel resto della regione. I clienti sono quasi esclusivamente privati che acquistano direttamente nelle aziende.Nel corso del 2001 sono state molte le iniziative volte alla promozione e valorizzazione di questo formaggio:
s 7-8 aprile 2001: incontro sul pecorino a latte crudo al Palazzo Pretorio di Pistoia, organizzato dal CNA
s 28-29 aprile 2001: 2° Rassegna dei prodotti della pastorizia pistoiese (organizzata dalla Associazione Provinciale Allevatori, dall’Arcigola Slow Food Montagna Pistoiese, dalla Comunità montana Appennino Pistoiese)
s Convegno sui prodotti della Montagna Pistoiese svoltosi a Campo di Zorro.Sono stati organizzati dei corsi per universitari sul mantenimento delle tecniche di lavorazione dei prodotti tradizionali della Montagna Pistoiese.Per il pecorino a latte crudo della Montagna Pistoiese esiste il Presidio dell’Arcigola Slow Food, che raggruppa 20 produttori. Nella provincia di Pistoia i produttori sono in tutto 40.
Ricotta toscana

 

Ricotta di pecora grossetana
Esistono 3 tipologie di ricotta toscana tutte di egual pregio e valore: Ricotta di pecora grossetana GR, Ricotta di pecora massese MS, Ricotta di pecora pistoiese PT.

Riportiamo a titolo di esempio la Ricotta di pecora grossetana, per le altre tipologie e per approfondimenti si rimanda alla banca dati dell’ARSIA  dei prodotti tradizionali della Toscana.

Ricotta di pecora grossetana Categoria:Formaggi;
Denominazione del Prodotto: Ricotta di pecora grossetana
Descrizione sintetica del prodotto:
La ricotta di pecora grossetana ha colore bianco, consistenza cremosa e quasi spugnosa, sapore dolce e delicato, forte odore di latte. La forma è tronco-conica, le pezzature si aggirano sugli 1,3 kg.
Territorio interessato alla produzione:
Provincia di Grosseto.
Produzione in atto: (scomparso/a rischio/attivo) attivo
Descrizione dei processi di lavorazione:
Il siero viene riscaldato per fare affiorare la ricotta che viene quindi raccolta e disposta in fuscelle forate per permetterne lo sgocciolamento. Le fuscelle vengono infine disposte in cella frigorifera. Si produce da novembre a giugno.

Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione:

    * Locale di lavorazione
    * Mestolo per la raccolta della ricotta
    * Fuscelle
    * Cella frigorifera
    * Caldaia

Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive:
La tradizionalità della ricotta di pecora di Grosseto è legata alla particolare tecnica di lavorazione, rimasta invariata nel tempo, e alla qualità del latte impiegato. Si consuma da sola oppure come ingrediente di piatti dolci o salati (dolci di ricotta, tortelli, torte salate).

Produzione:
Sono due i più grossi caseifici che producono la ricotta di pecora grossetana a Manciano e a Sorano. Ci sono poi altri piccoli caseifici la cui produzione però è irrilevante. In media la quantità prodotta in un anno è di 9000 quintali; non c’è tendenza all’aumento. Alla vendita diretta è destinata solo una piccola percentuale, la maggior parte del prodotto è invece rivolta a distributori non locali che lo commercializzano nel resto della regione e dell’Italia.

 

Raviggiolo

Raviggiolo di latte vaccino del Mugello
Esistono 3 tipologie di Raviggiolo toscano tutte di egual pregio e valore: Raviggiolo di latte vaccino del Mugello FI (Raviggiolo del Mugello, Ravaggiolo), Raviggiolo di pecora pistoiese PT (Ravaggiolo, Raveggiolo), Raviggiolo di pecora senese SI (Ravaggiolo, Raveggiolo).
Riportiamo a titolo di esempio il Raviggiolo di latte vaccino del Mugello, per le altre tipologie e per approfondimenti si rimanda alla banca dati dell’ARSIA dei prodotti tradizionali della Toscana.
.Raviggiolo di latte vaccino del Mugello
Categoria: Formaggi;
Denominazione del Prodotto: Raviggiolo di latte vaccino del Mugello
Sinonimi: Raviggiolo del Mugello, Ravaggiolo
Descrizione sintetica del prodotto:
È un formaggio fresco di latte vaccino a pasta molle, privo di crosta; ha forma cilindrica ed una pezzatura di circa 1 kg. È bianco, sapore lievemente acidulo, tendente al dolce e il caratteristico odore del latte. Il prodotto viene confezionato con carta pergamena e/o vaschette termosaldate. Si produce tutto l’anno.

Territorio interessato alla produzione:
Si produce nel comune di Palazzuolo sul Senio, in provincia di Firenze.

Produzione in atto:
(scomparso/a rischio/attivo) attivo

Descrizione dei processi di lavorazione:
Al latte pastorizzato vengono inoculati i fermenti lattici termofili ed aggiunti il sale e il caglio naturale liquido (lattice di fico o stomaco di agnello essiccato). Una volta avvenuta la coagulazione, la cagliata viene rotta manualmente, trasferita direttamente negli stampi e posta in cella frigorifera a 4°C. Il formaggio viene consegnato il giorno stesso o comunque entro la mattina successiva.

Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione:

    * Impianto di pastorizzazione
    * Mastelli
    * Spino
    * Stampi
    * Cella frigorifera.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive:
La tradizionalità del prodotto è legata alla qualità del latte di vacca proveniente da allevamenti situati sull’Appennino Tosco-romagnolo, nonché al particolare metodo di lavorazione che si è preservato nel tempo.È un formaggio molto apprezzato sul mercato locale per la particolarità del gusto, che ne ha consentito la diffusione anche a livello interregionale.Il raveggiolo si consuma fresco, talvolta condito con olio extravergine di oliva e pepe. È molto utilizzato localmente per la preparazione di ravioli e dolci.
Produzione:
Dal 1961 a Palazzuolo sul Senio è presente la Cooperativa Agricola Agricoop con compiti di ritiro, trasformazione e vendita del latte e dei formaggi prodotti nel comprensorio mugellano. I produttori del raveggiolo sono circa 60, tutti soci della cooperativa. La quantità annua prodotta è di circa 350 quintali, anche se la potenzialità produttiva delle aziende potrebbe raggiungere i 1.200 quintali. La vendita avviene sia direttamente in azienda o nei negozi ed agriturismi della zona, sia nel resto d’Italia tramite grossisti e distributori.Sono molte le iniziative alle quali il raveggiolo partecipa: Mostra dell’Artigianato in aprile-maggio a Firenze; “Enologica” (dicembre) a Faenza (Ravenna); Fiera agricola mugellana (giugno) a Borgo San Lorenzo (FI); Sagra dei formaggi (luglio) a Palazzuolo sul Senio (FI); Mercatino delle erbe officinali in luglio-agosto a Casola Valsenio (RA); Festa della cooperazione (maggio) a Faenza (RA); Sagra dei prodotti tipici (ottobre) a Palazzuolo sul Senio (FI).

 

Patata rossa di Cetica

Categoria:
Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati;
Denominazione del Prodotto: Patata rossa di Cetica
Sinonimi: Patata rossa del Pratomagno, patata rossa del Casentino
Descrizione sintetica del prodotto:
La patata rossa di Cetica ha forma rotonda, globosa, abbastanza regolare. La buccia ha colore violaceo, i germogli sono profondi e di colore viola scuro. La pasta è bianca con grana molto fine.

Territorio interessato alla produzione:
Pratomagno casentinese e valdarnese sopra ai 500 m s.l.m., in particolare nel comune di Castel San Niccolò, località Cetica, provincia di Arezzo.

Produzione in atto:
(scomparso/a rischio/attivo) attivo

Descrizione dei processi di lavorazione:
La patata rossa di Cetica viene coltivata su terreni sciolti, sabbiosi, acidi, spesso ricchi di sostanza organica. Le produzioni migliori, dal punto di vista qualitativo, si ottengono nelle zone in cui sono presenti faggio e castagno. Si semina, a seconda dell’altitudine, da metà aprile fino alla fine di maggio; la maturazione è abbastanza precoce, la produzione è attualmente scarsissima. È una pianta molto resistente alla peronospora sia sul cespo che sul tubero. Il cespo è di medio sviluppo con foglie piuttosto strette; è facilmente attaccato dalla dorifora e, a causa del ridotto apparato fogliare, ne riceve forti danni.
Il tubero è facilmente soggetto a problemi di virosi. Per ovviare a tale problema è stato avviato un programma di rigenerazione di questa cultivar.

Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive:
Si hanno notizie certe della produzione di questa patata sin dai primi anni del ventennio che separa le due guerre tanto che si pensa che si tratti di una cultivar derivata dalla scozzese Red King Eduard.
Questa varietà, interessante per le caratteristiche organolettiche, si presta molto bene per essere utilizzata in stufati o gnocchi; regge molto bene la cottura ed ha un gusto molto pronunciato.

Produzione:
Sono rimasti pochi produttori di patata rossa di Cetica. È questa una varietà che dal dopoguerra ad oggi è stata progressivamente soppiantata da altre varietà più produttive provenienti dal nord Europa.
E’ in corso tuttavia un’attività di recupero e di valorizzazione del prodotto.

 

6 . salumi e dolci
La carne rossa,  i salumi e dolci vanno trattati come le cose preziose: poche, ma di qualità.

La carne, soprattutto quella rossa, è un’importante fonte di grassi saturi, dannosi per il cuore e la circolazione. Più moderazione ancora va posta nell’uso dei salumi, a causa del loro alto contenuto in sale, nemico della pressione arteriosa ed, in alcuni tipi, della quantità di grassi molto elevata. Altri elementi presenti negli insaccati sono legati al rischio di contrarre alcuni tipi di tumore. Fra i salumi, sono da preferire quelli magri, come il prosciutto e la bresaola.
Anche il modo di cucinare la carne non è esente da rischi, soprattutto per la cottura alla brace ed il fritto, che perciò andrebbero limitati.
I dolci sono da consumare con moderazione per il loro alto tenore in grassi e zuccheri, e lo sbilanciamento calorico che inducono nella dieta complessiva. I dolci, meno elaborati sono e meglio è. Meglio quelli fatti in casa o artigianali rispetto a quelli industriali. Sono da considerare dolci anche i biscotti da colazione, le merendine ed i dolciumi dei bar. E troppo dolci sono anche le bevande commerciali che perciò trovano posto in questo gradino della Piramide.
Meglio evitare rischi, dunque, e consumare questi prodotti saltuariamente, poche volte a settimana, scegliendo con cura la qualità.

I prodotti presenti a questo livello della piramide alimentare sono: Cornetto, brioche (in Toscana: schiacciata alla fiorentina) Ciambellone, crostata (in Toscana: schiacciata con l’uva, cenci); Biscotti secchi (in Toscana: zuccherini, frittelle di San Giuseppe); Bistecca fiorentina, salame, finocchiona, salsiccia (in Toscana: salame toscano, finocchiona toscana) .

 

 
I prodotti tradizionali della Toscana

    * Schiacciata alla Fiorentina
    * Schiacciata con l`uva
    * Cenci
    * Zuccherini del Mugello
    * Salame toscano
    * Finocchiona toscana


 Descrizione  dei vari prodotti

Schiacciata alla Fiorentina

Categoria:
Paste fresche e prodotti della panetteria, della biscotteria, della pasticceria e della confetteria;

Denominazione del Prodotto: Schiacciata alla Fiorentina
Descrizione sintetica del prodotto:
La schiacciata alla fiorentina è un dolce di forma rettangolare color oro internamente per la presenza di zafferano nell’impasto, mentre la superficie è bianca poiché cosparsa di zucchero a velo. Tipicamente lo zucchero viene sparso su di una maschera che lascia sulla schiacciata il disegno del Giglio di Firenze.
Territorio interessato alla produzione:
Prodotta in tutta la provincia di Firenze
Produzione in atto: (scomparso/a rischio/attivo) attivo
Descrizione dei processi di lavorazione:
Gli ingredienti base della Schiacciata alla fiorentina sono farina, latte, uova, olio, zucchero, arancia, lievito, sale e lo zafferano che conferisce il caratteristico colore. La schiacciata si trova anche in versione ripiena con panna montata, crema pasticcera o gianduia.
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione:

    * Utensili da cucina
    * Forno
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive:
Questo dolce si trova a Firenze solo nel periodo di carnevale (altro dolce tipico del Berlingaccio), è una preparazione antichissima che una volta prendeva il nome di “stiacciata unta” a causa della presenza dello strutto e dei ciccioli che venivano usati in abbondanza.
Produzione: Nel periodo di carnevale è prodotta in grosse quantità da quasi tutti i forni e le pasticcerie fiorentine.

