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Divulgazione scientifica

Cefalea “alimentare”

Cefalea  da cibo: Alimenti scatenanti

da: www.dica33.it ( dott.ssa: Patrizia Maria Gatti)


Una delle associazioni più ricorrenti, e al tempo stesso automatiche, è quella tra la comparsa di dolore alla testa e fine del pasto. E spesso si chiama in causa l’allergia alimentare. E’ utile ricordare che sebbene siano molti e differenti i cibi accusati di provocare cefalea o anche altri disturbi non meglio precisati (maldigestione, senso di pesantezza postprandiale, eruzioni cutanee pruriginose…) in realtà sono abbastanza rari i casi gravi (per lo meno in soggetti adulti) nei quali si deve ricorrere a rimedi urgenti. Infatti, molte delle reazioni d’ipersensibilità che si osservano nell’ambito alimentare, non sono vere e proprie allergie, tanto più se il sintomo riferito è la sola cefalea. Va premesso che sono molte le sostanze contenute negli alimenti che possono provocare effetto cefalalgico. A titolo di esempio si possono distinguere:

 

  • gli additivi alimentari: i conservanti (il più utilizzato è il mono-sodio-glutammato – MSG – che conferisce il sapore salato oltre a favorire la conservazione), coloranti, addensanti e aromi che conferiscono una maggior sapore (tutte queste sostanze sono aggiunte agli alimenti durante le preparazioni industriali o anche casalinghe)

  • le sostanze biologicamente attive come le amine e le metilxantine che non sono aggiunte ai cibi ma che vi sono contenute o vengono liberate in circolo dopo la trasformazione digestiva di un alimento.

Quindi, se il disturbo che si avverte è un mal di testa, qualche volta localizzato anche ad una sola zona della testa e a una metà del volto (emicrania) altre volte diffuso, magari accompagnato da altri segni (lieve aumento del battito cardiaco, ansia, diminuzione della pressione arteriosa, eruzioni cutanee pruriginose – orticaria) e se questo fastidio coincide con l’ingestione di alimenti; è corretto parlare di un’ipersensibilità, o meglio di un’intolleranza alimentare.
Per fare un definitivo chiarimento, la cefalea come reazione avversa agli alimenti, non è da confondere, qualche volta succede, con le allergie alimentari vere che sono, invece, riconducibili ad allergeni (sostanze di solito di natura proteica capaci di provocare una risposta immunitaria specifica dopo l’ingestione (anche di quantità minime) appartenenti all’alimento e che possono provocare effetti veramente drammatici (fino allo shock anafilattico).

Qual è il meccanismo
Il meccanismo che sostiene una cefalea di origine alimentare è, dal punto di vista dinamico, un fenomeno di vasodilatazione che può essere seguito (o preceduto) anche da una vasocostrizione (insomma un’alterazione della motilità vascolare) e quindi, la circolazione intracranica risente notevolmente di queste variazioni pressorie, reagendo con un dolore abbastanza resistente ai comuni farmaci analgesici. Questo tipo di effetto è riferibile alle amine bioattive (anche dette vasoattive) e che possiedono un’azione detta simil-farmacologica dato che questi sono gli stessi principi attivi che vengono utilizzati in molti farmaci. Inoltre, ci sono alimenti che già contengono queste sostanze e altri che, invece, le liberano dopo l’ingestione e la successiva digestione dell’alimento in questione. Per questi motivi, è possibile che la cefalea o l’emicrania non seguano immediatamente l’assunzione di cibo.

E quali sono le sostanze e i cibi
Ecco un sintetico elenco delle sostanze e degli alimenti che possono provocare reazioni avverse di tipo e di gravità differenti, con particolare riferimento al mal di testa.

 

Sostanze ad attività simil farmacologica

 

Alimenti nei quali sono contenute (o dai quali vengono liberate dopo l’ingestione)

 

Reazioni avverse

 

Amine vasoattive
– 
istamina
– tiramina
– dopamina
– serotonina
– feniletielenamina

– Istamina: pesci, pomodori, uova albume, fragole, crostacei, maiale, salumi, cavoli, vini, birra

– Tiramina: formaggi fermentati e stagionati,estratto di lievito, conserve di pesce (sardine, aringhe, tonno) vini, birra, banane, semi di soia, nocciole, avocado, oli di semi vari

 

Orticaria, contrazione della muscolatura liscia vasale, cefalea, tachicardia, ipotensione, arrossamento del volto, aumento della secrezione acida gastrica

 

Metilxantine
– 
caffeina
– teofillina
– teobromina

Caffeina: nelle bevande a base di caffè, e negli alimenti insaporiti all’aroma di caffè

Teofillina: nelle bevande a base di tè

Teobromina: nelle bevande e negli alimenti a base e all’aroma di cacao

 

Tachicardia, vasospasmo, aumento della secrezione acida gastrica, cefalea

 

Additivi che possono provocare reazioni avverse

 

Alimenti nei quali sono utilizzati

 

Reazioni avverse

 

Sodio monoglutammato (MSG)
derivato dell’acido glutammico che si ritrova negli alimenti in forma di sale sodico

 

Salse e concentrati di pomodoro, salse di soia, nella lavorazione del formaggio parmigiano, nei dadi da brodo e negli estratti per brodo

 

Sindrome del ristorante cinese:

 

alterazioni della sensibilità e dolori del capo e del collo, del torace e degli arti superiori, palpitazioni, senso di debolezza

 

Solfiti: diossido di zolfo, acido solforoso, tutti i sali che possono liberare zolfo

 

Tutti gli alimenti e i prodotti alimentari fermentati dai formaggi ai vini

 

Rari accessi asmatici di lieve entità, orticaria, cefalea e arrossamento del volto

Che cosa si può fare?
Il problema più evidente di questi disturbi è senza dubbio quello di individuare con precisione l’alimento implicato anche perché in un cibo vi possono essere più sostanze in grado di provocare reazioni avverse e, inoltre, una serie di fattori ambientali possono anche sovrapporsi. Dato che queste manifestazioni possono non apparire ben isolate e chiaramente specificabili, specie nell’adulto, questo percorso può diventare difficoltoso. Se la cefalea si ripresenta a intervalli di tempo molto ravvicinati nella stessa giornata e dura da qualche giorno, potrebbe essere utile verificare, per prima cosa, quali sono gli orari d’insorgenza e se questi hanno una relazione coi pasti. Un buon sistema per farlo, che può essere d’aiuto anche per orientare il proprio medico, è compilare per qualche giorno un diario alimentare nel quale sono indicati i tipi di alimenti assunti, le quantità, gli orari dei pasti e la comparsa della cefalea o di altri eventuali disturbi. Prima di ricorrere a rimedi troppo drastici è sempre meglio pensarci: a volte, infatti, si rischia di eliminare del tutto intere categorie di alimenti che pure possiedono un certo valore nutrizionale (i formaggi e i derivati del latte o alcune carni di pesce).
Una precisazione è necessaria per le reazioni avverse alimentari dei bambini che si presentano nella prima infanzia, ma non prima dello svezzamento. A questo proposito, è abbastanza raro che il bambino manifesti reazioni aspecifiche, se si verifica il caso di un’ipersensibilità alimentare vera, in genere il piccolo, ha una reazione abbastanza violenta (vomito, orticaria, accesso asmatico) la cui causa va accuratamente indagata dal medico specialista.
In conclusione, può essere rammentato che l’intensità, la durata del dolore e la frequenza di comparsa, sono tutti buoni deterrenti. Se, per sfortuna, l’alimento sotto accusa, è proprio quello preferito, eliminarlo del tutto sarà comunque difficile, ma è sempre possibile diminuirne il consumo, sia in termini di quantità sia di frequenza.