 


Schiacciata con l`uva
Categoria: Paste fresche e prodotti della panetteria, della biscotteria, della pasticceria e della confetteria;

Descrizione sintetica del prodotto: La schiacciata con l’uva è un dolce di forma rettangolare, di colore brunastro dovuto alla copertura della pasta con acini di uva rossa da vino. Può essere composta da due diversi strati di pasta, farciti con l’uva. Ha una consistenza morbida, il sapore è quello del pane e dell’uva, dolce. Il periodo di produzione è settembre, quando matura l’uva. Le materie prime di origine locale sono l’uva, generalmente Sangiovese, e l’olio extravergine di oliva.
Territorio interessato alla produzione: Provincia di Firenze.
Produzione in atto:(scomparso/a rischio/attivo) attivo
Descrizione dei processi di lavorazione:

    * Impasto con farina tipo “0”, olio extravergine di oliva, lievito di birra e acqua, per ottenere la pasta della schiacciata
    * Stesura della pasta con le mani
    * Farcitura del primo strato con acini di uva e zucchero
    * Aggiunta di un altro strato di pasta
    * Copertura con acini e zucchero
    * Cottura in forno per 40-50 minuti, fino a quando lo zucchero inizia a caramellare.
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione:

    * Piani di lavoro
    * Teglia da forno
    * Forno
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive:
Il prodotto deve la sua tradizionalità alla particolare combinazione degli ingredienti e ai sistemi di lavorazione, rimasti invariati nel tempo. Il prodotto infatti è legato alla tradizione contadina, che ne faceva il maggior uso durante il periodo della vendemmia. La particolarità del gusto è data dall’impiego di uva rossa da vino prodotta da vitigni autoctoni e di olio extravergine toscano. La mancanza di stabilizzanti non offre lunga conservabilità al prodotto.
Produzione:
Sono oltre 100 le panetterie che, nella provincia di Firenze, producono la schiacciata con l’uva, per un quantitativo complessivo di 800-1000 quintali l’anno. La vendita avviene esclusivamente in zona, il 70% del prodotto viene venduto sfuso al banco del panificio, mentre il 30% della restante produzione viene venduta a negozi locali.La produzione si limita ai mesi di settembre e ottobre, periodo in cui alcuni paesi del fiorentino (soprattutto del Chianti) organizzano delle sagre a base di schiacciata con l’uva e vin novo.

 

Cenci

Categoria:
Paste fresche e prodotti della panetteria, della biscotteria, della pasticceria e della confetteria;
Denominazione del Prodotto: Cenci
Sinonimi: Stracci, frappole
Descrizione sintetica del prodotto:
I cenci sono dei rettangolini di pasta dolce fritta. Il nome del prodotto deriva dalla particolare forma che assume una volta cotto, cioè quella di cenci o stracci. Hanno colore dorato, consistenza croccante; sono in genere cosparsi di zucchero a velo. Il sapore è dolce, vanigliato. Vengono prodotti nel periodo del Carnevale, in gennaio e febbraio.
Territorio interessato alla produzione: Tutta la Toscana.
Produzione in atto:
(scomparso/a rischio/attivo) attivo
Descrizione dei processi di lavorazione:

    * Lavorazione manuale degli ingredienti: farina, uova, burro, latte, lievito, vino bianco. Tra gli ingredienti, non deve mancare l’olio che servirà per friggere i cenci
    * Stesura della pasta con mattarello di legno, per ottenere una pasta molto sottile
    * Taglio della pasta stesa, a strisce
    * Frittura dei cenci con olio ben caldo, fino alla doratura
    * Aggiunta di zucchero a velo o cristallizzato
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione:

    * Utensili da cucina
    * Mattarello di legno per stendere l’impasto
    * Piani di lavoro
    * Coltello per dividere la pasta in pezzetti
    * Padella per friggere
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive:
Il prodotto deve la sua tradizionalità alla particolare combinazione degli ingredienti, al sistema di lavorazione che è rimasto invariato nel tempo e alla particolare forma che ricorda quella degli stracci da cucina. Il prodotto, infatti, è legato alla tradizione contadina che ne faceva uso soprattutto nel periodo di Carnevale. Non contiene stabilizzanti per cui non si conserva molto a lungo. Viene prodotto da almeno 50 anni a partire dal periodo post-natalizio fino a febbraio, insieme ad altri dolci tipici del periodo, come frittelle di riso, frati e migliacci. I cenci si servono come dessert, accompagnati con vin santo.
Produzione:
I cenci vengono prodotti a Carnevale in tutta la Toscana sia dai panifici, sia dalle pasticcerie. La quantità prodotta si avvicina ai 200 quintali all’anno.Da due anni, a Pisa nel periodo di Carnevale, le pasticcerie stanno tentando di entrare nel Guinness dei primati con il cencio più lungo del mondo.

 

Zuccherini del Mugello
Categoria: Paste fresche e prodotti della panetteria, della biscotteria, della pasticceria e della confetteria;

Denominazione del Prodotto: Zuccherini del Mugello
Sinonimi: Zuccherini al paiolo
Descrizione sintetica del prodotto:
Gli zuccherini sono dei biscotti dolci, secchi, di forma tonda bucati nel mezzo. Sono bianchi perchè vengono immersi dopo la cottura nello zucchero fuso. Sono profumati di anice. Vengono prodotti tutto l’anno, sia a livello indistriale, dai forni della zona, sia artigianalmente (a mano) dai soci di una associazione locale.
Territorio interessato alla produzione:Si producono a Bruscoli, nel comune di Firenzuola.
Produzione in atto:(scomparso/a rischio/attivo) attivo

Descrizione dei processi di lavorazione:
Secondo la ricetta tradizionale l’impasto si prepara unendo la farina bianca, le uova fresche, lo zucchero, il burro, la buccia di limone, il latte e il lievito. Si formano delle piccole ciambelle e si fanno
cuocere in forno per mezz’ora. A parte si scioglie dello zucchero con il liquore di anice e un po’ d’acqua dentro un paiolo (per questo venivano chiamati “zuccherini al paiolo”). Cotti i biscotti si immergono nello zucchero fuso e si fanno raffreddare.

Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive:
Gli zuccherini erano dolci molto comuni nel territorio di Firenzuola: erano infatti sempre presenti a conclusione di pranzi tenuti in particolari occasioni, feste e ricorrenze, oltre che ai rinfreschi per imatrimoni. La lavorazione a mano conferisce a questi biscotti un gusto particolare, che nella produzione industriale va perduto. La ricetta degli zuccherini è tramandata oralmente da molte generazioni.

Produzione:
Il prodotto artigianale viene venduto solo in occasione di fiere, da parte del Circolo ricreativo culturale sportivo di Bruscoli, come autofinanziamento; il prodotto industriale (50 quintali all’anno) viene fatto da due forni locali che commercializzano nel negozio e vendono all’ingrosso. Gli eventi culturali da ricordare in cui vengono presentati gli zuccherini sono la “Rassegna enogastronomica mugellana” di Scarperia e la manifestazione “Dal bosco e dalla pietra” che si svolge a Firenzuola ogni anno.

 

Salame toscano
Categoria:Carni (e frattaglie) fresche e loro preparazione;
Denominazione del Prodotto:Salame toscano
Sinonimi:
Descrizione sintetica del prodotto:
È un insaccato stagionato di carne suina e spezie, di consistenza compatta, colore rosso scuro, profumo e sapore molto intensi. Le pezzature vanno dai 500 gr ai 2 kg.
Territorio interessato alla produzione:Tutta la Toscana.
Produzione in atto:(scomparso/a rischio/attivo) attivo
Descrizione dei processi di lavorazione:
Le parti magre del maiale (prosciutto, spalla, collo) vengono tritate finemente e unite al grasso ricavato dalla regione dorsale tagliato a cubetti. Si impasta il tutto con aromi (sale, pepe in grani, vino rosso, aglio e zucchero) e si insacca in budello di maiale o di manzo.La stagionatura dura dai 20 giorni ai 12 mesi a seconda delle dimensioni del salame. Dopo il quarto mese gli insaccati più grossi vengono trattati esternamente con grasso semilavorato che ne consente una stagionatura più lunga, con conseguente intensificazione del sapore. Si produce tutto l’anno.

Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione:

    * Locale per la lavorazione
    * Piano di lavoro
    * Attrezzi da taglio
    * Tritacarne
    * Insaccatrice
    * Budelli di suino e di manzo
    * Cella frigorifera e cantina per la conservazione
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive:
La tradizionalità del prodotto è legata al metodo di lavorazione, molto antico e rimasto pressoché immutato. Assai tipico è il trattamento con il grasso per i salami più grandi durante la stagionatura.
Produzione:
Il salame toscano viene prodotto in quasi tutti i salumifici della regione; si stima una produzione annua di circa 12-14.000 quintali. 

Finocchiona toscana

Categoria:Carni (e frattaglie) fresche e loro preparazione;
Denominazione del Prodotto:Finocchiona toscana
Sinonimi:Finocchina
Descrizione sintetica del prodotto:La finocchiona toscana ha la forma cilindrica tipica del salame, colore rosa e odore e sapore intenso di finocchio (da cui, appunto, il suo nome).
Territorio interessato alla produzione:Si produce in tutta la Toscana, con leggere varianti nelle varie province.
Produzione in atto:
(scomparso/a rischio/attivo) attivo
Descrizione dei processi di lavorazione:
Le carni suine selezionate vengono macinate e quindi impastate aggiungendo sale, pepe, aglio, vino rosso e semi di finocchio selvatico. Il composto viene insaccato in budelli, legato e, infine, fasciato.
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione:

    * Locale tradizionale di lavorazione
    * Attrezzi da taglio e utensili da cucina
    * Tritacarne
    * Impastatrice
    * Insaccatrice
    * Legatrice
    * Locale tradizionale di conservazione
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive:
Il prodotto deve la sua qualità al gusto particolare e alla tipica tecnica di trasformazione, rimasta sostanzialmente invariata rispetto a quella originaria. Le particolari condizioni climatiche, inoltre, influiscono sulla stagionatura del prodotto.
Produzione:Questo salume è molto diffuso in tutta la regione, soprattutto nelle province di Firenze, Siena, Prato, Pisa. Si può stimare una produzione annua di 6000-7000 quintali.

 

7. attività fisica

Le persone che adottano uno stile di vita attivo hanno meno probabilità di sviluppare malattie croniche, come quelle del cuore e della circolazione, alcuni tipi di tumore, il diabete, i problemi alle ossa, ecc. Con una vita attiva, inoltre, è più facile mantenere il peso corporeo nella norma, prevenendo l’obesità e il sovrappeso che sono importanti fattori di rischio per molte malattie.
Non importa faticare eccessivamente. È sufficiente svolgere una attività fisica a livelli moderati di intensità: già una passeggiata di 30 minuti al giorno può migliorare sia il benessere fisico che psichico. Il consiglio è quello di andare a piedi o in bicicletta anche per le attività di tutti i giorni, come recarsi al lavoro o fare la spesa. E una o due volte la settimana, almeno un’ora di attività più intensa.
8.  l’acqua 
Medici, nutrizionisti e dietisti consigliano di bere almeno uno o due litri d’acqua al giorno, perché è questa la quantità di liquidi che quotidianamente eliminiamo.
L’organismo non possiede riserve di acqua e per questo è necessario rifornire il nostro corpo bevendo tanto e mangiando frutta e verdura. Ancora più importante è bere durante e dopo l’attività fisica o nella stagione calda per reintegrare al meglio i liquidi persi.
Anche l’acqua del rubinetto va bene: costa poco, non inquina perché non ha imballaggi ed è sicura e controllata.
9. vino
Il principale ambasciatore dell’enogastronomia toscana nel mondo non trova posto sui gradini della piramide, ma al suo fianco, in quanto non è un alimento indispensabile, ma un bene “voluttuario”. Se ne consiglia un utilizzo moderato perché contiene alcol, sostanza dannosa sotto molti punti di vista. Gli uomini adulti e sani non dovrebbero superare i due bicchieri di vino al giorno e le donne uno, perché sono più sensibili ai danni dell’alcol. Meglio consumarlo in occasione dei pasti. E mai berne da bambini, in gravidanza, prima di mettersi alla guida di un veicolo o in occasione di lavori rischiosi o durante trattamenti con farmaci che agiscono sul sistema nervoso.
Con tutte queste attenzioni può far parte della nostra dieta perché ha anche qualità protettive per la salute, soprattutto per le malattie cardiovascolari. E poi è parte integrante della nostra identità culturale.

Comunque, chi non ha l’abitudine di bere vino, non dovrebbe essere incoraggiato ad iniziare a consumarlo.