 

Approfondimento

da: www.medicinaecologica:it

La cefalea è uno dei disturbi piu’ frequenti e presenta diverse tipologie e può avere intensità variabile –  Gran parte degli attacchi sono cefalee tensive -L’emicrania , invece , rappresenta il 6% dei casi di mal di testa ma con una intensità considerevole.

sintomi della CEFALEA a GRAPPOLO: cefalea monolaterale, con dolore intenso e attacchi ravvicinati che durano qualche giorno per poi manifestarsi a distanza di qualche tempo.

sintomi della CEFALEA TENSIVA: sensazione di cerchio alla testa, dolore pulsante , tensione al collo e alle spalle.

sintomi della EMICRANIA : dolore acuto solitamente monolaterale , disturbi della vista , sensibilità alla luce , nausea e vomito , durata di alcuni giorni.

cause primarie : stress emotivo – sinusite – affaticamento degli occhi – errori di postura – errato posizionamento della articolazione temporo-mandibolare – abuso o astinenza da farmaci , alcol , caffeina,nicotina e droghe – ipoglicemia – squilibri ormonali – difficolta digestive – carenze nutritive :in particolare di vitamina B6 – allergie e intolleranze alimentari e ambientali –

indagini : misurazione della pressione arteriosa – test ormonali – esame delle urine – test di funzionalità epatica – esame del sangue – esame delle feci – esame della glicemia – test per intolleranze ad alimenti e a metalli tossici – visita odontoiatrica –

ALIMENTAZIONE

si consiglia di preparare i pasti in casa – suddividere i pasti in 5 spuntini giornalieri – abbondante apporto di fibre – bere acqua ogni 3 ore – dieta con un giusto apporto di calcio e magnesio – prodotti a base di soia – verdure a foglia verde e fagioli – noci , banane e germi di grano – qualora non fosse possibile assumere questi alimenti per intolleranza , assumere un integratore di calcio e magnesio – tre volte la settimana salmone o sgombro , pesci ricchi di grassi omega-3.

Alimenti da Evitare

formaggio , cioccolato , agrumi , caffè , affettati , aringhe , pesce affumicato , vino e alcolici , insaccati , panna acida e aceto – tutti alimenti con presenza di tiramina che spesso favorisce l’insorgenza della cefalea tensiva – carni lavorate industrialmente , per la possibile  presenza di fenilalanina – dolcificanti  industriali – cibi ghiacciati – Evitare alimenti industriali con Glutammato di Sodio –

 

Possibili fattori scatenanti o aggravanti la crisi di cefalea ( oltre i fattori alimentari)

1. alimentari: cibi e bevande contenenti caffeina,nitriti,glutammato o tiramina ( cioccolato,formaggi, alcoolici,cibi grassi, fritti,insaccati, noccioline)
2. ambiental: variazioni metereologiche,altitudine,esposizione prolungata al sole, luci abbaglianti, videogiochi,rumori forti, odori prolungati.
3. endogeni: ormoni, sonno prolungato, insonnia, digiuno, affaticamento fisico, febbre.
4. psicologici: emozioni intense, stress, rilassamento conseguente a stress, depressione.
5. vari: viaggi lunghi, traumi, fumo, infezioni

per attenuare la crisi di cefalea, si consiglia:

 

  •  riposo e rilassamento in ambiente silenzioso e al buio

  • applicazione di ghiaccio e/o bende fresche sulla testa

  • compressione della zona sede del dolore pulsante


altro contributo da: www.mondobenessereblog.com

 

Una sana alimentazione naturale può essere anche un mezzo terapeutico per combattere lo stress e la cefalea (il mal di testa).
Esistono infatti dei cibi che contengono sostanze che favoriscono il rilassamento intervenendo a livello cerebrale. I migliori alleati in questo caso sono le proteine e i carboidrati, sostanze che sono indispensabili alla fabbricazione e al trasporto dei neurotrasmettitori.
I neorotrasmettitori agiscono sulla vigilanza e sulla calma e sono prodotti da tre aminoacidi proteici: tirosina, fenilalanina e triptofano. I primi due producono le sostanze stimolanti che danno energia e vigilanza mentale, quali l’ adrenalina, la dopamina e la neropinefrina.
Il triptofano è il precursore della serotonina cerebrale, una sostanza chimica rilassante.
Se una piccola quantità di proteine viene ingerita senza essere associata a carboidrati, il cervello riesce con più facilità ad energizzare le sostanze chimiche cerebrali, se invece si aumenta la quantità di proteine si ottiene il fenomeno contrario e la sonnolenza e il torpore sono la conseguenza.

L’ ALIMENTAZIONE PER COMBATTERE LE CEFALEE (MAL DI TESTA) DA STRESS
Uno dei nemici peggiori del rilassamento è il senso di tensione alle tempie, alla nuca e nella parte alta delle spalle. Secondo la tavola dei meridiani dell’ agopuntura, tale traiettoria corrisponde al meridiano della cistefellea.
Il più delle volte, quindi, questo disagio è portato dal carico di lavoro che fegato e cistefellea devono sopportare in una dieta ricca di grassi.
Il primo accorgimento da adottare per combattere le cefalee da stress a tavola è
osservare una dieta a basso regime di grassi e di oli alimentari: evitare i cibi fritti, limitare i condimenti, l’ uso del burro, eliminare panna, pesto, maionese, carni e formaggi grassi, avendo cura di ridurre anche il consumo dei latticini.
Essendo il fegato responsabile anche del metabolismo degli alcolici, il secondo accorgimento è limitare l’ assunzione del vino ad 1 bicchiere a pranzo oppure 1/2 birra a cena.

 

Se invece il mal di testa compare per cause non attribuibili alla dieta, è possibile compensarlo con l’ assunzione di elementi nutritivi distensivicome: succhi di frutta dolci o amari (mela, arancia, albicocca, pera, pesca, uva non zuccherata), seltz o acqua minerale con limone, centrifughe di verdura non salate con aggiunta di limone.
Appena il disagio comincia ad affievolirsi e ricompare l’ appetito, è bene alimentarsi con un leggero pranzo a base di verdure cotte a vapore, insalata condita con limone (evitando l’ olio) riso integrale bollito, pesce lesso o alla griglia, oppure frutta fresca.

 

Ecco una serie di alimenti ideali con cui integrare una dieta a fini rilassanti e distensivi:
– frutta e succhi di frutta al posto delle bevande alcoliche (se ne fate uso)
– carboidrati complessi contenenti fibra pane integrale, farina integrale, pasta, farina d’avena, riso non brillato, semi di quinoa, polente di farine varie, popcorn
– pietanze indiane, verdure al curry leggermente piccanti, dolci aromatizzati con chiodi di garofano, cannella e noce moscata
– dolci preparati con dolcificanti naturali quali, sciroppo d’ acero, malto d’ orzo o di riso, concentrati di frutta, conserve e gelatine a base di pura frutta

ottobre 22, 2012autore Angelo Vigliotti
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Divulgazione scientifica

Dieta nel colon irritabile

Colon irritabile
Per uno studio più approfondito puoi vedere in questo sito cliccando  su “divulgazione scientifica” : c’è una scheda sulla sindrome del colon irritabile abbastanza completa.


E’ una situazione di dolorabilità ricorrente all’addome inferiore di tipo funzionale  che non  è spiegata da  patologie documentate come un cancro del colon, la colite ulcerosa, il morbo di Crohn, la diverticolite, la poliposi ( tra le più frequenti)
I sintomi  del colon irritabile sono i seguenti:

 

  • alvo irregolare ( come frequenza: a volte stipsi, a volte diarrea)
  • mal di pancia,
  • distensiore addominale
  • meteorismo
  • feci alterate

 

sintomi associati

 

  • alitosi,
  • borborigmi
  • mal di stomaco,
  • precoce sazietà
  • difficoltà a deglutire,
  • senso di amaro in bocca

 

possibilità di altri sintomi associati non gastroenterici:

 

  •  generali: stanchezza, nodo alla gola, cefalea, dermatite neurogena,ipocndria, ansia,vertigini, fibromialgie ( dolori muscolari)
  • ginecologici ( mestruazioni dolorose)
  • urinari ( nicturia ( urinare di notte frequentemente),dolore al pube,incompleto svuotanìmento della vescica

 


ESAMI PER LA DIAGNOSI
ESAME OBIETTIVO CLINICO- VISITA GASTROENTEROLOGICA,   ( in più…. RX STUDIO RADIOLOGICO DEL DIGERENTE, CLISMA OPACO A DOPPIO CONTRASTO, ECOGRAFIA DELL’ADDOME). Un indagine molto importante è la colon scopia ( diagnostica per immagini) perchè permette di vedere direttamente  la mucosa ed eventualmente di fare una biopsia

attenzione al falso colon irritabile ( pseudo colon irritabile!):

 

  1. molte patologie possono simulare il colon irritabile e sono:
  2. malattie psicatriche e psicosomatiche
  3. malattie endocrine
  4. parassitosi
  5. morbo celiaco
  6. effetto collaterale dei farmaci
  7. intolleranza al lattosio
  8. intolleranza alle fibre
  9. errate abitudini di vita.
  10. diete non equilibrate ( molte selettive)

 


Dieta:
 In genere la dieta  nel colon irritabile va seguita caso per caso, perchè ogni soggetto può avere delle intolleranze particolari che vanno studiate. Spesso dipende se c’è  stipsi (  va consigliata una dieta ricca di fibre: verdure e frutta) o diarrea (  in questo caso vanno prescritti simbiotici e una una dieta con   meno fibre).
A lungo termine va  seguita una dieta equilibrata, variata  e con aggiustamento soggetto per soggetto.
Nel bambino è opportuno  l’analisi di un diario alimentare e lo studio dell’attività giornaliera e del suo stile di vita

esempio: 
Alimenti consigliati: 
Minestre di avena, orzo, riso e tapioca; paste cucinate con olio extravergine  o brodo di verdura; pane tostato o fette biscottate; carni bianche battute od omogeneizzate, cucinate ai ferri o al vapore; pesci magri lessi; uova alla coque ( una volta alla settimana) ; patate lesse e purea; formaggi non fermentati e yogurt; frutta cotta, grattugiata oppure intera ma soltanto molto matura e privata della buccia.
Alimenti sconsigliati: 
Brodi di carne, insaccati, spezie, carni grasse o cacciagione, pesce grasso, scatolame, pane fresco, verdure crude, cioccolato, panna, frutta acerba, gelati.Gli alimenti a rischio sono il latte, i formaggi stagionati, gli insaccati, i cibi molto grassi ed elaborati, la frutta secca, alcuni tipi di frutta (kiwi, melone, ciliegie, ribes, frutti di bosco, fichi, prugne fresche, banane, albicocche, uva, agrumi, anguria) e verdura (radicchio, indivia, sedano, funghi, peperoni, fave, melanzane, prezzemolo, porri, aglio, carciofi, asparagi, zucca, cipolla) fresca, bibite gassate e alimenti contenenti caffeina. Ripeto….in ogni caso va studiata  la storia clinica del bambino e verificate le varie intolleranze, le varie allergie, e gli  alimenti ricchi di istamina e tiramina o istamino liberatori. Solo in questo modo può essere possibile una strategia dietetica ottimale.

 

ottobre 22, 2012autore Angelo Vigliotti
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Divulgazione scientifica

La stipsi nei bambini

La stipsi nei bambini

da: www.movicolbambini.it


Molti bambini soffrono di stitichezza (stipsi) fin dai primi mesi di vita, un disturbo sporadico che in buona parte si può risolvere con una dieta adeguata, personalizzata dal pediatra, e che regredisce già nel periodo iniziale dello svezzamento. Tuttavia, se la stitichezza si protrae nel tempo, si può incorrere in disturbi più gravi che vanno a minacciare la salute generale del bimbo. È dunque importante che la mamma riferisca subito al Pediatra, e con precisione, alcuni particolari che servono per distinguere la stipsi vera da quella episodica e per intervenire eventualmente con il trattamento giusto.Come fare?Prima di tutto è bene sapere che la vera stipsi non si limita a un episodio ogni tanto nel quale il bambino ha problemi nel deporre le feci. Esistono criteri medico-scientifici per distinguere la stipsi funzionale (senza cause evidenziabili nè meccaniche o malattie d’organo) da quella organica (alla base della quale vi sono una patologia intestinale evidenziabile o una malformazione congenita da correggere che rende difficoltoso il passaggio delle feci).
La stipsi funzionale risponde ai seguenti criteri e almeno due di questi devono essere presenti per poter formulare la diagnosi:
  • la defecazione avviene solo due volte la settimana o anche meno;
  • la defecazione avviene al massimo due volte la settimana (da quando il bimbo ha già acquisito autonomia e non è più necessario il pannolino);
  • è presente almeno un episodio di incontinenza la settimana (da quando il bimbo ha già acquisito autonomia e non è più necessario il pannolino);
  • storia di ripetuti episodi di eccessiva ritenzione fecale e di prolungate posizioni di ritenzione in piedi;
  • storia di forti dolori addominali con la sensazione di movimenti intestinali rumorosi;
  • nel canale rettale è spesso presente una massa fecale ritenuta;
  • grosse masse fecali espulse saltuariamente, tanto ingombranti da ostruire il water.