Alcuni approfondimenti


Filiere ( cosa si intende per filiera e filiera corta)

Per filiera s’intende tutto il percorso che determina la realizzazione di un prodotto, quello che, nel caso del cibo, succede “dalla terra alla tavola”, dalle materie prime a quello che mangiamo. È un processo che vede coinvolti tutti i protagonisti della catena produttiva: dall’azienda agricola all’industria di trasformazione, dai trasportatori ai distributori, dai commercianti all’ingrosso e al dettaglio, fino al consumatore. Perché si realizzi un prodotto di qualità, sicuro per la salute, che garantisca sulla sua provenienza, occorre che tutti passaggi della filiera siano riconoscibili: ed è questo uno degli obiettivi principali dell’agricoltura toscana.
Per tutte le principali filiere del comparto agroalimentare, a partire da quelle più affermate (vino, olio, vivaismo) è fondamentale realizzare sinergie tra tutti i soggetti sia perché ciascun passaggio confermi ed anzi alimenti la ‘toscanità’ del prodotto, il suo aderire a caratteristiche speciali di qualità e di tipicità, sia per sostenere l’offerta: una filiera capace di tenere insieme una produzione distribuita in un vastissimo tessuto di aziende si conquista una presenza più forte sui mercati.
La Regione Toscana, specie con il suo nuovo Piano di sviluppo rurale, sostiene gli accordi di filiera. Non solo: prima in Italia, la Toscana, lavora anche su un altro piano, quello dell’accorciamento dei passaggi tra il prodotto e il consumatore: è la cosiddetta filiera corta. La rete della distribuzione diretta, varata dalla giunta regionale nel 2007, è lo strumento con cui saranno coordinate e potenziate tutte quelle iniziative che permettano un rapporto più diretto, sul territorio, tra chi produce e chi consuma e per allargare le opportunità di immissione sul mercato delle produzioni locali creando nuove sinergie tra agricoltori, ristoratori, commercianti e consumatori organizzati.
Tra le forme di distribuzione diretta, in primo piano il mercatale, cioè il mercato contadino di qualità, in cui si vendono prodotti di stagione, oltre a olio, vino, marmellate, formaggi e altre tipicità. Attualmente in Toscana esistono una quindicina di esperienze di questo tipo che raddoppieranno entro il 2008. Ma accanto ai mercatali la Regione stimola anche la nascita di spacci locali, cioè di veri e propri negozi gestiti in forma associata da imprenditori agricoli (ne nasceranno tredici nel 2008) e promuove iniziative di trasparenza come l’etichetta ‘prezzo chiaro’ che definirà le quote destinate al produttore e ai vari eventuali passaggi (trasformatore, distributore).

ottobre 22, 2012autore Angelo Vigliotti
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Divulgazione scientifica

Consigli per l’allergia alimentare

Consigli per una dieta  a basso tenore di allergeni alimentari

Uno stile di vita alimentare sano prevede una corretta alimentazione.  Oggi le cause di intossicazioni sono molteplici e molti alimenti sono veicoli di sostanze dannose.
Considerando che l’allergia è in aumento e il cibo è un punto centrale, quasi un crocevia per problemi di tipo immunitario, endocrinologico e del sistema nervoso e dell’apparato digerente,  si comprende come è importante sia per brevi periodi che per lunghi periodi a secondo il consiglio e la supervisione del pediatra curare la propria alimentazione evitando cibi che influenzano l’istamina direttamente o indirettamente: istamina che nel soggetto allergico è sempre in  eccesso. Ovviamente nel soggetto allergico a specifici alimenti, questi alimenti non vanno mangiati.

E’ opportuno evitare:

1.    alimenti che contendono due sostanze particolari: tiramina e fenilentiamina. Queste due sostanze liberano istamina che nei soggetti allergici può dare un aggravamento dei sintomi già preesistenti e   complicazioni particolari tra cui  le più frequenti: cefalea, dolori addominali, artralgia, prurito, orticaria, astenia,irritabilità, iperattività:  vino rosso, cioccolato, pesce  (molluschi, crostacei, tonno, sarde,aringhe, sgombro), salumi, noci e nocciole, fragole, un po’ tutti i formaggi ma soprattutto   alcuni tipi di  formaggi stagionati ( provola, scamorza,caciocavallo, provolone, pecorino) e altri ricchi di tiramina (emmenthal, brie, camembert, parmigiano), albume, legumi (lenticchie), ananas, coca –cola.


2.    alimenti ricchi di salicilati (  con possibile scatenamento di orticaria cronica, prurito sine materia, asma):albicocche, arance, datteri, frutti di bosco, uva passa sultanina,pomodori, vino bianco, fichi, caffè, tè, aceto.

3.    alimenti ricchi di solfato di nichel ( contaminante dell’acqua): aringhe, asparagi,cacao, cavolfiore, funghi,pesche, spinaci, pomodori, nocciole e a volte lenticchie. Purtroppo il solfato di nickel è contenuto come contaminate anche in alcuni tipi di pane e in molti prodotti contenuti in sacchetto ( grissini, biscotti, patatine, noccioline ecc.)

4.    alimenti che contengono un colorante particolare  E 102 ( tartrazina )  e altri tipi di coloranti: succhi di frutta, bevande colorate,marmellate, sottoaceti, minestre in scatole. 

5.    alimenti ricchi di istamina: formaggi, cioccolato,agrumi, cibi in scatola, aringhe conservate ( l’istamina aumenta il prurito)

6.    alimenti ricchi di nitrati ( cefalea): insaccati, carne in scatola. Alimenti con  Sodio glutammato  ( sindrome del ristorante cinese)  e  solfiti ( si aggiungono nel vino come conservanti  e succhi di frutta) . Nei cereali da colazione spesso si trovano antiossidanti aggiunti: BHA, BHT  ( butil idrossi.anisolo/toluene)

 

 

esempio di   dieta ipoallergenica:

  • ·    colazione: latte di soia più orzo più fette biscottate con marmellata di fichi, o frutta di bosco. In alternativa frutta fresca  (soprattutto quella ricca di vit. C o macedonia.

  • ·   spuntino: frutta fresca ( mela , pera, banana o altri tipi frutta a cui il bambino non è allergico) o  pane e olio a tipo  bruschetta.

  • ·    pranzo:pasta, riso, o altri cereali ( primo piatto), carne bianca  ( o pesce) più verdure

  • ·    spuntino: yogurth, ricotta, formaggi freschi ( stracchino, robiola, fior di latte, caprini freschi, mozzarella di bufala, tomino, crescenza), oppure frutta fresca, oppure una tisana con malva o finocchio, oppure pane e prosciutto crudo magro.

  • ·    Cena:  piatto unico ( pasta e legumi insieme ) oppure  pasta e  verdure separate



I bambini allergici al grano nel periodo primaverile possono  sostituire il grano con farro, cous-cous, tapioca. Ricordarsi che alcune sostanze si nascondono in altri cibi ad esempio le proteine del latte vaccino si possono  trovare anche nel pesce in scatola,l’albume d’uovo  si trova nelle carni in scatola,nei condimenti per insalata; le arachidi nei prodotti a base di cioccolata. Ricordarsi che la vit. C contrasta l’istamina per cui conviene mangiare alimenti ricchi di vitamina Co prenderla come integratore. Frutta quali banana, avocado, castagna, melone, kiwi possono dare reazioni allergiche in soggetti sensibilizzati al lattice. Ricordo alcune sigle di  coloranti ( E100-E199), conservanti ( E200-E299),antiossidanti ( E300-E321), correttori di acidità ( E325-E385),addensanti e altro ( E 400-E495)


Non dimenticare di bere un litro / un litro e mezzo di acqua al giorno. Consiglio di bere un bicchiere di acqua prima del pasto e prima della cena, sempre, se possibile.

ottobre 22, 2012autore Angelo Vigliotti
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Divulgazione scientifica

Consigli per l’acidosi

Come superare l’acidosi
( principi di disintossicazione)


alcuni consigli e la tabella vengono ripresi da www.mednat.org;altri consigli i  vengono suggeriti da Fabrizio Duranti ( il circuito del benessere)
 e da ” Medicina integrata” , terapia sanum : Enderlein (1916) dott. Werthmann (2008)

 

L’acidosi è uno stato pericoloso del nostro organismo: crea stanchezza, stati infiammatori nei tessuti, sofferenza della mielina del sistema nervoso, aumento delle tossine e quindi dei radicali liberi, disbiosi intestinale con tutti problemi correlati. L’acidosi può dare le seguenti malattie ( se è lasciata fare , se non è controllata): infiammazione dell’apparato gastroenterico, gastrite, esofagite,disfunzione epato – biliare, sensazione di pienezza, stipsi cronica, malattie reumatiche, gotta, eczemi, asma cardiaca. Normalmentel’acidosi  è sottovalutata, malgrado la gravità dei disturbi che può procurare. Il livello di acidità del nostro organismo va perciò tenuto sotto controllo. L’acidosi è un disturbo diffusissimo  nel mondo sia negli  adulti che nei bambini ( nella maggioranza dei casi dovuta ad errori del comportamento alimentare, ma anche a stress e a vita sedentaria)


Il metodo migliore è il controllo dell’acidità delle urine, ( soprattutto nello squilibrio alimentare) che può essere effettuato facilmente da chiunque. Basta procurarsi in farmacia un misuratore del pH (cartina di tornasole): sono venduti sotto forma di stiks (striscioline) o di rotolini di carta speciale (più economici).  È essenziale per la salute del nostro organismo che il pH delle nostre urine non scenda sotto 7 (l’ideale sarebbe 7,3). Normalmente se l’alimentazione è equilibrata, l’acidità rientra nella norma, ma non sempre, perché le cause dell’acidificazione sono numerose:

Cause dell’acidosi

 

  1. a) l’assunzione eccessiva di alimenti acidificanti per tutti (proteine animali, cereali, legumi, zucchero, tè, caffè, alcol);
  2. b) la carenza di oligoelementi e vitamine
  3. c) le sostanze chelanti provenienti dall’inquinamento ( fumo di sigarette, agenti inquinanti presenti nell’atmosfera,materiali presenti dalle otturazioni dell’amalgama dentaria, materiali provenienti da costruzioni fatte con materiali tossici, alcuni prodotti  tossici che si formano in casa, nei mobili, nelle muffe, nei tappeti)
  4. d) la scarsità di ossigenazione nei soggetti sedentari ( scarsa attività fisica)
  5. e) un’insufficienza funzionale endocrina
  6. f) il sovraffaticamento fisico, mentale e psicologico ( stress)
  7. g) disturbi degli organi emuntori (per es. insufficienza renale)
  8. h) l’uso di farmaci di tipo chimico ( c’ è un eccesso di farmaci  soprattutto antibiotici,  usati con troppo disinvoltura nel mondo pediatrico)
  9. i) alcuni stati psicologici : pensieri ed emozioni negative (collera, preoccupazione, paura, ansia, patofobia ecc.)
  10. l) ingestione di additivi chimici, di  prodotti chimici presenti nell’acqua, assorbimento di prodotti  tossici contenuti nei prodotti sintetici, nelle  vernici,  nella  plasica, negli antiparassitari e di fertilizzanti  e pesticidi spruzzati nei prati;
  11. m) abitare vicno a centrali elettriche, nucleari, e vivere in un ambiente ( anchein casa ) in cui c’è eccessivo elettrosmog.
  12. n)  infine ci sono sorgenti interne di intossicazione come la disidratazione ( si beve poco), si mangia in modo non equilibrato tra i vari macronutrienti ( proteine, carboidrati e lipidi) e micronutrienti ( oligoelementi e vitamine)

 

Occorre agire il più possibile contro tutti questi fattori. Se il pH rimane comunque basso (sotto il 7) occorre intervenire con un deacidificante: Per un intervento saltuario bastano il bicarbonato o il citrato di sodio (normalmente si usa un cucchiaino raso di bicarbonato o colmo di citrosodina una o due volte al giorno, a metà mattino e prima di coricarsi). 
Ma, lo ripeto, occorre evitare di pensare che basti correggere l’acidità con un deacidificante: l’acidità delle urine è sintomo di uno squilibrio quasi sempre alimentare.

Bisogna quindi innanzi tutto correggere l’alimentazione con una dieta più equilibrata e modificare radicalmente lo stile di vita..
Nella tabella ( in fondo a questi consigli)   vengono fornite alcune indicazioni di sostanze acidificanti, neutre o deacidificanti,  che possono  aiutare a correggere l’alimentazione.  La strategia  e gli obiettivi da perseguire vanno  fatti insieme al pediatra, perchè alcuni alimenti che sono  anche  de-acidificanti possono dare problemi per altre cause ( intolleranza, allergia, cattiva digeribilità).Non occorre (anzi non si deve) eliminare tutte le sostanze acidificanti della prima colonna, ma solo equilibrarle con le altre, eliminando  se possibile, le più gravi (in neretto)


Premessa fisiologica

Le nostre cellule sono immerse in un liquido chiamato ” tessuto connetivo lasso“. Questo tessuto connettivo lasso è costituito da cellule connettivali di vario tipo ( fibrociti, fibroblasti,mastcellule, cellule adipose, istiociti, plamacellule ecc.) e da  una sostanza fondamentale che è un mix tra  una parte omogenea liquida e da una parte più differenziata ( collagene, elastina e fibre reticolari)  e svolge  diverse  funzioni tra cui:

  1.  nutrimento, sostegno e collegamentodei tessuti dei vari organi
  2.  nutrimento e sostegno fra cellule, muscoli, ossa, articolazioni ecc
  3.  passaggio delle sostanze nutrienti e degli ormoni ,
  4.  l’elimnazione delle scorie metaboliche
  5. la trasmissione degli impulsi nervosi 

Il tessuto connettivo lasso deve essere mantenuto il più pulito possibile e a questo provvedono gli organi emuntori  ( reni e vie urinarie, fegato e vie biliari, intestino,polmoni e pelle) che in condizioni di normalità e di efficienza lo depurano integralmente con la eliminazione dei materiali di rifiuto dell’organismo.Quando l’equilibrio acido basico è normale e regolare  il tessuto connettivo lasso passa da una condizone di gel (che contiene più tossine) a una di sol (più liquida e   più pulita). Se l’organismo non riesce a eleminare completamente gli acidosi si va incontro ad acidosi tessutale. Essendo gli acidi, irritanti richiedono grandi quantità di ossigeno e di sali minerali. Con il tempo e con  il prolungarsi dell’acidosi si  ha un quadro di infiammazione cronica, una alterazione delle difese immunitarie ( riduzione degli scambi metabolici) e  una stimolazione eccessiva del sistema simpatico.L’acidosi provoca un eccesso di adrenalina ( predominanza del simpatico – tono ) nel nostro organismo che  a sua volta può determinare dilatazione delle pupille,perdita degli enzimi digestivi,diminuzione della peristalsi (aumento della stispi;a umento della frequenza cardiaca, tendenza all’iperglicemia, tendenza alle cefalee di tipo spastico,tendenza alle carie,tendenza ai crampi,  ipercolesterolemia).