Questi sintomi devono essere presenti per almeno un mese consecutivo nel bambino che ha meno di 4 anni e per almeno due mesi nel bambino che ha più di 4 anni. 
Inoltre, per una diagnosi corretta può essere utile che la mamma osservi con attenzione la forma, il colore e la consistenza delle feci in modo da descriverle con precisione al Pediatra.Poichè una descrizione di questo tipo non è sempre facile, mettiamo a disposizione la seguente figura che rappresenta la scala di Bristol e che risulterà utile alla mamma e al Pediatra per comprendere meglio quale può essere il problema del bimbo.

 


In sintesiAl Pediatra bisogna riferire con precisione:

  • la data e l’ora nelle quali il bimbo defeca (specificando la distanza dai pasti);
  • il colore, il volume e la consistenza delle feci;
  • eventuali sintomi d’accompagnamento (dolore durante, prima e dopo la defecazione).

In ogni caso prima di adottare rimedi di qualsiasi tipo, che potrebbero rivelarsi inutili o dannosi, è opportuno che la mamma riferisca con accuratezza i particolari del caso, in modo da concordare insieme al pediatra trattamenti e consigli per risolvere il problema del piccolo.Fonte
Rubin G, Dale A. Chronic constipation in children. BMJ 2006;333:1051-1055.

Una discreta parte dei bimbi che hanno manifestato stitichezza (stipsi) già dai primi mesi di vita potrebbe avere gli stessi problemi anche dopo il compimento del primo anno e anche fino ai 5-10 anni. Sebbene queste forme di stipsi cronica siano in massima parte funzionali (95% dei casi ) e dovute a problemi di dieta o stile di vita, spesso è necessario ricorrere al pediatra e ai lassativi.

In ogni caso le mamme possono contribuire concretamente al benessere dei loro bimbi.Come fare?Se il vostro bimbo ha almeno 18 mesi, comincia a farsi capire e a capirvi meglio. È questo il momento per cominciare ad abituarlo all’autonomia nelle funzioni fisiologiche, cercate quindi di:

  • stare ben attente agli orari in cui in genere evacua o urina, in modo da esortarlo a farlo con voi in bagno sul vasetto;
  • spesso il bimbo stitico può avere evacuazioni dolorose e in quei momenti ha degli atteggiamenti, e assume delle posizioni, particolari che la mamma ben riconosce, così, se è il momento “giusto”, accompagnatelo in bagno;
  • provate a trasformare il momento dell’evacuazione in un momento didivertimento e di benessere, senza aggiungere stress e senza assumere un atteggiamento preoccupato (il bimbo avverte subito l’apprensione della mamma e, per contro, accentua gli sforzi per trattenere le feci);
  • non sgridatelo se “non conclude”, anzi rassicuratelo, facendogli capire che prima o poi succederà;
  • quando “succederà” potete gratificarlo con un piccolo premio o anche solo con una coccola in più o, ancora, facendo insieme un nuovo gioco.

Se il vostro bimbo ha dai 3 ai 5 anni, dovrebbe ormai essere autonomo nelle funzioni fisiologiche e potete tranquillamente spiegargli che l’evacuazione è un momento di liberazione e di benessere importante:

  • aiutatelo a tenere un diario delle evacuazioni che, insieme, porterete aggiornato dal pediatra (basta un foglio con caselle colorate, una per ogni giorno della settimana, aggiungete tutta la vostra fantasia per rendere il diario più divertente possibile);
  • informate le insegnanti della scuola materna dei problemi intestinali del vostro bimbo e pregatele di riferirvi con precisione eventuali cambiamenti;
  • tenete ben sotto controllo il peso del bimbo e il suo accrescimento;
  • abituate il vostro bimbo all’esercizio fisico quotidiano e se possibile portatelo alla scuola materna a piedi, senza correre, magari godendovi la natura intorno quando possibile;
  • se il bimbo non frequenta la scuola materna o è in vacanza cercate di fare ogni giorno una passeggiata in bici di almeno 30 minuti (15 andata – breve sosta – 15 ritorno), anche nella stagione fredda, basta coprirsi bene;
  • cercate di mantenere sempre la buona abitudine del pisolino dopo pranzo, ma non subito dopo, aspettate almeno 1 ora dopo il pranzo prima di metterlo a nanna e in quell’ora fate con lui un gioco dinamico o magari un giretto in giardino per favorire la digestione;
  • dopo la nanna del pomeriggio: merenda e un po’ di gioco, oppure si va a fare la spesa insieme a piedi;
  • al ritorno dalla spesa, bagnetto tiepido e rilassante con giochi nell’acqua e magari storielle e canzoncine (mentre sta seduto nel bagnetto provate a massaggiare piano il pancino con la scusa di lavarlo meglio) poi ci si mette insieme il pigiama e in attesa della cena provate a portarlo sul vasino in bagno;
  • cena leggera, 30 minuti di gioco per digerire e poi a nanna.

In sintesiI bimbi stitici devono essere abituati a una vita senza stress, a un’alimentazione adeguata e devono fare del movimento ogni giorno. Tutto questo favorisce le funzioni intestinali e tiene il peso sotto controllo, collaborando al mantenimento di un benessere duraturo.E ricordate che nessuno è meglio della mamma per mettere in pratica ciò di cui il suo bimbo ha bisogno.

La stipsi nel bambino: approcci terapeutici e di prevenzione

La stipsi cronica del bambino è una condizione patologica fonte di notevole sofferenza per il paziente e ansia per i genitori. Una volta esclusa una causa organica da affrontare con una terapia specifica, la gestione clinica è spesso non facile, poiché richiede un supporto prolungato da parte del Pediatra, con una rilevante componente educazionale e psicologica, in aggiunta agli eventuali interventi farmacologici. In molti casi andranno affrontati il senso di colpa del bambino, l’atteggiamento coercitivo rispetto alla defecazione del genitore, la vergogna che nel bambino più grande può derivare da episodi di incontinenza fecale, l’impazienza di risolvere rapidamente il problema. Numerose evidenze indicano, d’altra parte, che il trattamento della stipsi è spesso prolungato, tanto che si stima che il 30% dei pazienti alla pubertà continui ad avere problemi.Uno dei cardini della terapia è quello di rendere l’evacuazione meno dolorosa, se possibile assolutamente non dolorosa. Tra gli interventi basilari, il cui razionale è utile condividere con i genitori e coi pazienti più grandi, vi sono i seguenti:

  • rendere le feci più morbide, mediante somministrazione di sostanze specifiche e di fibre, con abbondanti quantità di liquidi;
  • impedire che si formino masse rettali troppo voluminose, facendo evacuare il bambino almeno ogni 2 giorni;
  • curare eventuali dolori all’ano;
  • educare il bambino ad assumere la posizione più adatta all’evacuazione ossia la posizione accovacciata, con piante dei piedi ben appoggiate e ginocchia distanti, il che favorisce il torchio addominale e il rilasciamento degli sfinteri (a questo riguardo il vasino può essere meglio del wc, e se il bambino usa il wc è bene che appoggi i piedi su uno sgabello per evitare di assumere una postura innaturale).