 

 

 Cosa fare?

Si pensa che a causa dell’inquinamento cronico  a cui siamo sottoposti l’organismo da solo non ce la fa ad eliminare le tossine. Quindi conviene prendere qualche precauzione e iniziare un percorso faticoso di disintossicazione. ( anche se nei primi mesi possiamo sentirci peggio).

La prima cosa da fare  è un riequilibrio del terreno e ripristino della reattività del sistema biologico( attraverso la dieta, l’alcalinizzazione,il drenaggio, una  buona respirazione cellulare, e l’eliminazione, se possibile, di blocchi e di eventuali focolai infettivi.  Più che dieta sarebbe meglio parlare di un cambiamento dello stile di vita in cui oltre all’aggiustamento alimentare, c’è una costante attività fisica e  una riduzione degli stressor. Di seguito darò qualche indicazionesu una buona e corretta alimentazione. Cercherò di essere chiaro anche se forse sarò un pò superficiale e riporterò uno schema dietetico soprattutto per i bambini, ma utile anche per una adolescente e un adulto.

a.- un pensiero positivo  va  alla frutta ( la frutta è un potente alcalinizzante)

 

 

  • alzando il ph tissutale neutralizza l’effetto delle tossine che tendono ad acidificare i nostri tessuti.

  • apporta minerali e vitamine, oligoelementi ed enzimi

  • idrata l’organismo( contiene circa il 65% di acqua , la stessa quantità contenuta nell’organismo iumano)

  • favorisce la trasformazione del connettivo da gel a sol.

 

b.- seconda cosa da fare: bere acqua  ( almeno un litro e mezzo al giorno)
conviene bere un bel bicchiere di acqua prima di iniziare a mangiare.

c.- terza cosa da fare: ristabilire un pò di ordine cronobiologico nella giornata per il nostro corpo  cioè rispettare le tre fasi: assimilazione,eliminazione, rigenerazione.

 

  • l’assimilazione avviene tra le 12 e le 20. In questa fase l’organismo raggiunge la massima capacità di nutrizione. Molto importante consumare il pasto principale in queste ore. E’ la fase più consona all’apprendimento
  • la eliminazione avviene dalle 4 deel mattino alle ore 12. Il corpo finalmeQui l’organismo attiva il sistema di detossificazione stimolando il rene e il fegato e richiamando anche le sue riserve alcaline. La cena dovrebbe essere leggera e analcolica in modo  favorire anche il metabolismo della melatonina  che regola il ciclo sonno veglia. Un buon sonno fa diminuire gli stressor e indirettamente aumenta l’alcalinazzione generale.
  • la rigenerazione avviene dalle 20 alle ore 4 del mattino Finalmente  l’organismo si libera dai residui tossici. Ecco perrchè in questa fase  l’ingestione di frutta assume un valore fondamentale ( stimola la liberazione dei residui tossici, porta alla guarigione naturale la disbiosi intestinale e attraverso il magnesio e il potassio riequilibrano il sitema in generale). Ricordo ancora che in   condizione di acidosi non solo si ha la riduzione di efficacia degli enzimi pancreatici e l’alterazione della flora batterica intestinale con il deficit di assorbimento della mucosa ma anche la diminuzione del magnesio e del potassio che il sistema sottrae  per compenso   alla componente ossea e al SNC per combattere gli effetti tossici dell’acidosi. Conviene sfruttare questa fase per lì’attività fisica e l’esercizio  della meditazione attraverso il respiro.

 

Alimenti acidificanti

Alimenti neutri

Alimenti alcalinizzanti

Alcool

Albicocche (fresca e secca)

Acqua pura non gasata

Aragosta (e crostacei in genere)

Ananas

Aglio

Avena

Arance

Alghe marine

Birra

Banane

Anguria

Burro

Cavolfiore

Broccoli

Cacao, cioccolato

Carote

Cannella

Carrube

Ciliegie

Castagna

Caseina (formaggi, ecc.)

Cipolle

Cavolo verza e rapa

Confetture con zucch. bianco

Datteri

Fagiolino

Cozze, vongole

Fagioli (freschi e secchi) e fave

Ioghurt magro

Crusca d’avena

Fichi

Indivia

Dolcificanti artificiali

Formaggio di capra

Lamponi

Formaggi

Fragole

Lenticchie

Fritti

Grano, pane e pasta integr.

Limone limetta

Gelati cremosi

Grano saraceno

Mandarini

Lardo

Latte (vaccino e caprino) intero

Mango

Liquori

Lattuga

Melassa

Maiale

Limoni

Melone

Manzo, vitello, ecc.

Melanzane

More

Oli idrogenati

Mele

Papaia

Mais e polenta

Miele

Patate dolci

Nocciole

Mirtilli

Peperoni

Noci

Olio di oliva biologici spremuti a freddo

Pesche nettarine

Piselli verdi (non i secchi)

Olio di semi biol. spremuti a freddo

Piselli mangiatutto (taccole)

Pistacchio

Patate

Pomodoro

Pollo

Pere

Pompelmo

Porro

Pesce

Prezzemolo

Prugna (fresca e secca)

Pesche

Radicchio verde e rosso

Segale

Riso (d’acqua e integrale)

Sale marino

Soia

Tacchino

Salsa di soia

Uova (la chiara)

Uova (il tuorlo)

Semi di papavero

Vino

Uva e uva passa

Senape (foglie e germogli)

Zucchero

Zucca

Topinabour

 

 

Zucchino

tabella di alimenti acidificanti, neutri e alcalinizzanti

 

La causa più comune dell’acidosi  nel bambino  – in assenza di malattie – è l’ acidosi derivante dall’ alimentazione selettiva ( eccesso di proteine, eccesso di carboidrati, non mangiare verdura e frutta, oppure alimentazione e frutta ma vita sedentaria)
Bisogna innanzitutto distinguere tra cibi acidi e acidificanti: molti cibi (e bevande) che risultano acide alla lettura con il pHmetro, nell’organismo portano invece alla formazione di sali alcalini. Questo si verifica quando nei cibi sono presenti degli acidi deboli, come quelli della frutta (citrico, malico, tartarico,…), che nella digestione vengono ossidati, formando acido carbonico, un altro acido debole che si dissocia facilmente, formando dei carbonati (per esempio carbonato di sodio, di potassio, di calcio). Per dare un esempio, un succo d’arancia commerciale può avere un pH 4,5, mentre una spremuta fresca può arrivare anche a pH 3,57. Nonsotante tali valori, sono considerati alcalinizzanti. Chiarito questo aspetto, va però detto che alcuni soggetti metabolizzano male questi acidi deboli, in particolar modo al mattino e nella stagione fredda.

 

 

Dieta anti – acida per bambini ( sotto controllo del pediatra )

Partendo da ciò che si è detto   vediamo di preparare una dieta  per correggere l’acidosi in un bambino. Di nuovo,   ricordo gli alimenti acidificanti
che sono purtroppo i più comuni nella nostra alimentazione cereali, legumi,   carni (tutte) pesci e crostacei (tutti), albume d’uovo, latte, formaggi (esclusi alcuni),  porri, cipolla, scalogno,  dolci, alcool, caffè. Tra gli alimenti alcalinizzanti ( produttori di basi) ci sono il tuorlo d’uovo, ricotta, yogurt, verdure (escluse alcune). 

 

colazione
frutta di stagione e yogurt oppure orzo con fette biscottate integrali più marmellata fatta in casa o naturale
Spuntino
frutta di stagione
Pranzo
prima bere un bichiere abbondante di acqua. Cereali integrali,( PRIMO) pesce  ( SECONDO) verdura cotta e verdura cruda ( CONTORNO)  ( cercare di consumare alimenti biologici, il consumo di carne va ridotto al massimo, e poi bisogna evitare alimenti  troppo cotti )
merenda
frutta di stagione più uno yogurt oppure frutta oleosa
cena
Prima della cena bere un abbondante bicchiere di acquariso al pomodoro più ricotta più verdure, eventualmente anche patate ( oppure riso con verdure a tipo minestrone)

Avvertenze 
la frutta va benissimo per una dieta basica alcalinizzante. Bisogna  ventualmente preferire la frutta dolce e semiacida ( anche la frutta acida comunque va bene) e nella giornata mangiare la frutta  dello stesso gruppo. Alla  frutta dolce  (appartengono: albicocca, cocomero,banane, datteri, fichi, melone, papaia, pere,prugna e uva; alla frutta semiacida: more, pesche, mirtillo, melagrana, amarene, lamponi, mele, cachi; alla frutta acida: ananas,arance,fragole,limone,mandarino,pompelmo e ribes. La frutta oleosa comprende: mandorle,nocciole,noci,pinoli, arachidi, avocado. Quando non si può mangiare la frutta dello stesso gruppo, se è possibile vanno utilizzate queste combinazioni: frutta dolce con frutta semiacida,; frutta semiacida con frutta acida; melone e anguria vanno mangiate soli come la frutta oleosa.
Al pasto di mezzogiorno si può dare il tuorlo d’uovo al posto del pesce. Alla colazione del mattino si può prendere anche un centrifugato di mele e carote ( oppure mela e carote grattuggiate).. Le verdure cotte vanno cucinate alla griglia o al vapore.

 

Aumentare l’assunzione di verdura e frutta è importante, ma lo è altrettanto la riduzione degli alimenti iperacidificanti, in primis le proteine animali, come per esempio la carne. Solo riducendo gli alimenti acidificanti e aumentando quelli alcalinizzanti è possibile ridurre o arrestare i fenomeni di impoverimento tissutale. Particolare attenzione andrà comunque posta nel valutare l’alimentazione nella sua globalità, per non incorrere in altre carenze o errori, come ad esempio l’impiego di verdure ricche di acido ossalico o l’eccessivo uso di frutta acida in soggetti sensibili. Altro sistema interessante, e dai risultati più rapidi, è l’impiego dei centrifugati. Tale soluzione apporta notevoli vantaggi, come ad esempio di non sovraccaricare l’organismo di fibre con conseguenti fastidi quali gonfiori, irritazioni del colon, flatulenza, minor assimilazione di minerali e altri importanti nutrienti.

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Esercizio respiratorio
Non può mancare tutti i giorni   per 15 – 20 minuti un utile esercizio sulla respirazione, seguendo per esempio il metodo Buteyco ( vedi la riflessione sul Dott. Buteyco che ho fatto su questo sito al link: “il cammino di luce”. La respirazione fatta per bene è una forma di meditazione perchè libera la mente da pensieri parassiti dato che rinforza solo il pensiero sul respiro. Inoltre favorisce la persitalsi addominale soprattutto perchè essendo la respirazione addominale il diaframma è coinvolto in primo piano con un massaggio diffuso agli organi interni e poi una buona respirazione oltre a dare ossigeno alle cellule porta l’attenzione sul mnostro corpo e ce lo fa considerare di più.

Combinazioni alimentari
La digestione dipende da un equilibrio enzimatico  ottimale dell’apparato digerente. Il pH della bocca è tra 6 – 7.4 e favorisce l’azione della ptialina, enzima  che è presente nella saliva ed è attiva solo in ambiente alcalino. Una buona e lenta masticazione serve non solo  come educazione al gusto e alla sensorialità ma anche come prima digestione del pasto che introduciamo. Il pH dello stomaco è 2  per la presenza di acido cloridico e per la pepsina ( enzima che contribuiscea scindere le proteine e che per essere attivata  ha bisogno di un ambiente acido); il pH dell’intestino è alcalino. I carboidrati  vengono digeriti più in ambiente alcalino o debolmente acido, al contrario le proteine vengono digerite in ambiente acido. Questo processo digestivo è alla base di una buona combinazione alimentare. E’ meglio evitare  la combinazione simultanea tra carboidrati e proteine ( pasta e carne). Combinazioni più favorevoli a una buona digeribilità  ( da consigliare soprattuto al pasto serale) è l’associazione tra proteine e verdure ( i sali minerali presenti nelle verdure favoriscono un buon assorbimento intestinale degli aminoacidi); il piatto mediterraneo unico ( pasta e verdure o con legumi);  frutta e verdure, grassi e verdure, carboidrati e grassi. Da evitare le combinazioni tra cibi proteici e grassi, più cibi proteici nello stesso pasto ( carne più formaggio, più prosciutto….). Combinazioni alimentari sbagliate comportano l’insorgenza di fenomeni fermentativi  ( aumento della flora batterica patogena) e putrefattivi ( minore capacità di resistenza alle infezioni).
Attività fisica
Il bambino è nato per camminare e non per stare fermo. Fare attività fisica permette di eliminare scorie metaboliche, migliorare l’efficienza dell’insulina, ridurre il tono simpatico ( riduzione dello stress); essa  è rilassante ( produzione maggiore di endorfine), previene la stipsi, aiuta il cuore;  è antidepressiva, avorisce una buona qualità del ritmo sonno veglia,  controlla l’eccesso di calorie e in generale migliora l’efficienza circolatoria, riduce i dolori e rinforza ossa, muscoli e articolazione.  Infine ci mette in contatto stretto con la natura ( acqua, terra, aria e fuoco). E’ necessario  fare attività fisica almeno un’pra al giorno. Non farla vuol dire non volersi bene, non amarsi,  non credere che la salute sia il primo e più grande valore. Un buono equilibrio del corpo determina una risposta mentale più pronta più efficace, e prepara a uno spirito libero e più aperto. L’attività fisca è una terapia di primo livello per l’acidosi. Insostituibile. patogena) e putrefattivi ( minore capacità di resistenza alle infezioni).

 

Terapia complementare
Come aiuto per sviluppare le potenzialità interne ( oltre allo stile di vita ) può essere utile  la terapia complementare con i rimedi omeopatici e in particolare con l’immuno – isopatia Sanum in 4 steps:

1.-  riequilibrio biochimico del terreno e ripristiono della reattività del sistema biologico ( dieta, alcalinizzazione, drenaggio, respirazione cellulare, elimazionione blocchi energetici e foci),
2.– riduzione dell’infiammazione
3.– regolazione della simbiosi microbiologica profonda
4  -riequilibrio del sistema immunitario

 

ottobre 22, 2012autore Angelo Vigliotti
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Reazioni allergiche crociate tra pollini, polveri ed alimenti

Un bambino, un ragazzo allergico deve stare attento non solo agli allergeni a cui è sensibile  ma anche ad alcuni alimenti che posssomo contenere  gli stessi antigeni dei pollini a cui  reagisce.
( da: SIPPS: società italiana di pediatria preventiva e sociale)

Molti pollini contengono antigeni che sono presenti anche iin alcuni alimenti vegetali. I soggetti allergici a quei pollini possono avere reazioni allergiche quando questi alimenti  vengono ingeriti durante la stagione della pollinazione. Queste reazioni allergiche per gli alimenti hanno carattere stagionale e si manifestano con comparsa di prurito, edema alle labbra ed al cavo orale immediatamente dopo l’ingestione degli alimenti vegetali. Questi sintomi costituiscono la sindrome orale allergica ( SOA)

Chi è allergico alle:

graminacee deve stare attento alfrumento,pomodoro,kiwi,agrumi,melone,                    anguria,pesca,ciliegia,albicocca,prugna,mandorla
parietaria  deve stare attento al    basilico, ortica,melone,ciliegia,gelso, camomilla,pistacchio e piselli.
artemisia, ambrosia (e ad altre composite) deve stare attento alla cicoria, al tarassaco           camomilla,banana,castagna,sedano,prezzemolo,carora,finocchio,pepe verde,olio di girasole, margarina, miele.
betullacee e corylacee ( betulla,nocciolo,carpinello, ontano) deve stare attento alla  mela,pera,nespola,pesca,ciliegia,albicocca,prugna,mandorla,lampone,fragola,frutta secca, kiwi, sedano, prezzemolo, carota, finocchio
acari: deve stare attento a: molluschi,gamberi, lumache
lattice deve stare attento a:lbicocca, pesca, mandorla, pera, mela, arancia, castagna, fico, melone, pomodoro, uva, patata, mango, papaya, ananas, avocado, kiwi, banana, passiflora.


POLLINI

POLLINI

Cosa sono

I pollini sono l’elemento maschile della riproduzione delle piante ed hanno il compito di fecondare l’ovulo contenuto nei fiori, così come avviene con gli spermatozoi nelle specie animali. Alcuni pollini possono essere responsabili di disturbi allergici. Essi sono prodotti dalle piante cosiddette anemofile, che affidano il loro polline al vento, in grandi quantità, perchè raggiunga i fiori di piante lontane anche decine di chilometri. Altre piante sono invece dette entomofile: il loro polline viene trasportato dagli insetti di fiore in fiore e solo in circostanze molto particolari possono dar luogo ad allergie.

 

Dove si trovano

 

I pollini hanno un diametro inferiore ai 40-50 millesimi di millimetro e sono quindi invisibili ad occhio nudo. Alcuni sono relativamente pesanti e possono essere ritrovati in un raggio di poche decine o centinaia di metri dalle piante da cui sono prodotti. Altri, trasportati dal vento, possono raggiungere grandi distanze: sono stati captati pollini capaci di produrre allergia anche su navi in navigazione a 100 Km dalla costa. I più importanti pollini allergenici provengono da piante erbacee (Graminacee, Composite, Urticacee) e da alberi (betulla, nocciolo, olivo, cipresso, carpino). La diffusione della sensibilizzazione a pollini un tempo poco rilevanti dal punto di vista allergologico (pollini “emergenti”) è legata all’introduzione accidentale di nuove specie infestanti (ad es. l’ambrosia) e all’introduzione di specie “esotiche”, per uso ornamentale in parchi e giardini.

 

Quale rischio comportano

 

Nel polline sono contenute particolari sostanze, dette antigeni, che stimolano il sistema immunitario a produrre particolari anticorpi, le immunoglobuline della classe E (IgE). L’incontro tra antigeni ed anticorpi IgE dà inizio ad una complessa serie di fenomeni che conduce alla reazione allergica. Compaiono così i sintomi propri della cosiddetta “pollinosi”: lacrimazione, prurito e arrossamento alle congiuntive, starnuti ripetuti, prurito al naso, secrezione acquosa abbondante e congestione con sensazione di naso chiuso. Frequente la cefalea frontale e la riduzione dell’olfatto. I sintomi possono scomparire rapidamente come si sono presentati, all’improvviso, ma talora persistono per buona parte della giornata. E’ caratteristica una sensazione di stanchezza e una difficoltà di concentrazione che influisce negativamente sulle prestazioni scolastiche e lavorative: il raffreddore allergico è una condizione penosa e invalidante per chi ne è affetto e non va sottovalutato. Non è infrequente che compaia anche la tosse, secca e stizzosa, spesso notturna, accompagnata da difficoltà di respiro e dai caratteristici sibili intratoracici propri dell’asma bronchiale, temibile complicanza della pollinosi. Più rari, ma non eccezionali, i sintomi alla pelle: il contatto diretto con pollini e piante che li producono può causare orticaria, con prurito, rossore e comparsa di pomfi, simili a quelli causati dalla puntura delle zanzare. Si stima che i pollinotici siano oltre il 10% della popolazione in Italia, il 15% in Europa e il 20% negli Stati Uniti. La frequenza delle malattie allergiche è raddoppiato negli ultimi 20 anni. I periodi di pollinazione variano secondo la latitudine, l’altezza sul livello del mare e le condizioni climatiche di ciascuna zona.
Nella figura 1 è riportato un esempio dell’andamento della pollinazione in diverse aree del territorio italiano. E’ quindi necessario disporre di un calendario pollinico basato su rilievi eseguiti nella specifica zona in cui il paziente allergico risiede. Orientativamente molti pollini d’albero (betulla, nocciolo, ontano, cipresso, carpino) si diffondono in aria precocemente, già alla fine di gennaio fino a marzo-aprile. I pollini di Graminacee sono presenti in aria da aprile a giugno, la Parietaria (erba vetriola), una pianta infestante della famiglia delle Urticacee, che cresce nei terreni incolti e in prossimità dei ruderi, ha un periodo di fioritura lungo, da maggio a settembre. Le Composite pollinano da fine agosto a settembre. L’olivo ha un breve periodo di pollinazione in maggio. Nell’Italia centromeridionale i pollini di olivo sono più abbondanti e presenti più a lungo. Nella figura 2 sono schematizzati i periodi di pollinazione-tipo nel Veneto. Nella figura sono indicati anche gli Acari della polvere, i cui allergeni sono presenti nelle abitazioni per tutto il tempo dell’anno.
Pur essendo chiaramente dimostrata una relazione tra la presenza di pollini aerodispersi e i sintomi correlati, non è agevole stabilire quale sia la concentrazione minima di pollini capace di causare i disturbi (soglia). Il contatto del polline con le mucose provoca infatti un’infiammazione, che rende l’organo colpito (naso, bronchi) più sensibile. Così, se ad esempio all’inizio di stagione è necessaria una concentrazione di 50 granuli pollinici per metro cubo d’aria per scatenare i sintomi di allergia, verso la fine del periodo di pollinazione possono essere sufficienti 10 granuli/m3. La lettura dei calendari pollinici non è quindi sempre semplice ed immediata. Molti pazienti allergici ai pollini vanno incontro a prurito e gonfiore delle labbra, del palato e della gola in seguito all’ingestione di alimenti vegetali che contengono antigeni simili a quelli dei pollini (antigeni crociati). Si tratta della cosiddetta Sindrome Orale Allergica (SOA) e può comparire ingerendo mele, pere, albicocche, kiwi in chi è allergico a pollini di betulla, mentre chi è sensibilizzato alle graminacee può avere brutte sorprese con il melone, l’anguria, il pomodoro e altri alimenti ancora. In tabella 1 sono riportati alcuni esempi di possibili cross-reattività tra pollini e alimenti. E’ opportuno sottolineare che la SOA si manifesta solo in una piccola percentuale dei soggetti con allergia a pollini e non coinvolge tutti insieme gli alimenti elencati.

Come si rilevano

La rilevazione viene effettuata tramite campionatori volumetrici, disposti in punti di prelievo selezionati, che aspirano l’aria in continuo trattenendo i pollini su un vetrino ricoperto di silicone. I pollini vengono poi riconosciuti al microscopio in base alle loro caratteristiche e contati, fornendo un dato giornaliero espresso in granuli/m3 d’aria aspirata. Dai dati così raccolti possono essere costruiti dei veri e propri “calendari pollinici” con l’andamento delle diverse famiglie durante l’anno. La metodica consente di riconoscere anche alcune spore fungine capaci di causare allergia (Alternaria, Epicocco, ecc.). Le notevoli variazioni delle concentrazioni dei granuli pollinici dispersi in aria da un anno all’altro rendono necessario un monitoraggio costante. La disponibilità di dati storici sull’andamento pollinico, correlata allo studio dei parametri climatici locali, consentono di elaborare modelli previsionali, utilizzabili anche in campi diversi dalla clinica, in particolare per problematiche legate alle attività agricole.

Cosa dice la legge

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)  raccomanda il monitoraggio dei pollini capaci di dare allergia dispersi in aria come parametro per la valutazione della qualità dell’aria.
.Chi controllaIn Italia esiste dal 1985 la Rete Italiana di Monitoraggio degli Allergenicoordinata dall’Associazione Italiana di Aerobiologia (A.I.A.) in collaborazione con l’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e dell’Oceano (I.S.A.0 – C.N.R.) costituita da circa 80 centri sull’intero territorio nazionale.
PrevenzioneSolo le latitudini polari o tropicali garantiscono una sufficiente protezione dai pollini trasportati dal vento. Sfuggire ai pollini è quindi piuttosto difficile e non è alla portata di tutte le tasche. E’ utile tenere i finestrini chiusi in automobile o in treno, evitare le gite in campagna, lavarsi i capelli e cambiare gli abiti dopo la permanenza all’aperto per lunghi periodi, procedere ad una periodica pulizia dei filtri degli impianti di condizionamento sia degli edifici che dei veicoli.
La prevenzione si può attuare in modo sistematico ed efficace tramite l’informazione al paziente e al medico curante riguardo al periodo di fioritura e di pollinazione delle piante cui è il paziente è allergico e fornendo regolarmente informazioni sulle concentrazioni dei pollini in aria durante la stagione. In questo modo potranno essere effettuate tempestivamente le terapie preventive o di copertura farmacologica.
I calendari pollinici sono dunque uno strumento insostituibile anche per guidare il medico nella diagnosi e nella prescrizione della terapia.
Va ricordato infine che è possibile intervenire nella scelta delle piante ornamentali nel verde pubblico e privato, scegliendo le specie con capacità allergenica assente o minima.
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Figura 1. Periodi di pollinazione ( prevalenza centro- nord Italia)Periodi di pollinazione-tipo nel Veneto.