I trattamenti farmacologici che possono essere impiegati per la risoluzione del problema si basano principalmente sull’uso di lassativi osmotici, vale a dire soluti scarsamente assorbibili, che trattengono fluidi nel lume intestinale accelerando il transito del contenuto. All’interno dei lassativi osmotici possiamo identificare i prodotti a base di macrogol (o PEG), che esercitano la loro azione idratando e aumentando il volume delle feci e, attraverso la stimolazione del sistema neuromuscolare, determinano un aumento della motilità intestinale. La conseguenza fisiologica è un migliore avanzamento propulsivo nel colon di feci ammorbidite e una facilitazione della defecazione. Oltre a questi prodotti possiamo anche trovare quelli a base di lattulosio (uno zucchero non assorbibile) che, esercitando un effetto osmotico, richiamano acqua ed elettroliti idratando ed ammorbidendo le feci. A livello del colon questi zuccheri vengono metabolizzati dalla flora batterica residente producendo gas ed acidi grassi a catena breve. I più comuni effetti collaterali di questi farmaci sono una conseguenza di questa degradazione e caratterizzati in particolare da flatulenza e gonfiore addominale. Il macrogol ha dimostrato una maggiore efficacia del lattulosio come terapia di mantenimento e prevenzione della ricorrenza di fecaloma (Candy et al.J of Paed Gastro and Nutr 2006; 43:65-70).I lassativi stimolanti aumentano, invece, la motilità intestinale stimolando la mucosa intestinale, probabilmente dando origine a riflessi locali e promuovendo l’accumulo di liquidi ed elettroliti nel colon.Fondamentale è, comunque, la prevenzione dell’accumulo delle feci, e questo obiettivo può essere perseguito mediante diversi approcci. È per esempio importante insegnare al bambino, sin da piccolo, a sfruttare il riflesso gastro-colico, che si attiva con l’arrivo del cibo nello stomaco; dopo i 3 anni il bambino andrebbe incoraggiato a sedersi sul vasino per 5-10 minuti subito dopo i pasti principali in modo da stimolare il torchio addominale e indurre un riflesso condizionato di evacuazione a orario. Una corretta abitudine alimentare e una regolare attività fisica sono inoltre fattori fondamentali su cui puntare per la prevenzione della stipsi nel bambino, così come importante, soprattutto in alcuni casi, può essere un intervento psicologico mirato, teso a rafforzare l’autostima del bambino e una buona interazione con i genitori.

Bibliografia
  • Galal N, Chong SK, Williams J, Phillips M. Constipation in childhood: a multidisciplinary approach to management in the community. Paediatr Nurs 2007;19(7):20-22.
  • Liem O, Benninga MA, Mousa HM, Di Lorenzo C. Novel and alternative therapies for childhood constipation. Curr Gastroenterol Rep 2007;9(3):214-218.
  • Rasquin A, Di Lorenzo C, Forbes D, Guiraldes E, Hyams JS, Staiano A, Walker LS. Childhood functional gastrointestinal disorders: child/adolescent. Gastroenterology 2006;130(5):1527-1537.
  • Rubin G, Dale A. Chronic constipation in children. BMJ2006;333:1051-1055.
  • Candy D, Edwards D, Geraint M, Treatment of faecal impaction with polyethylene glycol plus electrolytes (PEG + E) followed by a double-blind comparison of PEG + E versus lactulose as maintenance therapy. J of Paed Gastroenterology and Nutrition 2006; 43:65-70

ottobre 22, 2012autore Angelo Vigliotti
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Divulgazione scientifica

Distrofia muscolare

Distrofia muscolare (di Duchenne o di Becker)Da:  www.telethon.it

Nome Inglese: Duchenne muscular dystrophy (DMD)

Frequenza: 1,5/10000

Desidero ricordare che la distrofia muscolare è una miopatia ereditaria legata al cromosoma X.
I malati sono soggetti maschi. Le femmine sono portatrici della alterazione genetica e in genere non hanno sintomi.

Comunque nelle madri portatrici di bambini malati di distrofia c’è una diminuzione della forza muscolare (meno del 20-30%) e spesso c’è una cardiomiopatia dilatativa.

Recenti studi: Marinello e Buccella (Fimp – vol. 16 – ottobre 2007) affermano che la distrofia muscolare colpisce circa 1:3500 maschi  nati vivi con una prevalenza di 3 casi su 100.000 persone. Il difetto genetico è stato localizzato nella regione Xp21.
La distrofia muscolare tipo Duchenne e la distrofia muscolare tipo Becker sono alleliche con alterazione situata sullo stesso gene.
La distinzione tra le due forme non ha senso dal punto di vista genetico ma solo dal punto di vista clinico (la distrofia tipo Becker è meno grave).

In Italia ci sono circa 5.000 persone affette dalla distrofia muscolare.

E’ importante tenere a mente che lo sviluppo motorio del bambino è normale fino a che il bambino non inizia a camminare.
I primi sintomi sono i seguenti: quando inizia a deambulare comincia a cadere e a camminare in punta di piedi. Può avere difficoltà a reggersi su un solo piede, a salire le scale, può presentare dolore da fatica ai polpacci.
Il segno di Gowers appare bene sui 5 anni (si arrampica su se stesso per alzarsi da terra).
Può essere presente la “pseudoipertrofia dei polpacci” con consistenza di gomma da masticare. In alcuni casi è presente ritardo motorio e mentale (nel 30% dei casi secondo qualche autore).

Esami e percorso da fare: CPK…se positivo
Approfondimento clinico da far valutare in un centro di miopatia. Ulteriori indagini (biopsia muscolare e diagnosi molecolare per  individuare l’alterazione del gene).

Approfondimenti:

– Il doppio lavoro del gene sentinella;
– Nuove prospettive per il trattamento della distrofia muscolare;
– Nuovo studio sulla distrofia di Duchenne.

Che cos’è la Distrofia Muscolare di Duchenne

E’ una forma di distrofia muscolare trasmessa come carattere legato all’X che determina degenerazione progressiva delle fibre muscolari.

E’ dovuta all’assenza di una proteina detta Distrofina. L’assenza di questa proteina determina una serie di eventi che portano a degenerazione del tessuto muscolare, che viene sostituito da tessuto fibroso e adiposo.

La conseguenza clinica è una progressiva perdita di forza muscolare con conseguente progressiva perdita delle abilità motorie.

Come si manifesta

E’ una forma di distrofia muscolare trasmessa come carattere legato all’X che determina degenerazione progressiva delle fibre muscolari.

E’ dovuta all’assenza di una proteina detta Distrofina. L’assenza di questa proteina determina una serie di eventi che portano a degenerazione del tessuto muscolare, che viene sostituito da tessuto fibroso e adiposo.

La conseguenza clinica è una progressiva perdita di forza muscolare con conseguente progressiva perdita delle abilità motorie.

Le cause

E’ una malattia genetica, legata ad un gene presente sul cromosoma X che codifica per la proteina detta Distrofina.

Solo i soggetti di sesso maschile presentano i sintomi della malattia , mentre le femmine portano l’alterazione genica senza  manifestazioni cliniche, tranne rari casi nei quali il fenotipo è comunque lieve.
Nelle femmine infatti abbiamo due cromosomi X e la copia “sana” del gene può compensare l’altra.
Nei soggetti di sesso femminile si possono riscontrare: aumento del livello di Creatin Kinasi (CK) nel siero, a volte polpacci voluminosi e lievi deficit di forza; nel corso degli anni le femmine portatrici possono sviluppare problemi cardiaci.

Il gene della Distrofina è molto grande e le alterazioni responsabili della malattia possono essere delezioni (cioè perdita di alcuni frammenti), mutazioni puntiformi (cioè sostituzioni nucleotidiche) o anche duplicazioni. L’effetto di queste alterazioni è la mancata produzione della proteina.

La diagnosi

Nei bambini più piccoli (primo-secondo anno di vita) è più probabile dell’iter diagnostico venga avviato a partire dal riscontro casuale di un aumento del livello di CK nel sangue, nei bambini più grandi abitualmente è il riscontro di difficoltà motorie da parte dei genitori a suggerire l’opportunità di una valutazione.

All’esame obiettivo si riscontreranno i segni descritti (pseudoipertrofia dei polpacci, iperlordosi lombare, manovra di Gowers,  difficoltà nel salire le scale e nel salto).
La diagnosi riposa poi sul riscontro dell’assenza della distrofina documentato su un frammento di muscolo prelevato mediante biopsia muscolare e sull’analisi genetica. Si può partire dall’analisi genetica, meno invasiva perché si effettua su un prelievo di sangue, ma va detto che in circa il 30% dei casi di soggetti affetti le indagini genetiche routinarie non consento di dimostrare alterazioni nel gene della Distrofina.
Sarà pertanto necessario procedere ad una biopsia per verificare l’assenza di distrofina nel muscolo e distinguere quindi il quadro da altre forme di distrofia muscolare.

La diagnosi prenatale è possibile mediante villocentesi e amniocentesi. La ricerca di alterazioni del gene della Distrofina non fa parte delle indagini prenatali di routine, ma viene effettuata in situazioni a rischio (presenza di soggetti affetti nel nucleo familiare).

Circa un terzo dei casi di DMD nasce da madri non portatrici, per nuove mutazioni (cioè eventi accidentali). E’in ogni caso essenziale una consulenza genetica per il nucleo familiare nel quale sia stata fatta diagnosi di DMD.

La terapia

Al momento non esiste una terapia risolutiva per la malattia. E’ molto importante una presa in carico globale, plurispecialistica, da parte di un centro specializzato che sia in grado di gestire i molteplici aspetti della malattia in relazione all’evoluzione clinica e comprensiva di un attento supporto emotivo per tutto il nucleo familiare.

Gli interventi varieranno secondo le specifiche necessità cliniche, in relazione all’età ma anche al peculiare andamento che ogni bambino può presentare pur con la stessa diagnosi.
Esistono comunque alcuni elementi comuni fondamentali, quali la valutazione della funzionalità respiratoria in sonno e veglia e della funzionalità cardiaca.
Nelle fasi più avanzate della malattia sarà necessaria una ventilazione meccanica assistita. Attualmente l’insufficienza respiratoria è ben controllata dalla ventilazione non invasiva e la tracheotomia viene riservata ai casi “rari” nei quali non sia possibile controllare altrimenti la situazione.
L’impiego della ventilazione meccanica ha significativamente migliorato sia la qualità sia la durata della vita dei soggetti affetti da DMD: oggi la sopravvivenza fino e in alcuni casi oltre la terza decade è possibile.

I problemi cardiaci possono essere contenuti, almeno nelle prime fasi, con una terapia farmacologica. Tuttavia l’evoluzione della patologia a carico della cellula miocardica rende inefficace la terapia e le condizioni generali non consentono di ipotizzare un trapianto.
Per quanto riguarda la fisiocinesiterapia, pur non esistendo un consenso univoco e dimostrato scientificamente circa la sua utilità, il corretto momento di inizio del trattamento, la frequenza ideale ecc, sono considerati importanti l’attenzione al controllo delle posture, allo sviluppo di retrazioni e di scoliosi.

Nei casi di scoliosi evolutiva che abbiano una discreta funzionalità cardiaca e respiratoria si può valutare l’intervento di correzione chirurgica della scoliosi.
Non ci sono studi conclusivi sull’efficacia né sull’effetto dell’esercizio fisico sul muscolo distrofico e la maggior parte dei dati è inferita dagli esperimenti sul modello animale (murino) che tuttavia non è del tutto sovrapponibile a quello umano.
Sembra tuttavia che esercizi che stimolino la contrazione eccentrica del muscolo (per esempio scendere le scale, correre in discesa) siano dannosi, mentre un blando esercizio aerobico possa anche essere utile.
Per i bambini in ogni caso l’attività fisica costituisce un elemento estremamente importante nella vita emotiva e relazionale e pertanto ci si limita di solito a consigliare di rispettare il limite della sensazione di fatica e a sconsigliare sforzi eccessivi.

Tentativi terapeutici: da anni è ormai invalso l’uso di steroidi nei soggetti affetti da DMD. Vari studi, con diversi farmaci e diversa posologia hanno dimostrato una discreta efficacia degli steroidi con riduzione della sensazione soggettiva di fatica e discreto miglioramento nelle performance motorie.
Rispetto alla storia naturale della malattia i soggetti trattati deambulano per un tempo più lungo, sebbene la risposta alla terapia possa variare da soggetto a soggetto.
Non si hanno invece ancora dati certi sull’eventuale efficacia della terapia steroidea sull’insorgenza dell’insufficienza respiratoria e sulla cardiomiopatia dilatativa.
La somministrazione di steroidi rende naturalmente necessari controlli clinici, ematochimici e strumentali periodici per controllare l’eventuale comparsa di effetti collaterali.

La ricerca

Da un lato la ricerca di base si sta occupando di comprendere sempre più a fondo i meccanismi patogenetici della malattia, dall’altro di mettere a punto possibili strategie terapeutiche.
Si affiancano inoltre ricerche cliniche riguardanti la gestione degli aspetti più rilevanti nell’evoluzione della malattia e la  valutazione del possibile effetto di eventuali farmaci.

Che cosa si sa delle cause della DMD?Abbiamo detto che l’assenza completa della Distrofina determina la malattia, tuttavia non sono ancora completamente chiari i meccanismi conseguenti all’assenza della Distrofina. Negli anni è stato ben studiato il complesso di proteine che si legano alla Distrofina, costituendo una specie di “ponte” tra l’ambiente intracellulare ed extracellulare e proprio questa funzione sembra risentire dell’assenza della Distrofina, determinando una particolare fragilità della fibra muscolare di fronte agli stress indotti dalla contrazione.
Inoltre è possibile che la posizione e il legame della Distrofina con le altre proteine alterino la sede e/o il funzionamento di canali, recettori ecc. determinando un danno funzionale oltre che meccanico nella cellula.