 

La   “SINDROME ORALE ALLERGICA”   è molto frequente nei pollinosici italiani (1 su 5), e se il quadro clinico solitamente non è grave e tende a risolversi spontaneamente, talvolta induce edema della glottite e quindi gravi difficoltà respiratorie. E’ quindi importante individuare le componenti allergeniche in comune alle due entità: quella alimentare e quella respiratoria.

Il bambino allergico inoltre deve conoscere che alcuni alimenti hanno delle caratteristiche antigeniche comuni per cui se è allergico a un alimento necessita che ponga attenziona anche agli alimenti che appartengono allo stesso gruppo.

Esempi di reazioni crociate tra vari alimenti nello stesso gruppo


ANIMALI:

 

  1.       mammiferi (carne/latte): mucca, capra, maiale, coniglio, pecora
  2.       uccelli (carne/uova): pollo, oca, anitra, gallina, tacchino.   
  3.       pesci:  merluzzo, pesce gatto, sgombro, salmone, trota, sardina, tonno.   
  4.       crostacei:  aragosta, granchio, gambero, gamberetto, gambero d’acqua dolce.
  5.       molluschi: cozze, vongole, ostriche, capesante, molluschi.

 


FRUTTA:

 

  1.       cucurbitacee: melone, cocomero, melassa, popone, zucca.
  2.       rosacee: mandorla, albicocca, ciliegia, pesca, prugna, caco.
  3.       agrumi: pompelmo, limone, lime, mandarino, arancia, clementina   
  4.       noci: noce brasiliana, noce americana, nocciola, mango, pistacchio. 
  5.       fagacee: castagna, noce di faggio.

 

Possibili reazioni crociate alimenti  – alimenti

 

  •  aglio ( asparago,cipolla porro)
  • albicocca ( pesca)
  • anice ( camomilla, carota,finocchio,fico)
  • ananas ( carota Kiwi,orzo)
  • aringa( merluzzo)
  • arachidi ( fagioli lenticchie, lupini, noce, piselli, soya)
  • asparago ( aglio)
  • avena ( grano, orzo, segale)
  • avocado ( banana, castagna,kiwi, melone, nocciola,patata)
  • banana ( avocado, castagna, kiwi, melone)
  • birra ( orzo)
  • camomilla ( anice, carota)
  • carne di cavallo ( carne di asina edaino)
  • carne  di bovino ( latte
  • carota ( ananas, anice, avocado,ciliegia,cumono,kiwi, frumento, finocchio,lattuga,mela,patata,pera,prezzemolo,sedano,segale).
  • carruba ( legumi in gnere)
  • castagna ( avocado,banana,kiwi)
  • cetriolo ( cocomero, sedano)
  • ciliegia ( carota,cereali,mela,pera, sedano)
  • cipolla ( aglio,aloe,asparago,porro)
  • crostacei ( con altri crostacei e con molluschi)
  • fico ( kiwi)
  • finocchio ( anice, carota, coriandolo, prezzemolo, sedano)
  • grano ( avena, orzo, papaya, segale)
  • kiwi ( ananas,avocado,castagna fico,mela,nocciolo)
  •  latte e derivati ( carni di bovino)
  • lattuga ( carota)
  • liquirizia ( legumi)
  • mais ( pesca, riso)
  • mela ( carota,ciliegia,patata,pesca, pera, prugna, sedano)
  • melone ( avocado, banana, cetriolo, cocomero,papaya, zucchine)
  • melanzana ( peperone, pomodoro, patata)
  • miele ( sedano,veleno di imenotteri: api,calabroni, vespe)
  • molluschi ( tra di loro )
  • nocciole ( arachide, kiwi,noce, pistacchio,segale,semi di papavero,sesamo)
  • noce ( arachide, noce di cocco, pisello)
  • noce di cocco ( soya)
  • oli ( con i relativi alimenti di origine)
  • orzo (avena, frumento grano, papaya, segale)
  • papaya ( avena, grano,orzo, segale)
  • paprika ( sedano)
  • patata ( avocado,papaya,peperone,pomodoro,mela, melanzana)
  • pera ( ciliegia, mela)
  • pesca ( albicocca,ciliegia,mandorla,mela,pera,prugna).
  • pesce spada (salmone)
  • pomodoro ( melanzana, patata,peperone)
  • porro (aglio, aspoarago,cipolla)
  • prugna e susine ( albicocca,ciliegia,mandorla,pesca)
  • salmone ( pesce spada,sardina,sgombro,sogliola)
  • sedano ( anguria, anice, cetriolo,ciliegia,finocchoio,mela,pera,prezzemolo)
  • segale ( avena, frumento,grano,orzo,papaya)
  • semi e noci ( tra di loro e con i relativi oli)
  • sogliola ( salmone)
  • soya ( arachide,noce di cocco)
  • spinaci ( barbietola)
  • tarassaco (  camomilla, carciofo,girasole)
  • uovo di gallina ( carne di gallina e di pollo, uovo di oca,papera, tacchina)
  • zucca ( cetriolo,cocomero,melone)
  • zucchino ( cetriolo,cocomero,melone)

 

Avvertenza
La buccia ha maggiore antigenità della polpa in: albicocca,ciliegia,fragola,mandorla,mela,pera,pesca,prugna.
La reazione crociata non  avviene obbligatoriamente ma secondo una percentuale che varia da soggetto a soggetto e da alimento ad alimento ad esempio: tra il melone e l’anguria c’è il 90% di possibilità che avvenga una reazione crociata ma tra il grano e l’orzo si arriva al 20%  di possibilità che una reazione crociata avvenga.

Alcune associazioni tra alimenti non vanno fatte frequentemente 
perchè possono determinare reazioni allergiche


  1. le uova,i formaggi e le carni si associano bene alle verdure ma meno bene alla frutta e ai cereali.

  2. la frutta fresca è meglio consumarla da sola o in associazione alla verdura

  3. la frutta secca non è bene mescolarla con cibi proteici ( carni formaggi, uova ecc.)

  4. il latte è meglio assumerlo da solo o con amidi ( pane, cereali, biscotti)

  5. i cereali vanno bene con le verdure ma non con alimenti ricchi di proteine

  6. per i legumi vale la stessa cosa

  7. i pomodori e patate è meglio non associarli spesso al latte in combinazione con i cereali.

ottobre 22, 2012autore Angelo Vigliotti
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Alimenti ricchi di istamina, tiramina e istamino – liberatori: prevenzione e cura

da:  www.asmaallergia.it


Prevenzione per le malattie allergiche( asma, dermatite atopica, orticaria, prurito sine materia) e cefalea.

 

 

ALIMENTI RICCHI DI ISTAMINA E 
ISTAMINO-LIBERATORI

Consigli per i pazienti con iper-reattività cutanea

· Nei casi in cui è dimostrato un ruolo degli alimenti, seguire scrupolosamente la dieta consigliata.
· Tenere la pelle sempre ben lubrificata adoperando pomate emollienti (vaselina, unguento semplice o simili). Evitare pomate a base di proteine del latte.
· Sedare il prurito, se molto intenso, con preparati anti-istaminici. 
· Evitare di usare saponi e bagno schiuma (preferire i detergenti non saponi). Non giocare a lungo con l’acqua. Evitare i bagni troppo caldi. 
· Evitare il surriscaldamento che causa un aumento di sudorazione e quindi irritazione e prurito. Pertanto non vestire il bambino con abiti pesanti e tenere la temperatura ambientale a 18-19 gradi. 
· Non far indossare indumenti sintetici o di lana pura (preferire il cotone). Nei bambini piccoli non usare mutandine di plastica: cambiare spesso il pannolino. Per il lavaggio non usare detersivi biologici nè ammorbidenti: risciacquare a fondo, possibilmente con la lavatrice. Usare acqua a basso contenuto di calcare (è utile un depuratore, anche di costo non elevato). 
· Curare l’igiene e la pulizia personale. tenere le unghie sempre molto corte. 
· Evitare il contatto con alimenti di per sè irritanti come agrumi, pomodore. 
· Evitare il contatto con la polvere; eseguire tutte le misure di profilassi ambientale per la polvere di casa e gli acari. 
· Considerare l’opportunità, in casi selezionati, di un supporto psicologico.

 

ALIMENTI RICCHI DI ISTAMINA E CONTENUTO ISTAMINICO

Formaggi fermentati

1330 mcgr/gr

Bevande fermentate (vino, birra)

20 mcgr/gr

Cibo fermentato (crauti)

 

Insaccati di Maiale e Bue

160-225 mcgr/gr

Fegato di Maiale

25 mcgr/gr

Tonno, Alici, Bottarga in scatola

 

Aringhe conservate

350 mcgr/gr

Acciughe conservate

60 mcgr/gr

Sardine conservate

17 mcgr/gr

tonno conservato

6 mcgr/gr

Cibi in scatola (carni, verdure, pomodoro, spinaci)

 

Spinaci

37 mcgr/gr

Pomodori

22 mcgr/gr

Pesce surgelato

 

Pesce fresco (tonno, sardine, alici, salmone)

 

Crostacei, Frutti di mare

 

ALIMENTI ISTAMINO-LIBERATORI

Albume 
Molluschi 
Fragole 
Pomodori 
Cioccolata 
Pesce 
Ananas 
Alcool 
Fecola di Patate 
Noci, Mandorle, Arachidi, Frutta secca 
Caffè 
Lenticchie, Fave, Legumi 
Derivati delle noci di Cola

 
ottobre 22, 2012autore Angelo Vigliotti
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Alimentazione e allattamento al seno

Alimentazione e allattamento al seno

L’alimentazione al seno è l’ideale per il bambino, è un gesto d’amore  che non ha confini e la madre può dare il  suo latte al bambino completamente fino a sei mesi e poi continuare fino a un anno  con aggiunta di alimenti complementari. Non avere fretta a sospendere il latte al seno.Non utilizzare il latte vaccino prima dei dodici mesi di età. Per una buona crescita e una buona digestione del bambino  conviene seguire dei piccoli accorgimenti e superare qualche piccolo problema. Un problema potrebbe essere un attaccamento inadeguato al seno, se il bambino non prende abbastanza bene il seno lo stimola poco e probabilmente provocherà problemi e dolore alla madre. Se avete dolore forte durante la poppata bisogna ricontrollare il modo in cui il bambino si attacca al seno. Se manca  il latte materno consultare il pediatra per una eventuale aggiunta.
 
DOPPIA PESATA 
Fare la pesata prima e dopo il pasto del bambino non è raccomandabile (a meno di situazioni particolari) in quanto genera spesso ansia e timori ingiustificati sull’andamento dell’allattamento. Non è la quantità di latte a essere ingerita dal bambino ad essere importante, ma la sua crescita di peso. Per sapere che va tutto bene e che il bambino sta prendendo la quantità di latte giusta per lui/lei si possono controllare la crescita di peso e le emissioni di feci e urina. L’aumento medio di crescita settimanale del bambino va da 150 a 250 grammi a settimana ( un minimo e un massimo)
 
PIANTO 
Spesso viene detto alle neo-mamme che se il bambino piange dopo la poppata bisogna dargli un’aggiunta di qualche tipo perché vuol dire che è affamato. Nella maggior parte dei casi non è affatto così: i bambini piangono per moltissime ragioni. Se la crescita è buona il fatto che il bambino sia spesso irrequieto non significa che non stia mangiando abbastanza, probabilmente ha altri motivi di stress. Se non cresce bene e piange molto può essere necessario rivedere e migliorare la qualità e quantità dell’allattamento. 
 
IGIENE DEL SENO 
Non è necessario pulire il seno in modo speciale, basta un po’ di acqua nella normale igiene quotidiana. Soprattutto non è necessario pulire il seno prima e dopo le poppate. Sarebbe bene evitare il sapone perché secca la pelle del capezzolo. L’ideale sarebbe che la pelle del capezzolo fosse sempre morbida e asciutta. Quindi fa bene tenere il seno all’aria ed eventualmente usare un po’ di olio di mandorle per ungere una pelle troppo secca. 

FUMO 
Sarebbe bene che una donna fumatrice abbia smesso di fumare già in gravidanza. Detto questo per il figlio di una fumatrice è meglio essere allattato al seno piuttosto che non.

SVEZZAMENTO E DURATA ALLATTAMENTO 
Non vi è una durata prestabilita per l’allattamento materno, anche un solo giorno di allattamento è importante per il neonato. 
Sarebbe bene che il bambino venisse allattato esclusivamente al seno almeno per i primi sei mesi di vita, come raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, per poi continuare finchè madre e figlio lo gradiscono.  
 
Verso i sei mesi d’età in genere i bambini sono pronti per accettare qualcosa di diverso dal latte materno ed hanno bisogno di integrare la loro dieta. Ci sono bambini che incominciano lo svezzamento prima ed altri che a otto, nove mesi ancora non sono pronti. Se il bambino continua a crescere bene ed è in buona salute non ci sono motivi di preoccupazione anche se prende poco cibo.  
 
Non è necessario né raccomandabile svezzare il bambino prima di un anno d’età, si tratta piuttosto di integrare il latte materno che, da solo, non è più sufficiente. Questo non significa che il latte materno perda il suo valore  nutritivo  e di conforto per il bambino. Se lasciato fare ogni bambino sceglie il momento in cui staccarsi completamente dal seno, questo può succedere ad un anno, a due o più in là. Anche la madre può decidere che è giunto il momento di smettere e “trattare” con il bambino su questo punto. 
 
PROBLEMI AL SENO 
Il primo periodo di allattamento è quello più delicato ed è più facile che possano sorgere dei problemi e dei fastidi al seno. 
I primi giorni il capezzolo può fare abbastanza male perché non è abituato ad una suzione così forte. Il dolore, se c’è dovrebbe scomparire dopo qualche giorno, se continua ed è forte o se ci sono dei segni sul capezzolo è necessario ricontrollare il modo in cui il bambino si attacca al seno. 
 
Quando arriva la montata lattea, in genere tra il 2° e il 5° giorno (ma in alcuni casi anche più tardi) il seno può diventare molto duro e dolente. Può esserci un rialzo febbrile, che non ha significato patologico. L’importante è che si continui ad attaccare spesso il bambino, e dove non fosse possibile a tirare il latte a mano o con un tiralatte. 
 
Quando il seno è così gonfio e duro che fa male al solo sfiorarlo e si ha difficoltà a spremere il latte si può parlare di ingorgo. Per risolvere un ingorgo può essere utile applicare dei panni bagnati e caldi sul seno e massaggiarlo prima di provare a tirare il latte. La miglior prevenzione dell’ingorgo, nonché la sua cura, consiste nell’attaccare spesso il bambino al seno. 
Se il seno appare duro, arrossato e la febbre sale sopra i 38,5 C° si può parlare di mastite. La mastite si può curare con l’omeopatia o con antibiotici, l’importante è non smettere di allattare.  

 

 

ALIMENTAZIONE DELLA MADRE 

La dieta ideale per una donna che allatta sarebbe quella sana che dovrebbe avere in ogni momento della sua vita ( alimentazione di qualità, niente eccessi, equilibrio dietetico, produzione dei cibi sicura). Detto questo non è necessario che ci siano restrizioni alimentari a meno di casi particolari di intolleranza da parte della madre e del bambino.  
  Si può e si deve mangiare di tutto, al limite può essere necessario fare attenzione  su alcuni alimenti che possono dar noia ed eccitare il bambino ( sia per il sapore, che per una eventuale intolleranza digestiva).

Alimenti sconsigliati durante l’allattamento:

  1. cavolo,aglio,cipolla,asparagi,peperoni,porro,radicchio,rape,verza e spezie in gnere

  2. carni conswervate, cacciagione,cotenna, insaccati ( salame,salsiccia,biroldo ecc.), wurstel e zampone.insaccati di maial,

  3. anguille, acciuhe salate e sott’olio,mitili, molluschi, polpa di granchio,crostacei.

  4. cibi fritti,

  5. formaggi fermentati, brie, camembert, cheddar, gorgonzola,pecorino stagionato, provola affumicata

  6. lardo, maionese,panna, strutto,noce moscata,peperoncino, kectchup, curry.

  7. amaretti

  8. cioccolata e pasticceria elaborata

  9. superalcolici, vino ( non più di un bicchiere a pasto)

  10. caffè e te ( se non se ne può dfare a meno, prenderli in quantità minima)

  11. fragole,ciliege, pesche, albicocche, uva e frutta esotica, arachidi, cachi. castagne,datteri frutta sciroppata, melograno

Alimenti da consumare in quantità ridotte

  1. bietole, pomodori, spinaci

  2. alici, aringhe, salmone affumicato, sgombri, tonno, pesce spada, squalo.

  3. agrumi, ananas, papaya

  4. margarina

  5. bianco d’uovo, cacao

  6. bevande alla cola

In presenza di coliche del lattante  bisogna porre attenzione a latte e derivati, legumi, cavoli,barbabietole rosse,eccesso di frutta e cibi ricchi di lievito, birra.

Ricordo ancora:


I vantaggi dell’allattamento al seno sono di 3 tipi:  

Nutrizionali: il latte materno contiene nutrienti quantitativamente e qualitativamente ottimali per coprire come unico alimento i fabbisogni del bambino nei primi 5/6 mesi di vita favorendone la crescita e condizionando le caratteristiche fisiologiche della digestione, dell’assorbimento e del metabolismo.  
 
Protettivi: mediante il latte materno il bambino presenta migliori difese nei confronti delle infezioni da virus e batteri (infezione delle vie respiratorie superiori e inferiori, infezioni intestinali, infezioni delle vie urinarie, meningiti e sepsi), delle allergie (eczemi, asma) da alcune malattie da alterata risposta immune (diabete giovanile, morbo di Chron, retto colite ulcerosa).  
 
Psicologici: mediante l’allattamento si realizza più facilmente il rapporto madre neonato. Attaccato al seno il bambino ascolta la voce della madre, ne sente l’odore e il calore della pelle,si rilassa e la sua attività respiratoria diventa più regolare. Da canto suo la madre riceve stimolazioni somatosensoriali, avverte una profonda sensazione di benessere, si sente gratificata e realizzata. Le donne che allattano al seno hanno minore incidenza di carcinoma alla mammella, di neoplasia dell’ovaio e di osteoporosi durante la menopausa; inoltre presentano una maggiore facilità a tornare al peso pregravidico per l’alto consumo energetico  dovuto alla produzione del latte. 

 Attaccamento corretto al seno

Si può allattare in molte posizioni, per iniziare le più comode sono da sdraiate sul fianco e da seduta. 

In entrambe il bambino dovrebbe trovarsi sdraiato sul fianco con la pancia contro il corpo della madre (anche la madre dovrebbe trovare una posizione comoda e rilassata). Il capezzolo dovrebbe trovarsi all’altezza del naso del bambino in modo che quando quest’ultimo spalancherà la bocca prenderà il capezzolo dal basso verso l’alto. 

 

Il bambino si attacca al seno e non al capezzolo per cui non ha molta importanza la forma del vostro capezzolo, l’importante è che non venga preso in punta. L’ideale sarebbe di stimolare la bocca del bambino con il capezzolo per poi avvicinarlo al seno quando aprirà la bocca (come per fare uno sbadiglio) e permettergli di prendere in bocca una buona parte dell’areola. 

 

SEGNI DI ATTACCAMENTO CORRETTO 

Il naso e il mento del bambino toccano il seno. 

La mascella si muove nella suzione fino all’orecchio. 

Il ritmo della suzione all’inizio è veloce per poi rallentare e fermarsi a tratti per deglutire. 

Solo in caso di seno particolarmente abbondante è necessario allontanare lo stesso dal naso dal bambino, in tal caso potete farlo esercitando una leggera pressione sulla parte superiore del seno. 

 

QUANTITA’ DELLE POPPATE 

Negli ospedali purtroppo vige spesso la regola di portare i bambini alle madri “ad orario”, in realtà , la maggior parte dei neonati succhierebbe dal seno più volte di quelle previste dagli orari imposti: in genere un neonato dovrebbe poppare dalle 8 alle 12 volte nelle 24 ore, ma finchè cresce bene ogni bambino può trovare il suo ritmo da solo. 

 

DURATA DELLE POPPATE 

Ci sono bambini che amano poppare a lungo  e quelli che in 5 minuti hanno finito, quelli che ciucciano a brevi intervalli (anche ogni ora) e quelli che lo fanno ogni 3-4 ore, e poi ci sono i tipi “misti”. L’ideale sarebbe di lasciare al bambino la possibilità di succhiare secondo le sue esigenze, anche perché questo permette alla madre di essere sicura che il bambino prenda la quantità di latte di cui ha bisogno.  In genere la poppata non andrebbebbe protratta per oltre 15 minuti,alternando entrambi i seni.

ottobre 22, 2012autore Angelo Vigliotti
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Suggerimenti per ipercolesterolemia

Per mantenere sotto controllo il colesterolo 
l’alimentazione gioca un ruolo determinante.

Un’alimentazione equilibrata con limitato consumo di grassi di origine animale (come carne, burro, formaggi, latte intero), povera di sodio e ricca di fibre, infatti, contribuisce ad tenere sotto controllo il livello di colesterolo nel sangue. 
Ecco alcune indicazioni per una alimentazione giornaliera equilibrata che possono aiutarti a ridurre il colesterolo.
Colazione:
E’ il pasto più importante della giornata. Dovrebbe apportare  circa il 15 – 20% del fabbisogno giornaliero quotidiano. Una colazione nutrizionalmente equilibrata  comprende cereali o altre forme di carboidrati, latte parzialmente scremato oppure uno yogurt magro più frutta fresca di stagione.
spuntino:
un frutto fresco di stagione oppure uno yogurt magro.
pranzo:
prima consumare una porzione di verdure crude ( apporetano oligo elementi e acqua e bloccano parzialmente il senso di sazietà) seguita da un piatto di pasta/ riso condito con sugo di verdura o salsa di pomodoro più una porzione di proteine ( poesce o carne bianca o formaggio fresco o prosciutto)
merenda:
frutta fresca o secca ( mandorle, nocciole o noci) o una fetta di pane con marmellata, o uno yogurt magro
cena

 pasto leggero e facilmente  digeribile:  minestra in brodo vegetale o passato di verdure più  una porzione di  legumi ( lenticchie, ceci, fagioli, piselli, soia) più contorno di verdure cotte o crude più pane integrale e un frutto.
           

Accanto ad un’alimentazione equilibrata, 
un altro fattore molto importante
 è l’abitudine ad un’attività fisica regolare.

Con un’attività fisica regolare, infatti, il cuore diventa più robusto e resistente alla fatica. L’attività aerobica aumenta la richiesta di ossigeno da parte del corpo e aumenta il carico di lavoro di cuore e polmoni, rendendo cuore e circolazione più efficienti. 
Non è necessario svolgere attività intense, basta uno sforzo moderato ma regolare, come ad esempio camminare per 30 minuti al giorno.

Gli alimenti utili a ridurre il colesterolo sono i seguenti:
Pane e pasta:
·    Riso 
·    Pane tostato
·    Mais
Pesce 
·    Pesce magro
Carne
·    Prosciutto cotto (magro) 
·    Coniglio 
·    Pollo 
Condimenti
·    Olio extravergine di oliva
·    Olio di girasole
Frutta e ortaggi
·    Carciofo
·    Insalata verde
·    Patate lesse
·    Frutta fresca
Bevande:  Acqua.  Evitare bibite varie e limitare il consumo di succhi di frutta confezionati preferendo piuttosto della spremuta fresca di arancia o pompelmo. Bere un litro, un litro e mezzo di acqua al giorno e se possibile berla prima di mangiare a pranzo e a cena.
·    I pesci magri sono i seguenti: la sogliola, il nasello, il persico, il merluzzo,il dentice, la spigola, il tonno al naturale mentre lo  sgombro, il salmone, il baccalà e l’aringa  sono pesci più grassi( si possono prendere più raramente) 
·    I cibi da evitare o comunque da consumare con moderazione quando siamo in presenza di elevati livelli di colesterolo o, semplicemente, per mantenere il nostro organismo in buona salute sono: 
– burro, creme, formaggi, latte intero 
– biscotti e pasticcini 
– grassi idrogenati ( presenti in cibi fritti e lavorati ) 
– salse, pasticci di carne, pancetta, hamburger 
– caffè non filtrato 
– rognone 
– fegato 
– anatra 
– agnello 
– gamberetti 
– sardine 

 

 

In sintesi

Il cibo che si può mangiare  normalmente e con moderazione e il cibo da evitare

Alimenti

Vietati

Permessi

Quante volte la settimana

Latte e Yogurt

Latte intero, yogurt intero,alla frutta,panna , crema allo yogurt

Latte parzialmente scremato e totalmente scremato, yogurt magro o alla frutta ( 0,1% di grasso)

Tutti i giorni

Formaggi

Formaggi stagionati tipo groviera,gorgonzola,fontina,formaggi fusi,sottilette, pecorino, grana

Formaggi freschi tipo ricotta vaccina, mozzarella, crescenza, fiocchi di latte

Una volta,( non più di 50 grammi per porzione)

carni

Carne cucinata con abbondante condimento, evitare la carne grassa (anatra e le frattaglie)

Tutti i tipi di carne magra

Tre volte la settimana

Pesce

pesce conservato sott’olio, moderare il consumo di molluschi e crostacei (vongole, cozze e gamberi)

Freschi e surgelati( sogliola, merluzzo, trota,dentice, orata, tonno al naturale)

2- 4 volte

Salumi

Salame, mortadella, coppa , pancetta

Prosciutto crudo magro,prosciutto cotto magro, bresaola, speck magro

1-2 volte

Uova

Uova fritte

Uova sode o alla coque o in frittata cotta senza condimento. L’albume è rivo di colesterolo