Nella descrizione clinica della DMD abbiamo sottolineato la compresenza di aspetti di coinvolgimento del Sistema Nervoso Centrale (SNC) e la mancanza di Distrofina in alcune aree del (SNC).
Gli studi di correlazione genotipo/fenotipo hanno dimostrato che il deficit cognitivo è più frequentemente correlato all’alterazione di particolari zone del gene della Distrofina e ad un particolare trascritto. Non è ancora chiaro tuttavia quale sia la funzione esatta della distrofina nel SNC e perché il deficit sia stabile nel tempo, a differenza di quanto accade per la forza muscolare.
Altri studi di correlazione genotipo/fenotipo hanno consentito di stabilire relazioni tra alcune delezioni del gene della Distrofina e l’andamento clinico della malattia, sebbene le correlazioni trovate siano indicative ma non inequivocabili e non possano essere utilizzate come indicatori prognostici “assoluti”.

Quali progressi sono stati fatti rispetto alla terapia? Abbiamo detto che al momento non esiste una terapia risolutiva per la DMD.  Sono tuttavia in corso sia trial clinici sia studi per la messa a punto di terapie geniche.
La ricerca di base e i trial clinici sono strettamente embricati tra loro: dalla comprensione dei meccanismi patogenetici possono nascere ipotesi terapeutiche e d’altro canto anche gli studi clinici di storia naturale, di descrizione dei fenotipi e di attento monitoraggio dei risultati dei trial clinici consentono nuove ipotesi e magari una reinterpretazione dei risultati della ricerca di base.
Citiamo di seguito alcuni esempi. Abbiamo accennato alla possibilità di impiegare lo steroide per contenere la progressione della malattia: le ipotesi per spiegare il motivo del funzionamento, per quanto parziale e limitato.

Dello steroide nella DMD sono ancora oggetto di studio; inoltre sono in corso studi volti a definire il momento più opportuno e la posologia migliore per la somministrazione stessa. Sappiamo che il tessuto muscolare degenerato a seguito della mancanza di Distrofina viene sostituito da tessuto fibroso e che ciò a sua volta determina un danno per il tessuto muscolare: trial con un farmaco chiamato pentossifillina sono in corso nel tentativo di ridurre la fibrosi muscolare.
Il riscontro di indici di aumentata suscettibilità allo stress ossidativi nel muscolo di soggetti affetti da DMD ha giustificato trial con sostanze ad azione antiossidante, sebbene al momento non siano evidenti risultati significativi.
Sappiamo che differenza tra il fenotipo più lieve (BMD) e quello severo (DMD) consiste nella presenza nella BMD della Distrofina, sia pure alterata quantitativamente o qualitativamente: studi genetici sono in corso nel tentativo di indurre una almeno parziale ripresa di sintesi della distrofina nei soggetti DMD.
Si tratta di studi volti a veicolare un costrutto genico (un frammento del gene della distrofina) in grado di indurre la ripresa della sintesi della proteina, o almeno di una sua parte che si ritiene essenziale per il funzionamento.
Vi sono anche studi su cellule donatrici sia muscolari (che vengono fatte crescere in vitro) sia non muscolari (indotte a trasformarsi in cellule muscolari) nessuno di questi studi è al momento concretamente utilizzabile, sebbene siano in corso studi preliminari per verificare l’efficacia e il possibile impiego clinico.
Si è anche tentato di ripristinare la lettura del gene della Distrofina mediante il legame di oligoribonucleotidi antisenso con sequenze di esoni interni (le parti codificanti) nel pre-mRNA, con conseguente manipolazione dello splicing, in modo che il cosiddetto “esone bersaglio” venga saltato, generando un trascritto un po’ più corto, ma con registro di lettura del tutto conservato. In particolare, i ricercatori olandesi hanno dimostrato che il “salto” dell’esone 46 ottenuto in questo modo induce un’efficiente sintesi di distrofina in cellule muscolari coltivate in vitro di pazienti Duchenne, portatori di una delezione dell’esone 45.
Inoltre, nel corso dello studio sono stati identificati oligoribonucleotidi antisenso con cui può essere indotto il salto di altri undici esoni correlati alla distrofia di Duchenne; si tratta di cellule muscolari coltivate in vitro.
In una piccola percentuale di soggetti l’impossibilità alla sintesi della Distrofina deriva da una mutazione nel gene che ha creato un segnale di stop per la trascrizione della proteina. Poiché un antibiotico della famiglia degli aminoglicosidi, la Gentamicina, in laboratorio, su modelli animali, aveva ripristinato la costruzione della Distrofina, si è tentata la somministrazione dell’antibiotico in via del tutto sperimentale su un piccolo gruppo di bambini, ma non si sono ottenuti risultati.

Link di approfondimento

http://www.parentproject.org/Italia     – Un’iniziativa dei genitori di bambini distrofici.  Ottime informazioni sulla malattia e un luogo telematico dove i genitori possono scambiare le loro idee. (Italiano)http://telethon.bio.unipd.it   – Curato dai ricercatori dell’Università di Padova, Un sito rivolto  soprattutto agli specialisti, ma utile anche per chi vuole saperne di più. (Inglese)http://www.geocities.com/HotSprings/Spa/3317/index   – Un giovane miodistrofico,  che raccoglie le sue esperienze e interessanti informazionihttp://www.mdausa.org   – Muscolar Distrophy Association americana, i promotori del Telethon USA. Ricco di  informazioni. (Inglese) www.uildm.org- La UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) è nata nel 1961, per promuovere con tutti i mezzi la ricerca scientifica e l’informazione sanitaria sulle distrofie e le altre malattie neuromuscolari; promuovere e favorire l’integrazione sociale dei disabili.

Centri diagnostici

A.O. Careggi U.O. Citogenetica e Genetica
V.le Morgagni, 85 – 50134 – FIRENZE
Tel. 055/4279363 – Fax 055/4279686
citogenbibl@ao-careggi.toscana.it

Azienda Ospedaliera S. Giovanni Battista di Torino – S. C. D. U. Genetica Medica
Via Santena, 19 – 10126 – TORINO
Tel. 011/6336771 – Fax 011/6335181
genetica_medica@molinette.piemonte.it

II Università di Napoli – I Policlinico – Servizio di Cardiomiologia e Genetica Medica
Piazza Miraglia, 2 – 80138 – NAPOLI
Tel. 081/5665102 – Fax 081/5665100
luisa.politano@unina2.it

IRCCS Osp. S. Raffaele Laboratorio di Biologia Molecolare Clinica
Via Olgettina, 60 – 20132 – MILANO
tel. 02/26432303 – Fax 02/26432640
ferrari.maurizio@hsr.it

IRCCS Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza Servizio di Genetica Medica
Viale dei Cappuccini – 71013 – SAN GIOVANNI ROTONDO Foggia
Tel. 0882/416291-416288 – Fax 0882/411616
genetcss@fg.nettuno.it

Università degli Studi di Cagliari Istituto di Clinica e Biologia dell’età evolutiva Laboratorio di Ematologia
Via Jenner s/n – 9131 – CAGLIARI
Tel. 070/6095508 – Fax 070/6095509
amelis@mcweb.unica.it

Università degli Studi di Catania Clinica Pediatrica I Laboratorio di Genetica Molecolare e Citogenetica
Via Santa Sofia, 78 – 95125 – CATANIA
Tel 09/5256614 – 09/5256617
nunzio.cutuli@mbox.policlinico.unict.it