1-2

Condimenti

Burro, lardo,strutto, margarina animale,olio di semi vari

Olio extravergine, olio di mais,olio di soia,

quantità moderate

Pane

Fette biscottate,grissini, crackers, pane condito

Pane comune, pane integrale,grissini all’acqua

Tutii i giorni (moderatamente)

Patate

Patate fritte

Patate lessate, patate al forno, purea di patate

 

Legumi

Nessuno

tutti

 

Pasta

Evitare il condimento ricco

Pasta la pomodoro, riso alle verdure, risotto allo zafferano,pasta o riso in brodo vegetale

Tutti i giorni

Tortellini, ravioli, cannelloni ecc.

tutti

nessuno

 

 I dolci  non vanno mangiati ad eccezione dei dolci fatti in casa ma con moderazione.

ottobre 22, 2012autore Angelo Vigliotti
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Vomito e/o diarrea

Vomito e/o diarrea

In caso di vomito o diarrea mantenere una dieta semplice con alimenti poco elaborati e molto digeribili per alcuni giorni. Alimentare un bambino affetto da diarrea lo rende più felice e la gioia di essere accudito rende il bambino più pronto alla guarigione( si abbrevia il corso della malattia), all’opposto di ciò che capita se il bambino resta a digiuno. E’ necessario  soltanto prendere alcune precauzioni  e  fare un pò di attenzione: 

Nei primi due giorni:  bere molto, latte antidiarroico, riso, qualche bevanda zuccherata come il te deteinato o la camomilla)

Si raccomandano  poi per  altri  7-10  giorni  i seguenti alimenti

( compatibilmente con eventuali allergie o intolleranza alimentari)

 

  • carni bianche ( pollo tacchino coniglio, vitello) cotta al vapore, brodo di carne, prosciutto cotto
  • pesce ( nasello, merluzzo, sogliola ) bollito e condito con minima quantità di olio estra vergine di oliva
  • frutta fresca, spremuta, frullata o in piccoli pezzi
  • bevanda zuccherate non gassate, centrifugati, nettari e succhi di frutta ( senza eccedere)
  • pasta o riso in bianco, pane e biscotti secchi
  • yogurt, formaggi freschi e  più a basso tenore di grassi ( ricotta, robiola); il formaggio grana è ammesso in modiche quantità per insaporire i piatti; l’apporto di latte va ridotto, e non sospeso.

 

evitare in questi 7- 10  giorni  i seguenti alimenti

 

  • salumi ( prosciutto crudo,salame, pancetta, coppa)
  • formaggi a elevato contenuto in grassi ( per esempio brie, prodotti stagionati)
  • panna,condimenti,spezie, ragù di carne
  • carni rosse ( vitellone, manzo, cavallo, maiale)
  • dolci farciti, crema,biscotti elaborati
  • pesci grassi ( anguilla, salmone, tonno), sottoli, sottoaceti, crostacei e frutti di mare.

 




E’ importante:

 

  1. prevenire la disidratazione ( offrendo al bambino bevande zuccherate a temperatura ambiente e in caso di vomito, evitare che si determini ipoglicemia con formazione di acetone. L’acetone è responsabile di mal di pancia, mal di testa, crisi di pallore e favorisce il persistere del vomito.
  2. se febbre: antipiretico.

 

 Consigli terapeutici:

per la reidratazione si possono utilizzare  bustine già preparate  ( zucchero e sali minerali) e sciogliere in un pò di acqua ( in 100 cc o  in 250 cc a secondo la concentrazione dei preparati); per il vomito si può dare  qualche supposta o lo sciroppo; per l’intestino si possono  somministrare fermenti lattici e probiotico o simbiotico; in caso di acetonemia  dare qualche preparato adatto che   va sciolto in un pò di liquido. E poi alcuni accorgimenti soprattutto per i bambini che frequentano comunità ( asilo nido, scuola materna):lavarsi le mani quando si torna a casa e prima di mangiare;lavarsi i denti sempre dopo aver mangiato usando lo spazzolino personale; bere nel proprio bicchiere; se si starnutisce o si tossisce mettere sempre la mano davanti alla bocca.


approfondimento

 da: www.angelini.it


Vomitare non vuol dire necessariamente essere ammalati. Il vomito è un sintomo di uno stato di malessere o di una malattia di cui si devono cercare e capire le cause. Gli aspetti importanti da considerare sono:

    * l’età del bambino, la quantità ed il tipo di vomito
    * se oltre a vomitare il bambino ha anche la febbre, o la diarrea o dolore (“dice che gli fa male da qualche parte”)
    * il fatto che sia il primo episodio o che il bambino abbia già vomitato, anche nei giorni precedenti.

La situazione più frequente, e che non deve destare eccessiva preoccupazione, è il vomito occasionale, che si verifica in modo inatteso, senza ripetersi poco dopo, e che spesso si accompagna a diarrea e febbre. Generalmente la causa è una malattia infettiva, quindi curando l’infezione il vomito scompare. Se invece il vomito è frequente (abituale) ed interessa un lattante, è necessaria un’attenta valutazione da parte del pediatra e dei genitori. Nei bambini più grandi il vomito frequente è di solito dovuto all’eccessiva esortazione a mangiare da parte dei genitori. Il vomito è ricorrente quando dura alcune ore per 3-4 giorni e poi scompare, per poi ricominciare dopo qualche giorno. Nel periodo di vomito ricorrente il bambino ingerisce poco cibo e quindi pochi zuccheri e pochi sali minerali. Si produce quindi nell’organismo una mancanza delle riserve di zucchero e l’organismo reagisce bruciando i grassi, i cui prodotti di scarto comunemente definiti acetone vengono eliminati nelle urine (da qui la definizione che “il bambino ha l’acetone”).

Durante i periodi prolungati od episodi ricorrenti di vomito possono comparire anche dolori addominali, crisi di mal di testa, vertigini, febbre e sensazioni come il mal d’auto. Il vomito si risolve di solito rapidamente con il risolversi della situazione patologica (la malattia) che ne aveva accompagnato la comparsa. È importante far bere molto il bambino e stabilire di volta in volta l’alimentazione che più gradisce, somministrando frequentemente il cibo (semiliquido e non caldo) ed in piccole quantità. Nel caso di acetone è bene dare preferenza ad alimenti ricchi di zucchero. Se il vomito è molto frequente, o si accompagna a diarrea, può provocare disidratazione e quindi (in questo caso) è consigliabile l’utilizzo delle soluzioni reidratanti acquistabili in farmacia.

Nella maggioranza dei casi non è necessario ricorrere ai farmaci per il controllo sintomatico del vomito; anche perché tutti possono dare effetti collaterali fastidiosi, soprattutto se utilizzati per periodi prolungati. In caso di vomito occasionale ed incontrollabile, dovendo ricorrere all’impiego di un farmaco (sempre su consiglio medico) si dovrebbe dare la preferenza al domperidone, un principio attivo che previene e attenua la nausea.

Come per il vomito anche in caso di diarrea, nella maggioranza dei casi, non è utile fare uso di farmaci (antibiotici o “disinfettanti intestinali”) perché non contribuiscono ad una più rapida risoluzione della malattia. Un bambino può ammalarsi di diarrea (feci liquide ed un numero maggiore di evacuazioni) 1-2 volte l’anno. In genere dura 2-3 giorni e, se adeguatamente trattata, si risolve senza conseguenze. Quello che è utile fare per curare la diarrea è dare al bambino quei liquidi e quei sali minerali che ha perso con le feci. Questa cura viene chiamata “reidratazione orale” e si attua sciogliendo il contenuto di apposite bustine (che contengono zucchero e diversi tipi di sali) in determinate quantità di acqua, a seconda del peso del bambino; per un periodo di 24-48 ore, a seconda della durata della diarrea. Importante è dar da bere spesso al bambino queste soluzioni reidratanti, soprattutto nelle prime 4-6 ore dall’inizio dei sintomi (indicativamente 50 ml ogni mezz’ora nelle prime 6 ore). Se il bambino è allattato al seno, ha fame e non vomita, non c’è ragione di sospendere l’allattamento. Se invece è allattato artificialmente l’alimentazione può essere sospesa per 12-24 ore, somministrando comunque nel frattempo la soluzione reidratante. Nel bambino più grande non esiste alcuna ragione di eliminare per periodi prolungati il latte, né i cibi solidi, né tanto meno ricorrere a diete in “bianco”. Il bambino il più delle volte si “regola da solo” ed è sufficiente evitargli solo il rischio di un digiuno prolungato.

 


alcune precisazioni ulteriori su “vomito e diarrea”
da: www. kwsalute.kataweb.it

Il vomito è l’espulsione violenta, attraverso la bocca, di contenuto gastrico, quindi, di materiale digerito. Inizialmente il materiale espulso sarà rappresentato dagli alimenti digeriti, in parte o del tutto, che per ultimi sono stati ingeriti dal bambino; negli episodi successivi il materiale sarà rappresentato esclusivamente da succhi gastrici e, in seguito, se il vomito persiste, potrà assumere un colorito verdastro legato alla presenza di contenuto biliare.

Per diarrea si intende un aumento della quantità di acqua nelle feci, associato o meno ad una aumentata frequenza delle evacuazioni. Il numero delle evacuazioni può essere superiore al normale, ma può anche essere normale; l’elemento più importante da considerare è, quindi, l’aspetto delle feci, che, in caso di diarrea, saranno semplicemente di consistenza più molle o addirittura acquose, potranno contenere muco e/o residui di cibo non digerito. Con il vomito e la diarrea si ha una perdita di liquidi dall’organismo (disidratazione) che può essere più o meno intensa e che, se grave, deve essere trattata in ospedale.

Cause più frequenti

In età pediatrica queste due manifestazioni possono presentarsi separatamente, ma spesso si associano in quelle condizioni che si definiscono genericamente “disturbi intestinali” e che, nella maggior parte dei casi, hanno alla base un’infezione intestinale (gastroenteriti).
Le infezioni intestinali rappresentano uno dei motivi più comuni di richiesta di consulenza o di visita pediatrica. I germi responsabili possono essere virus, batteri e parassiti (in ordine decrescente di frequenza).
Il quadro clinico consiste in diarrea (acquosa oppure contenente muco e a volte sangue), vomito, mancanza di appetito, febbre (non sempre presente), dolori addominali.

Diarrea e vomito possono, però, essere presenti anche in caso di:
-intossicazioni alimentari
-reazioni a farmaci
-allergie alimentari
-infezioni delle vie urinarie (molto frequenti nel bambino)
-infezioni delle vie aeree (faringiti, otiti, bronchiti, polmoniti).

Più raramente, ma è da tener presente, vomito e diarrea sono presenti in caso di infezioni più gravi, come le meningiti e le sepsi, ma si associano in questo caso ad altri sintomi e soprattutto ad un aspetto molto sofferente del bambino.

Cosa fare

1. Consultare il pediatra. In presenza di vomito e diarrea, per individuarne la causa e, quindi, per effettuare il trattamento corretto, visto l’ampio numero di possibilità, è importante riferire al pediatra le loro caratteristiche, la presenza di qualunque altro sintomo (raffreddore, tosse, mal d’orecchio, mal di gola, bruciore durante la minzione, eruzioni cutanee, dolori addominali, ecc.), se il bambino ha assunto farmaci o se ha mangiato qualche alimento sospetto per allergia o per intossicazione.
2. A prescindere dal trattamento della malattia di base, il vomito e la diarrea vanno comunque trattati relativamente alla perdita di liquidi e alla disidratazione che provocano. Il pediatra stabilirà, in base alla gravità del quadro clinico, se è opportuno trattare il bambino a casa o in ospedale. Se il bambino può essere trattato a casa, la cosa più importante da fare è sospendere l’alimentazione e l’assunzione di latte per 12-24 ore e far bere al bambino bevande gradite, a piccoli sorsi se è presente vomito, ma frequentemente, in modo da reintegrare i liquidi persi. Sono presenti in farmacia delle soluzioni reidratanti che hanno una composizione specifica per queste condizioni, ma solitamente non sono gradite dai bambini per il loro sapore piuttosto salato.
3. Se è presente febbre somministrare il paracetamolo in dose adeguata al peso del bambino (vedi febbre ), tenendo presente che se è prevalente il vomito sarà più opportuno utilizzare le supposte, mentre se è prevalente la diarrea si utilizzeranno le gocce o lo sciroppo.
4. La somministrazione di altri farmaci (fermenti lattici, antibiotici) deve avvenire esclusivamente sotto prescrizione del pediatra.
5. Superata la fase acuta il bambino dovrà ricominciare a reintegrare la dieta gradualmente, reintroducendo alimenti solidi inizialmente cucinati in maniera “leggera” e, in presenza di diarrea, prediligendo gli alimenti “astringenti” (riso, patate, carote, limone, banana, mela). Evitare fritture, cibi grassi, dolci.

ottobre 22, 2012autore Angelo Vigliotti
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Il Dott. Vigliotti non dà terapie a distanza. Risponde solo per consigli e ogni suggerimento deve essere filtrato e supervisionato dal medico curante o dal pediatra di famiglia e non accettato passivamente.

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