Università degli Studi di Chieti “”D’Annunzio” Dip. Scienze Biomediche – Sez. Genetica Medica
Via dei Vestini – 66100 – CHIETI
Tel. 087/13554137 – Fax 087/13554135
stuppia@unich.it

Università degli Studi di Firenze Osp.Meyer Clinica Pediatrica Malattie Neurometaboliche
Via L. Giordano 13 – 50132 – FIRENZE
Tel. 055/5662482 – Fax 055/570380
zammarchi@unifi.it

Università degli Studi di Firenze Dipartimento di Pediatria Centro di Genetica, Biologia e Medicina Molecolare
via Luca Giordano, 13 – 50132 – FIRENZE
Tel 055/5662941 – Fax 055/5662931
uzielli_ml@unifi.it

Università degli studi di Firenze Ospedale Meyer Clinica Pediatrica II Sez. Diagnostica Encefalopatie Dismetaboliche Congenite
Via L. Giordano 13 – 50132 – FIRENZE
Tel. 055/5662543 – Fax 055/570380
malmetab@unifi.it

Università degli Studi di Napoli Federico II & CEINGE Biotecnologie Avanzate scarl – Dipartimento Assistenziale di Medicina di Laboratorio
Via S. Pansini, 5 – 80131 – NAPOLI
Tel. 081/7464966 – Fax 081/7463650
salvator@unina.it

Università degli Studi di Padova Dipartimento di Biologia Laboratorio di Genetica Umana
Viale Colombo, 3 – 35128 – PADOVA
Tel. 049/8276000 – Fax 049/8276209
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Azienda Ospedaliera Universitaria – Policlinico di Catania – Laboratorio di Immunogenetica e Biologia Molecolare e Clinica
Via Santa Sofia, 78 – 95123 – Catania
Tel. 095/3782614 – Fax 095/3782617
nunzio.cutuli@policlinico.unict.it

Laboratorio di Ricerche Cliniche Anatomia ed Istologia Patologica
Via Commenda, 12 – 20122 – Milano
Tel. 02/57992433 – Fax 02/57992167

UNIVERSITA’ DI FERRARA Dipartimento di Medicina Sperimentale e Diagnostica Sezione di Genetica Medica
Via Mortara, 74 – 44100 – FERRARA
tel. 0532/424437 – 236154 – Fax 0532/236157
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Università degli Studi di Pisa Dipartimento di Neuroscienze Centro Miopatie
Via Roma 67 – 56126 – Pisa
Tel. 050/993046 – Fax 050/554808
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Istituto Nazionale Neurologico “C. Besta” Divisione Malattie Neuromuscolari
Via Celoria 11 – 20133 – Milano
Tel. 02/2394413 – Fax 02/70633874
lmorandi@istituto-besta.it

Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Medicina Sperimentale e Biotecnologie (IMSEB)
Contrada Burga – 87050 – Piano Lago Di Mangone
Tel. 0984/98011 – Fax 0984/969306
imseb@imseb.cs.cnr.it

Università degli Studi di Cagliari – Dip. Scienze Biomediche e Biotecnologie – A.O. Regionale Microcitemie – ASL 8 – Laboratorio di Ematologia
Via Jenner – 09121 – CAGLIARI
Tel. 070/6095508 – Fax 070/6095509
amelis@mcweb.unica.it

Laboratorio GENOMA
Via Po, 102 – 00198 – Roma
Tel. 06/85358425
info@laboratoriogenoma.it

ASL Napoli 1 – P.S.I. Loreto Crispi – lab. spec. Ematologia e Biologia Molecolare
Via michelangelo schipa , 135 – 80122 – Napoli
Tel. 081/2547276 – Fax 081/2547275
biomolpolistina@tin.it

Università di Firenze Azienda ospedaliera Meyer Dipartimento di Pediatria Sezione Malattie Metaboliche e Neuromuscolari Ereditarie
Via Luca Giordano 13 – 50132 – FIRENZE
Tel. 055/5662543 – Fax 055/570380
malmetab@unifi.it

Centro di riferimento regionale per le malattie neuromuscolari in età evolutiva, Istituto neurologico “Mondino” IRCCS, Università di Pavia
Via Palestro, 3, – 27100 – Pavia
Tel. 0382/380236 – Fax 0382/380286
npi@cpbim1.unipv.it

Consigli vari

Il sito WEB www.distrofici.it   (fondazione distrofici onlus:  il punto di riferimento degli ammalati di
distrofia muscolare)  pubblica i 101 consigli  per rendere più semplice la vita di tutti i giorni- scritto da
Irwin M. Siegel e Patricia Casey e tradotto in italiano.

 Vestirsi

 Comunicare

 Mobilità

 Divertirsi

 Pulizia

 Dormire e riposare

 Igiene personale

 Il bagno

 Mangiare

 Esercitarsi

 

ottobre 22, 2012autore Angelo Vigliotti
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Divulgazione scientifica

Introduzione

Introduzione

Le seguenti raccomandazioni riguardano  alcuni temi sviluppati dalla società italiana di pediatria preventiva e sociale ( S.I.P.P.S.)e in particolare sull’ambiente ( sole, mare, piante, strada, viaggi e vacanze),sul  vivere bene ( bagnetto, il dormire,il linguaggio, dal pannalino al vasino, sport, il pianto), su alcuni aspetti dell’alimentazione ( dieta ipoallergica, reazione crociata tra alimenti e polvere e pollini, capire le etichette alimentari),  sulla gestione di qualche emergenza ( colpo di calore, svenimento, sostanze tossiche),  sul trattamento del bambino in ospedale   e nel sociale (  carta nazionale  dei diritti del bambino in ospedale, convenzione  internazionale sui diritti dell’infanzia). Molti temi sono integrati dall’esperienza  e da consigli del dott. Vigliotti e da altri autori  sia di scuola europea che di altri paesi ( sempre in aggiornamento, sempre in verifica).

Le   informazioni di tipo sanitario contenute in queste pagine non possono  in alcun modo intendersi come riferite al singolo e sostitutive dell’atto  medico; per i casi personali si invita sempre a consultare il proprio  Pediatra. I contenuti di queste pagine sono soggetti a verifica e revisione  continua; tuttavia sono sempre possibili errori e/o omissioni. il dott. Vigliotti non è responsabile degli effetti derivanti dall’uso di queste  informazioni.

  1. sole ( colpo  di calore e colpo di sole)

  2. mare ( vacanze al mare – eritema solare)

  3. viaggi

  4. vacanze

  5. piante

  6. bagnetto

  7. dormire (sonno e sogno)

  8. linguaggio

  9. dal pannolino al vasino

  10. il pianto

  11. etichette alimentari

  12. ospedale ( carta neuropea dei diritti del bambino in ospedale)

  13. il bambino: rispetto e amore ( convenzione internazionale dei diritti dell’infanzia)

  14. prevezione degli incidenti dai sei anni in poi ( da sei a sedici anni)

 

ottobre 18, 2012autore Angelo Vigliotti
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Il Dott. Vigliotti non dà terapie a distanza. Risponde solo per consigli e ogni suggerimento deve essere filtrato e supervisionato dal medico curante o dal pediatra di famiglia e non accettato passivamente.

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